T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 03-08-2011, n. 1343

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Il 4.7.2002 la società F.I. a r.l. presentava alla Regione Veneto la domanda per l’autorizzazione alla coltivazione della cava denominata "La Piccola" da ubicarsi nel Comune di Loria.

B. Con la delibera n. 62 del 26.9.2002 il Comune di Loria esprimeva il parere, previsto dalla L.R. n. 44/1982, in senso contrario all’apertura della cava a causa di una molteplicità di ragioni.

C. Quindi, con la delibera n. 16 del 27.3.2003 il Consiglio Comunale di Loria approvava la variante urbanistica n. 2/2003, ai sensi dell’art. 50, comma 4, della L.R. n. 61/1985, stabilendo all’art. 17 delle N.T.A. il divieto di effettuare attività di cava nel territorio agricolo comunale "in attesa dell’entrata in vigore del P.R.A.C. di cui all’art. 7 della L.R. n. 44/1982". L’11.4.2003 la predetta delibera consiliare veniva inviata alla Regione Veneto.

D. Il 14.8.2003 il Comitato ricorrente faceva pervenire alla Direzione Geologia e Ciclo dell’Acqua della Regione Veneto una nota nella quale esprimeva la propria opposizione all’apertura della cava in considerazione della vicinanza della stessa ai centri abitati e dell’estrema fragilità sotto l’aspetto geologico e idrogeologico del territorio del Comune di Loria, allegando una dettagliata relazione dalla quale emergeva la presenza di pozzi acquedottistici posti 400 mt. a valle del sito di cava e il pericolo di inquinamento delle falde idriche. Successivamente il 20.10.2004 il Comitato ricorrente depositava presso la Regione un’integrazione della relazione idrogeologica nella quale si rappresentava che il Comune di Loria è compreso nell’area di bacino scolante nella laguna di Venezia ed è situato nella zona di fascia di ricarica degli acquiferi, nonché si evidenziavano le carenze progettuali e idrogeologiche della relazione tecnica allegata al progetto in merito alle problematiche dei rischi di inquinamento delle fonti di approvvigionamento idrico.

E. L’8.9.2005 la C.T.R.A.E. esprimeva parere favorevole con prescrizioni alla domanda di autorizzazione alla coltivazione della cava denominata "La Piccola" e l’1.8.2006, con la delibera impugnata, la Giunta regionale autorizzava la società controinteressata all’apertura della cava di ghiaia e sabbia, nonostante la Conferenza di servizi, indetta dal Sindaco del Comune di Loria con i Sindaci dei comuni limitrofi, avesse invitato la Regione a deliberare in senso contrario all’attivazione dell’attività estrattiva per il gravissimo rischio di compromissione della falda freatica derivante dalla stessa.

F. Il Comitato ricorrente e alcuni residenti, proprietari di immobili confinanti rispetto al sito ove è ubicata la cava denominata "La Piccola" deducono l’illegittimità dell’autorizzazione all’attività estrattiva rilasciata alla società controinteressata e degli altri atti impugnati:

1) per violazione dell’art. 17 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Loria, ai sensi del quale è vietata in tutto il territorio agricolo comunale l’attività di cava, in quanto, nella vigenza della citata disposizione, non poteva essere assentita l’autorizzazione impugnata;

2) per violazione dell’allegato A1 della L.R. n. 10/1999, sostituito dalla lettera a) dell’art. 1, comma 1, della L.R. n. 24/2000, così come integrato dall’art. 5, lett. m quater della L.R. n. 27/2002, nonché per eccesso di potere per difetto di istruttoria in quanto lo strato di impermeabilizzazione imposto tra le prescrizioni della C.T.R.A.E. determinerà la creazione di un lago sul fondo della cava con conseguente danno ambientale e igienico sanitario per le popolazioni residenti nelle immediate vicinanze, nonché necessità di assoggettamento del progetto a valutazione di impatto ambientale;

3) per eccesso di potere per difetto di istruttoria in relazione al parere reso dalla C.T.R.A.E. poiché il modello matematico di flusso a larga scala, utilizzato per accertare la mancanza di interferenza idraulica tra la cava e le opere di presa per scopi idropotabili e per escludere rischi ambientali e sanitari, presenta evidenti carenze e errori di impostazione e omette di esaminare il pericolo di contaminazione proveniente dalla cava e gravante sui pozzi pubblici di Castelfranco Veneto;

4) per eccesso di potere per falsità del presupposto con riferimento al parere della C.T.R.A.E., per contraddittorietà, per difetto di motivazione e travisamento dei fatti, per carenza di istruttoria giacché l’affermazione dell’assenza di rischi di contaminazione della risorsa idrica dall’attività estrattiva e dal connesso rilascio di sostanze inquinanti è apodittica, gratuita e priva di qualsiasi supporto motivazionale, né tiene in considerazione che la variante al P.R.G. del Comune di Galliera Veneta, approvata con D.G.R. n. 3042 del 29.10.2002, indica tra le attività e destinazioni da vietare nelle zone di rispetto per i prelievi idropotabili, l’apertura di cave che possono essere in connessione con le falde,

5) per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione in relazione al parere della C.T.R.A.E. con riferimento all’omessa valutazione dei pericoli idrogeologici evidenziati nella relazione di parte ricorrente del 17.11.2004, avendo il detto parere omesso di considerare la pericolosità intrinseca della cava di tipo permanente, l’elevata vulnerabilità del territorio ove ha sede la cava, l’esistenza a valle del sito della cava di molteplici punti idrici di derivazione d’acqua(pozzi idropotabili pubblici, pozzi privati, linea delle risorgive, pozzi artesiani anche ad uso potabile);

6) per eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto di istruttoria in relazione al parere della C.T.R.A.E. con riferimento all’omessa valutazione dei pericoli idrogeologici di erosione degli argini della rosta Manfrina e di tracimazione delle sue acque, nonché per violazione dell’allegato A1 della L.R. n. 10/1999, sostituito dalla lettera a dell’art. 1, comma 1, della L.R. n. 24/2000, così come integrato dall’art. 5 lett. m quinquies della L.R. n. 27/2002 con riferimento all’omessa valutazione di impatto ambientale;

7) per violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché per eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, carenza di istruttoria con riferimento al parere espresso dalla Commissione tecnica provinciale per le attività di cava di Treviso in data 28.10.2002.

G. La Regione Veneto, ritualmente costituita in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse a ricorrere sia dell’Associazione ricorrente, in quanto priva del riconoscimento ministeriale ex art. 13 della legge n. 349/1986, che dei singoli cittadini, in quanto la mera vicinitas non è idonea a dimostrare l’esistenza in capo ai medesimi di un concreto interesse ad agire. Nel merito l’Amministrazione regionale ha concluso per la reiezione del ricorso.

H. La ditta F.I. s.r.l., ritualmente costituita in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione ad agire e la carenza di interesse a ricorrere sia dell’Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria – Onlus che dei privati ricorrenti, concludendo nel merito per la reiezione del ricorso.

I. Alla pubblica udienza del 20.4.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di dover, in primo luogo, esaminare le eccezioni di difetto di legittimazione ad agire e di carenza di interesse a ricorrere dell’Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria – Onlus e dei privati ricorrenti, sollevate sia dall’Amministrazione regionale che dalla società controinteressata.

2. L’eccezione è fondata e meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

3. Occorre, innanzitutto, distinguere la posizione dell’Associazione ricorrente da quella dei singoli cittadini.

3.1. Con riguardo all’Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria – O.N.L.U.S. il Collegio rammenta che, secondo la costante e dominante giurisprudenza amministrativa, deve essere esclusa la legittimazione ad agire dei comitati istituiti in forma associativa temporanea, con scopo specifico e limitato, costituenti una mera proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte, e che quindi non sono portatori in modo continuativo di interessi diffusi radicati nel territorio, in quanto, diversamente, si consentirebbe una sorta di azione popolare, non ammessa dal vigente ordinamento (cfr. Cons. Stato, VI, 20.5.2005, n. 2534; Cons. Stato, VI, 5.12. 2002, n. 6657; TAR Liguria, II, 27.3.2008, n. 439;T.A.R. Veneto, I, 4.4.2005, n. 1261).

3.2. Peraltro, il Consiglio di Stato, anche in pronunce recenti, ha ribadito come, dopo l’entrata in vigore della legge n. 349/1986, non vi sia più spazio per il riconoscimento della legittimazione processuale in capo ad associazioni diverse da quelle rientranti nella previsione dell’art. 13 della medesima legge, indipendentemente dalla sussistenza, in concreto o meno, dei requisiti che la giurisprudenza anteriore richiedeva ai soggetti che si qualificavano esponenziali di interessi "diffusi"(cfr. Cons. Stato, IV, 28.3.2011, n. 1876). Ed invero, prosegue il Consiglio di Stato nella citata sentenza, l’orientamento giurisprudenziale relativo alla sussistenza in concreto dei requisiti richiesti per la legittimazione degli enti esponenziali di interessi diffusi fu elaborato per risolvere il problema della tutela processuale dei ridetti interessi, per i quali all’epoca non esistevano meccanismi normativi che autorizzassero particolari soggetti a invocare tale tutela. E’, quindi, evidente che, una volta che il legislatore è intervenuto a disciplinare direttamente la materia attraverso la previsione di una speciale legittimazione ex lege, quest’ultima esaurisce l’ambito della tutela processuale riconosciuta dall’ordinamento, escludendo qualsiasi possibilità di ammettere la legittimazione in capo a soggetti ulteriori e diversi da quelli ai quali la legge ha espressamente inteso riferirsi (cfr. in termini Cons. Stato, IV, 28.3.2011, n. 1876).

3.3. Nel caso di specie, da un lato, non risulta che l’Associazione ricorrente sia stata costituita nel rispetto di formalità che ne assicurino il carattere non meramente occasionale e strumentale, e dall’altro, la stessa si è dotata di un programma che si esaurisce quasi esclusivamente nell’opposizione alle attività di cava di cui ai siti di via La Piccola, via Donizetti e via S. Antonio (cfr. art. 2, comma 3, dello Statuto). Tale finalità – al di là di vaghe e generiche affermazioni di principio circa la tutela della qualità della vita, del territorio e dell’ambiente nel Comune di Loria, – permea l’intero statuto concretandosi anche nella promozione di iniziative di sensibilizzazione, formazione e informazione della cittadinanza sui problemi relativi alle attività di cava (cfr. art. 2, comma 4), nella vigilanza sulle iniziative che minaccino l’integrità del territorio e nella verifica dell’operato delle pubbliche amministrazioni in ordine alla salvaguardia delle risorse ambientali (cfr. art. 2, comma 7).

3.4. Si tratta, per l’appunto, di uno scopo specifico e limitato, costituente una proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte, onde deve concludersi che l’Associazione non sia legittimata al ricorso.

4. Quanto ai singoli cittadini residenti, la difesa della Regione Veneto e della controinteressata F.I. s.r.l. ne hanno esplicitamente contestato la legittimazione ad agire in mancanza della dimostrazione di un concreto collegamento fra l’interesse di cui si affermano portatori e l’area oggetto del provvedimento impugnato, sicché il punto deve essere oggetto di un’attenta verifica.

4.1. I ricorrenti fondano la propria legittimazione sull’affermata qualità di proprietari e/o residenti nel territorio del Comune di Loria, a riprova della quale allegano alcuni documenti di identità (doc. 2/6 delle produzioni del 6.12.2006 di parte ricorrente).

4.2. Con ciò, peraltro, essi non hanno fornito una prova sufficiente della propria legittimazione ad agire -da intendersi come la titolarità di una posizione di interesse qualificata e differenziata, né di un concreto interesse al ricorso.

4.3. E, infatti, il soggetto singolo che intenda insorgere in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell’ambiente in cui vive ha l’obbligo di identificare, innanzitutto, il bene della vita che dalla iniziativa dei pubblici poteri potrebbe essere pregiudicato (il paesaggio, l’acqua, l’aria, il suolo, il proprio terreno) e, successivamente, dimostrare che non si tratta di un bene che pervenga identicamente ed indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, nessuno dei quali ne ha però la totale ed esclusiva disponibilità (la quale costituisce invece il connotato essenziale dell’interesse legittimo), ma che rispetto ad esso egli si trova in una posizione differenziata tale da legittimarlo ad insorgere "uti singulus" a sua difesa.

4.4.Ne discende che il requisito della vicinitas non è di per sé solo sufficiente a dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire come ha affermato anche il Consiglio di Stato nella sentenza n. 1600 del27.3.2003, laddove, sempre con riferimento all’impugnazione di un provvedimento di autorizzazione all’apertura di una cava; ha escluso la legittimazione di alcuni residenti nel comune ove era ubicata l’attività estrattiva per non avere essi precisato quale fosse la concreta posizione delle loro abitazioni o dei loro luoghi di vita rispetto ai fronti di cava.

4.5. A ciò si aggiunga – in punto di interesse a ricorrere – che la sola circostanza della prossimità all’opera da realizzare non è idonea a radicare un interesse all’impugnazione, in assenza della congrua dimostrazione del danno concreto che deriverebbe dall’impianto (cfr. in termini TAR Liguria, II, 27.3.2008, n. 439; Cons. Stato, VI, 19.10.2007, n. 5453).

4.6. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno dedotto né provato di risiedere o di essere proprietari di immobili confinanti con la cava La Piccola, né hanno dimostrato la concretezza del danno che deriverebbe loro dall’apertura della cava de qua, danno che, qualora ne fosse comprovata l’esistenza, in base alla relazione allegata sembrerebbe piuttosto riguardare le comunità di Castelfranco Veneto e di Galliera Veneta.

4.7. Per completezza, occorre aggiungere che la legittimazione dei ricorrenti non può neppure fondarsi – in via suppletiva – ex art. 9, comma 1, del D. Lgs. n. 267/2000, sia perché i ricorrenti non hanno dichiarato di agire in sostituzione processuale del comune, sia perché l’ente locale ha provveduto a impugnare autonomamente la delibera regionale di autorizzazione all’apertura della cava la Piccola.

5. Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione e carenza di interesse ad agire.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza per quanto riguarda la Regione Veneto e la società controinteressata, mentre non va disposto nulla per le altre Amministrazioni non costituite in giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse.

Condanna i ricorrenti in solido tra di loro alla rifusione delle spese di lite liquidate in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), per spese generali, diritti e onorari, sia in favore della Regione Veneto sia in favore della società controinteressata. Nulla sulle spese per le altre Amministrazioni non costituite in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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