Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-05-2011) 25-07-2011, n. 29756 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30-10-2009 la Corte d’Appello di Genova, in accoglimento dell’appello del PG e in riforma della sentenza 15-5- 2008 del Tribunale di Chiavari che aveva pronunciato assoluzione, dichiarava i coniugi S.E. e B.U. responsabili del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, quali componenti del consiglio di amministrazione della Micromedia Italia SpA in liquidazione, dichiarata fallita il (OMISSIS).

L’accusa è di aver distratto merce del valore di Euro 137.820,38, ceduta nel 2001 alla società di Rotterdam U&A Technologies, della quale B. era amministratore nonchè proprietario del 50% delle quote, senza pagamento del corrispettivo.

Mentre il giudice di primo grado, pur ritenendo provato il fatto della cessione della merce, aveva ritenuto indimostrata la sussistenza del dolo, anche perchè tra le due società erano intercorsi anche in precedenza rapporti commerciali regolarmente onorati, la corte di Genova basava l’affermazione di responsabilità su due elementi: a) gli imputati non avevano intrapreso azioni legali nei confronti della società estera per recuperare il prezzo della merce; b) la qualità del B. di amministratore e comproprietario della società acquirente, era significativa del fatto che fin dall’inizio fosse stato programmato che la merce non sarebbe stata pagata.

Gli imputati hanno proposto separati ricorsi per il tramite del difensore, avv. Maurizio Bonistalli.

La S. chiede annullamento con rinvio della sentenza deducendo 1) vizio di motivazione circa la sua partecipazione alla distrazione;

2) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. in ordine alla prova della carica ricoperta da B. nella società olandese e in ordine alla distrazione.

Con il primo motivo si osserva che l’unico dato a sostegno dell’affermazione di responsabilità è rappresentato dal rapporto di coniugio della S. con il B..

Il secondo è articolato in due profili. Sotto il primo il ricorrente rileva l’assenza di prova circa la carica rivestita da quest’ultimo nella società estera e circa la sua comproprietà delle quote di essa, risultando che B. aveva "un interesse" nella U&A, soltanto dal processo verbale di constatazione del 5-8-2003 che, evocato dal CT del PM, ed acquisito come documento, non può costituire prova del fatto descritto. Sotto il secondo si sostiene la mancanza di prova della distrazione, non ritenuta neppure dal CT del PM il quale si è limitato a qualificare il fatto della cessione delle merce, senza incassarne il corrispettivo, a società in cui B. era interessato, come ipotesi meritevole di approfondimento.

B. chiede annullamento con rinvio della sentenza deducendo 1) vizio di motivazione circa la sua posizione nella società U&A, per le stesse ragioni indicate nel ricorso S., nonchè in ordine alla distrazione, basata esclusivamente sulla mancata esazione del debito contratto dalla società olandese – tra l’altro in un momento in cui il bilancio della società poi fallita era in attivo, dato che sarebbe insufficiente anche se fosse certa la qualifica di amministratore di B. nella U&A, potendo al più configurare bancarotta preferenziale; 2) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. in ordine all’assenza di prova sugli stessi aspetti, per ragioni analoghe a quelle esposte nel secondo motivo del ricorso S..

Motivi della decisione

I ricorsi, che in sostanza si limitano a prospettare una ricostruzione alternativa della vicenda, sono infondati e vanno disattesi.

Non ricorrono la violazione di legge e il vizio di motivazione, dedotti nel secondo motivo del ricorso S. e nei due motivi del ricorso B. sotto il profilo della ritenuta sussistenza della consapevole e volontaria distrazione della merce di ingente valore ceduta alla società estera, se si considera che la corte di Genova ha correlato tale conclusione all’assai sintomatico elemento, non giustificato in alcun modo dai ricorrenti, dell’assenza di qualunque iniziativa da parte loro per il recupero del rilevante credito verso la U&A, e all’altrettanto significativo elemento rappresentato dalla qualifica di amministratore e di socio al 50% di B. nella società olandese. Qualifica che, per quanto contestata dal ricorrente, risulta nella sostanza dal processo verbale di constatazione 5-8-2003, evocato dallo stesso B., in cui si assume il suo "interesse" nella società estera, non smentito da dati di opposto segno. Non è quindi censurabile il percorso argomentativo della corte territoriale che, dalla sinergia delle predette risultanze, in una con il dato certo dell’effettuazione della fornitura rimasta impagata, ha tratto in modo logico la conclusione della sussistenza del reato.

Del pari infondato il primo motivo del ricorso S.. E’ infatti inesatto che la prova della sua partecipazione concorsuale sia stata tratta esclusivamente dal rapporto di coniugio con B..

Tale prospettazione trascura di considerare che nella sentenza impugnata le è stato attribuito, quale socia e componente del consiglio di amministrazione della società fallita – ruoli che neppure la ricorrente ha sostenuto essere di mera facciata, lo stesso comportamento inerte del marito di fronte al mancato pagamento del debito della società olandese, nella quale, per quanto sopra, B. era interessato. Il quadro probatorio che ha condotto all’affermazione della sua responsabilità è quindi analogo a quello del coimputato, non limitandosi al mero rilievo del loro rapporto coniugale.

In tale iter argomentativo è destinata a restare necessariamente recessiva la circostanza, valorizzata nella sentenza assolutoria di primo grado, ma in sè non decisiva, dell’adempimento da parte di U&A di precedenti debiti contratti con la Micromedia.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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