T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 03-08-2011, n. 6942 Farmaci e prodotti galenici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante, azienda farmaceutica titolare, tra le altre, dell’autorizzazione all’immissione in commercio in Italia relativa alla specialità medicinale Osseor, esponeva che il regime di rimborsabilità e prezzo di vendita in Italia, previo accordo negoziale ex art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003, era definito con la determinazione AIFA del 5.8.2005, pubblicata nella G.U. 23.8.2005s.g. n. 195, in cui si prevedeva un tetto di spesa ex factory pari a 100 mila euro per il primo anno di vigenza del contratto in considerazione delle limitazioni di prescrizione del farmaco previste dalla Nota 79 ed a 500 mila euro per il secondo anno, senza alcuna previsione per gli anni successivi. Riferiva, altresì, che a seguito del riconoscimento dell’innovatività e delle qualità terapeutiche del principio attivo utilizzato in campo internazionale, la stessa AIFA provvedeva a mutare i contenuti della Nota 79 con nota del 4.1.2007 pubblicata sulla G.U. del 10.1.2007, con la conseguenza che si verificava un ampliamento del numero dei pazienti interessati al trattamento con la specialità medicinale in causa e si presentava la necessità di una revisione delle condizioni negoziali. Pertanto, l’istante con lettera del 17.5.2007 chiedeva la revisione dell’accordo contrattuale, rimasta senza riscontro da parte dell’Agenzia. Con il provvedimento impugnato l’AIFA contestava l’onere di ripiano sopra specificato per il precisato periodo. Pertanto, l’istante proponeva ricorso deducendo i seguenti motivi di gravame:

1 – violazione e falsa applicazione dell’art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003 e della delibera CIPE 1°.2.2001, n. 3 ivi richiamata, eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, per irragionevolezza ed illogicità manifesta, violazione del legittimo affidamento delle controparti contrattuali e del principio di imparzialità della pubblica amministrazione, poiché l’accordo negoziale sottoscritto e recepito nella determinazione AIFA nulla stabiliva per gli anni successivi ai primi due, non trovando alcun fondamento, dunque, la pretesa dell’Agenzia di applicare i precedenti tetti di spesa, malgrado il mutato ambito di applicazione terapeutico, cui non era riferibile un rinnovo tacito del predetto accordo;

2 – violazione dell’art. 5 d.l. n. 195/2007, eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti comportamenti e difetto dei presupposti, poiché il nuovo sistema di regolazione e contenimento della spesa farmaceutica territoriale, come introdotto dalla menzionata norma, si fonda sull’assegnazione, da parte dell’AIFA, di un budget annuale di spesa per ogni singola azienda farmaceutica, cosicchè il superamento del predetto budget assegnato a ciascuna azienda ed incrementabile nei limiti messi a disposizione dall’Agenzia annualmente in misura variabile, genera un obbligo di ripiano a carico dell’Azienda a prescindere dai farmaci che hanno determinato lo sfondamento, con la conseguenza della incompatibilità di un regime che prevede che determinati farmaci rimangano assoggettati ad un loro specifico tetto per prodotto;

3 – in via subordinata, invalidità dell’accordo negoziale sottoscritto ex art. 48 cit. nella parte in cui prevede un tetto alla spesa per il "Ranelato di Stronzio", principio attivo sulla cui base si fonda la specialità medicinale oggetto della causa, poiché, integrando l’accordo in discussione un’ipotesi riconducibile alla disciplina generale di cui all’art. 11, l. n. 241 del 1990, la determinazione che prevede un tetto di spesa per il farmaco oggetto del giudizio, tacitamente rinnovata, è da ritenersi invalida sia in quanto annullabile perché la volontà della ricorrente si era formata in maniera errata, incorrendo in errore essenziale e riconoscibile alla controparte, sia in quanto in parte nulla ai sensi dell’art. 1419 c.c. per violazione della clausola generale della buona fede nella formazione ed esecuzione dei contratti, in ragione della sproporzione gravissima tra le prestazioni dedotte nel contratto, tali da alterare la congruità causale dell’accordo.

Si costituiva AIFA eccependo preliminarmente l’inammissibilità del gravame, poiché diretto ad un atto meramente endoprocedimentale e non immediatamente lesivo degli interessi della parte ricorrente. Nel merito, l’Agenzia controdeduceva l’avvenuto rinnovo in forma tacita dell’accordo.

Con ordinanza n. 1451 del 2011 questo Tribunale, ritenuta la gravità delle conseguenza derivanti dall’importo richiesto in sede di ripiano ed al fine di mantenere la situazione controversa inalterata, accoglieva l’istanza cautelare.

All’udienza del 22.6.2011 la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1 – Deve essere previamente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sollevata dall’AIFA nella memoria di costituzione. Infatti, l’atto impugnato non può ritenersi un mero invito al ripiano, poiché, come previsto in sede negoziale e ribadito nella determina del 2005, in caso di mancata accettazione del ripiano, l’AIFA può procedere alla diretta applicazione dello sconto automatico sull’ex factory per recuperare l’eccedenza. Ne consegue che la nota impugnata è dotata di un’autonoma lesività, sussistendo di conseguenza un interesse concreto ed attuale della ricorrente ad impugnarla.

2 – Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto.

In primo luogo risulta condivisibile la censura di violazione dell’art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003, che espressamente fa riferimento a quanto disposto dalla delibera CIPE n. 3 del 2001 relativamente alla procedura di definizione dell’accordo negoziale. Infatti, nella specie, a fronte del mutato assetto delle condizioni terapeutiche del medicinale e della richiesta rivolta dalla parte ricorrente nel 2006, che non può che essere intesa nel senso di evidenziare una necessità di rinegoziazione, deve escludersi che l’accordo si sia rinnovato tacitamente per ulteriori ventiquattro mesi, proprio in ragione della disciplina dell’iter procedimentale contenuta nella citata determinazione CIPE. Ne consegue che l’amministrazione non poteva applicare quanto disposto nella determina del 2005 ai fini della determinazione del tetto di spesa e, dunque, dello sfondamento, dovendo l’AIFA procedere ad una nuova negoziazione.

Devono, peraltro, condividersi le censure di violazione dei principi di legittimo affidamento delle controparti contrattuali e di imparzialità della pubblica amministrazione, contenute nel primo motivo di ricorso. Ai sensi di quanto disposto nella richiamata delibera CIPE, legittimamente l’Azienda ricorrente, infatti, confidava nell’avvio di una nuova procedura di negoziazione del tetto, avendo effettuato apposita richiesta. Ed, inoltre, deve evidenziarsi che il d.l. n. 269 del 2003 pone a carico dell’AIFA compiti di rilevazione e monitoraggio tesi al contenimento della spesa farmaceutica ed, altresì, alla fissazione dei prezzi dei farmaci attraverso procedure negoziate, nel bilanciamento degli interessi pubblici con le posizioni dei privati.

A riguardo, va rilevato, peraltro, che in analogo ricorso avverso una determinazione AIFA promosso da altra ditta, questo Tribunale – a seguito di accertamenti istruttori – evidenziava che "La scansione procedurale…" come risultante dalla relazione istruttoria acquisita dalla AIFA, comporta che "l’Ufficio Prezzi e Rimborsi, nel caso di eccedenza di spesa, prima comunica alla ditta la cifra da ripianare, poi esamina le eventuali richieste volte a verificare aspetti tecnici e convoca in audizione la ditta ed in seguito, raggiunto l’accordo sull’entità dello sfondamento e sulle modalità di ripiano, predispone la determina da pubblicare sulla G.U." (cfr. sentenza n. 3966 del 2011 pronunziata sul ricorso n. 9618 del 2009). Nella specie, come nel caso esaminato dalla sentenza in argomento, emerge che non è stata effettuata la verifica semestrale prevista in via generale dalla disciplina di riferimento di cui all’art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003; non è stato proposto lo sconto automatico ex factory né è stata convocata la casa farmaceutica per l’audizione; infatti, l’Ufficio Prezzi e Rimborsi si è limitato a comunicare l’entità dello sfondamento e del conseguente ripiano, invitando direttamente l’Azienda – tre anni dopo il periodo di riferimento – ad accettare il ripiano della spesa eccedente il tetto negoziato, liquidato nella stessa nota.

3 – Conseguentemente, deve essere annullato il provvedimento impugnato, nulla dovendosi invece ulteriormente provvedere in ordine al terzo motivo di gravame svolto in via meramente subordinata ed alla impugnazione della deliberazione del Comitato Prezzi e rimborso, anch’essa proposta solo subordinatamente al mancato accoglimento del primo punto.

4 – Le spese di lite sono poste a carico della parte soccombente e liquidate in favore della ricorrente nella misura complessiva di euro 2.000,00 (duemila/00).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Condanna l’AIFA al pagamento delle spese di lite come determinate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *