Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-05-2011) 25-07-2011, n. 29763 Attenuanti comuni generiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Firenze con sentenza del 14 aprile 2010, ha sostanzialmente confermato, riducendo la pena per la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 prevalente alla contestata aggravante, la sentenza del Tribunale di Lucca del 2 maggio 2007 con la quale M.D. era stato condannato per il delitto di furto aggravato di acqua.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato personalmente lamentando: l’assoluta mancanza di motivazione in punto sia di condotta causale che di nesso psicologico.

3. Risulta, altresì, depositata memoria "riepilogativa" nell’interesse del ricorrente.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è da rigettare per un duplice ordine di motivi.

2. In primo luogo perchè il ricorrente non si discosta affatto da quanto già ha formato oggetto dei motivi di appello che sono stati disattesi dalla Corte territoriale.

3. In secondo luogo, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. 6 15 marzo 2006 n, 10951 fino di recente a Sez. 5 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

Nella specie la Corte di Appello ha logicamente fatto discendere dal complesso delle indagini istruttorie la penale responsabilità dell’imputato per i fatti ascritti e così come contestati.

I fatti incontroversi (plurime rimozioni dei sigilli del contatore e apposizione di collegamenti per far giungere l’acqua al bar gestito dall’odierno ricorrente) sono stati logicamente ascritti al comportamento del gestore cosciente e volontario, quanto all’elemento soggettivo, nonchè alla finalità di appropriarsi dell’acqua necessaria per l’esercizio dell’attività del bar, quanto al collegamento causale tra manomissione degli impianti e prelievo continuato dell’acqua, non in base ad un ragionamento meramente "giustizialista" bensì sulla base, da un lato, di logico ragionamento sillogistico e, d’altra parte, del mancato esercizio della necessaria attività difensiva volta a dimostrare, di converso a quanto pacificamente risultante dagli atti di causa, il compimento dell’attività delittuosa ad opera di soggetti diversi da quelli realmente interessati al prelievo dell’acqua corrente.

4. Il rigetto del ricorso determina, altresì, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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