T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 03-08-2011, n. 2089 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente gravame il ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe nelle parti in cui prevedono la reiterazione di un vincolo di natura ablatoria su di una porzione di terreno di circa 2000 mq di sua proprietà, nonché dispongono l’azzonamento ad area agricola della restante porzione di 3000 mq.

A sostegno del proprio ricorso l’istante deduce i seguenti motivi di diritto:

Violazione dell’art. 2 della legge n. 1187/1968, come modificato in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 179/1999, eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e corretta programmazione urbanistica, difetto di presupposto, di motivazione, illogicità, sviamento, atteso che il comune intimato avrebbe sostanzialmente operato un’illegittima reiterazione di vincolo ablatorio sull’area di sua proprietà senza idonea motivazione;

Violazione della legge regionale della Lombardia n. 93/1980, del d.m. 2 aprile 1968 e dei principi di pianificazione urbanistica, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, in quanto l’azzonamento dell’area ad agricola comprensoriale (E1) non risulterebbe idoneamente motivato, soprattutto in relazione alla spiccata vocazione edificatoria della stessa, posta tra due strade ad intenso traffico.

Il ricorrente ha, altresì, formulato istanza di risarcimento del danno ed in subordine di corresponsione di adeguato indennizzo.

Si è costituito in giudizio il comune di Bovisio Masciago, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito e dell’istanza risarcitoria, eccependo l’inammissibilità per difetto di giurisdizione della subordinata istanza di indennizzo.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 5 luglio 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il collegio ritiene che le censure dedotte dal ricorrente non meritino di essere condivise.

Con riferimento al primo motivo, secondo il costante orientamento giurisprudenziale va attribuita natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà esistente sui suoli a tutti quei vincoli che non solo non siano esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione degli interventi su di essi previsti anche da parte di privati ed in regime di economia di mercato.

La natura espropriativa o conformativa del vincolo va, infatti, verificata non in astratto, ma sulla base della concreta disciplina urbanistica dei singoli suoli, al fine di accertare se la destinazione impressa agli stessi si risolva in una sostanziale ablazione ovvero non svuoti di contenuto i diritti dominicali dei proprietari (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2010, n. 2843; 7 aprile 2010, n. 1982; 1 ottobre 2007, n. 5059; 28 febbraio 1995, n. 693; Corte Costituzionale n. 179/1999).

Nel caso di specie, la concreta disciplina urbanistica per i suoli di proprietà del ricorrente era in passato dettata dall’art. 56 del regolamento edilizio del 1971, il quale elencava nell’ambito della zona F e G le tipologie di opere e attrezzature ivi realizzabili (costruzioni pubbliche, ossia costruzioni appartenenti ad enti pubblici e destinate a finalità di carattere pubblico. Sono altresì ammesse, a insindacabile giudizio del Sindaco e previa approvazione di "piano di lottizzazione convenzionato" costruzioni di interesse pubblico ossia costruzioni che, indipendentemente dai soggetti che le realizzano, sono destinate a finalità di carattere pubblico) senza affatto limitarne, dunque, l’edificazione alla "mano pubblica", e quindi ben consentendo che le stesse fossero realizzate anche ad iniziativa privata.

Tale disciplina non costituiva, quindi, un vincolo di tipo ablatorio sull’area del ricorrente, ma di mera natura conformativa, di tipica disciplina dell’azzonamento urbanistico ai sensi del d.m. n. 1444/1968.

Di conseguenza, la nuova disciplina urbanistica oggetto della presente impugnazione, prevedendo nella zona F2 strutture comprensoriali per l’istruzione superiore dell’obbligo, sanitarie ed ospedaliere, costituisce il primo vincolo di natura ablatoria del sito in questione, peraltro congruamente motivato dalla carenza di istituti scolastici di secondo grado, come risulta dall’esame della documentazione versata in atti ed in particolare dalla relazione illustrativa al PRG.

Riguardo, invece, alla seconda censura dedotta, è sufficiente richiamare l’opinione della prevalente giurisprudenza, per la quale nella divisione in zone del territorio comunale, operata dallo strumento urbanistico generale, la destinazione agricola di una zona non coincide con l’effettiva coltivazione dei relativi fondi, ma ha spesso la finalità di evitare ulteriori espansioni degli insediamenti e significa, in tal caso, che la zona stessa deve essere conservata a verde.

Il ripristino della zonizzazione agricola sui suoli – confliggente con una destinazione in atto – non deve essere necessariamente funzionale all’esercizio dell’attività agricola in quanto, come ha precisato più volte la giurisprudenza, la destinazione di un’area a zona agricola non dipende necessariamente dalla relativa vocazione, ma può essere sorretta dalla scelta discrezionale, e motivata sul piano generale, di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in date direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell’assetto territoriale tra zone edificate e non, al fine di impedire addensamenti edilizi che possano risultare pregiudizievoli per le condizioni di vivibilità delle popolazioni insediate. Inoltre, il contrasto fra la destinazione urbanistica dell’area previgente alla modifica del piano regolatore generale e quella impressa da quest’ultimo non determina alcun vizio di illegittimità, costituendo espressione del legittimo esercizio dello jus variandi in sede pianificatoria, il quale comporta il potere di mutare il regime giuridicourbanistico dell’area e quindi cambiare la sua " vocazione " in senso giuridico, sussistendone le ragioni giustificative.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto, unitamente all’istanza di risarcimento del danno.

Deve, invece, dichiararsi l’inammissibilità della subordinata istanza di indennizzo proposta dall’istante, attesa la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla medesima, come risulta dal costante orientamento giurisprudenziale, per il quale i profili attinenti al pagamento dell’indennizzo per vincolo espropriativo scaduto e reiterato non attengono alla legittimità del procedimento espropriativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione), devolute alla cognizione della giurisdizione civile; tale principio è stato ora esplicitato dall’art. 39 comma 1, T.U. degli espropri, approvato con d.P.R. n. 327 del 2001, il quale ha previsto che – a seguito della reiterazione del vincolo – il proprietario può attivare un procedimento amministrativo nel corso del quale egli ha l’onere di provare "l’entità del danno effettivamente prodotto", quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla Corte d’Appello.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti della spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – sezione quarta – definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, unitamente all’istanza di risarcimento del danno. Dichiara inammissibile l’istanza di indennizzo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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