T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 03-08-2011, n. 2087 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ricorso depositato in data 12 giugno 2009 il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento con il quale il Questore di Lecco ha disposto la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia e del successivo provvedimento con il quale il Prefetto di Sondrio gli ha fatto divieto di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti. I provvedimenti sono stati adottati a seguito dell’episodio verificatosi in data 24 febbraio 2009 presso l’abitazione del ricorrente, allorchè questi, allarmato dall’abbaiare dei propri cani e da rumori provenienti dall’esterno, recatosi sul terrazzo dell’abitazione munito di pistola carica per verificare la presenza di estranei ed eventualmente dissuaderli esplodendo dei colpi in aria, inciampava nello stendibiancheria e cadendo lasciava partire accidentalmente dall’arma un colpo che lo attingeva alla spalla sinistra causandogli una lesione muscolare giudicata guaribile in venti giorni. Tale condotta veniva giudicata dalle autorità procedenti indice di scarsa affidabilità nell’uso delle armi e incompatibile con il mantenimento dei titoli di polizia.

Il ricorrente contesta le determinazioni impugnate, deducendo che:

i provvedimenti sono affetti da carenza di motivazione e di istruttoria, in quanto si basano su un incidente domestico non significativo e penalmente irrilevante;

essi sono altresì affetti da irrazionalità manifesta, non considerando che l’interessato detiene la licenza di caccia da 32 anni senza essere mai incorso in sanzioni o in comportamenti contra legem.

Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, con la quale espongono l’infondatezza del ricorso.

Con ordinanza n. 808 del 25 giugno 2009 è stata respinta la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati.

Con atto depositato in data 29 luglio 2009 l’esponente ha proposto i seguenti motivi aggiunti:

diversamente da quanto riportato nella nota del Comando Stazione dei Carabinieri, il ricorrente non aveva alcuna intenzione di esplodere colpi in aria a scopo precauzionale. Nella valutazione delle misura da adottare non sono stati considerati gli ottimi precedenti del titolare della licenza e si è conferito valore ostativo ad una mera distrazione che non può essere considerata indice di pericolosità e di inaffidabilità;

in violazione del principio di proporzionalità le pubbliche autorità hanno adottato misure restrittive e irrevocabili, in luogo di una più ragionevole misura di sospensione temporanea della licenza.

Il ricorrente ha insistito con memoria per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza la causa è stata spedita in decisione.

2) Le censure formulate nel ricorso e nei motivi aggiunti (volte a contestare i presupposti per l’adozione dei provvedimenti impugnati ed, in particolare, l’insussistenza di elementi per ritenere che il ricorrente sia persona inaffidabile, nonché a censurare la valorizzazione ostativa di un mero incidente domestico) possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico.

Esse non meritano condivisione.

In via generale, va osservato, da un lato, che l’art. 43, ultimo comma, del R.D. 1931 n. 773 prevede che la licenza di portare armi può essere ricusata tra l’altro a chi "non dà affidamento di non abusare delle armi", dall’altro, che l’art. 39 dispone che il "Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne".

La giurisprudenza ha chiarito che, nella materia in esame, i poteri dell’Autorità di P.S. sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 02 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317).

Va poi evidenziato che, secondo la costante giurisprudenza, la motivazione dei provvedimenti in materia di armi, attesa l’ampia discrezionalità che li caratterizza, è censurabile solo se del tutto mancante o manifestamente illogica, in quanto spetta all’Amministrazione decidere se il soggetto dia o meno affidamento in ordine al non abuso dell’arma (cfr. C.d.S., sez. IV, 19 dicembre 1997, n. 1440; Tar Veneto, 01 giugno 2001, n. 1383; Tar Piemonte, sez. II, 14 aprile 2004, n. 849).

In relazione al caso di specie va rilevato, in primo luogo, che, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, i decreti impugnati, oltre a basarsi su specifiche risultanze istruttorie, precisano, seppure in modo sintetico, il quadro fattuale e giuridico posto a suo fondamento, sicché sono immediatamente percepibili le ragioni sottese alle determinazioni assunte, con conseguente infondatezza della censura di carenza motivazionale, specie considerando il richiamo per relationem alla informativa dei Carabinieri in ordine ai fatti verificatisi in data 24 febbraio 2009.

Difatti, dalla dettagliata descrizione della vicenda emergente dalla informativa risulta che il ricorrente ha tenuto un comportamento oggettivamente idoneo a supportare la valutazione di inaffidabilità articolata dall’amministrazione, atteso che da un lato lo stesso si portava sul terrazzo della propria abitazione con l’arma carica "per verificare la presenza di estranei e dissuaderli esplodendo colpi in aria" (come espressamente ammesso dall’interessato nella nota 24 marzo 2009) e dall’altro che la disattenzione alla presenza di ostacoli sul terrazzo causava la sua caduta e l’esplosione accidentale di un colpo di pistola che lo feriva alla spalla sinistra, in tal modo evidenziando una condotta improntata a leggerezza, imprudenza e imperizia, incompatibile con la detenzione e l’uso dell’arma.

Insomma, gli atti impugnati specificano le circostanze in base alle quali viene esclusa l’affidabilità del C., riferendosi a fatti precisi, di oggettiva gravità e pericolosità.

Proprio alla luce di tali elementi, la motivazione dei provvedimenti gravati risulta del tutto scevra da vizi logici, in quanto è ragionevole e coerente desumere dalla gravità dei fatti di cui il C. si è reso protagonista la sua inaffidabilità in ordine al non abuso dell’arma, anche in considerazione delle finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici cui tende il potere discrezionale dell’amministrazione nella materia de qua.

Sul punto va ribadito che la normativa esistente in materia riflette la finalità di prevenire fatti lesivi della pubblica sicurezza e, pertanto, richiede che il detentore sia persona esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo e nei confronti del quale esista la completa sicurezza circa il buon uso delle armi; sicché ai fin i della revoca della licenza e del divieto di detenere armi è sufficiente che il soggetto abbia dato prova di non essere persona del tutto affidabile (cfr. T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 08 luglio 2008, n. 1445; Tar Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2008 n. 437).

In definitiva, i provvedimenti impugnati, da un lato, si basano su fatti oggettivi, non smentiti dalle deduzioni articolate dal ricorrente, dall’altro, sviluppano delle considerazioni ragionevoli e coerenti con la natura dei fatti stessi e con le specifiche finalità cui tende il potere autorizzativo nella materia in esame.

Il ricorso è dunque infondato e deve essere respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando:

– respinge il ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di lite che liquida complessivamente in Euro 800,00 oltre IVA e CPA se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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