Cons. Stato Sez. III, Sent., 04-08-2011, n. 4691 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

l’odierna appellante, in origine aggiudicataria dell’appalto per la fornitura di carburante per autotrazione in favore della società mista L. S.p.A., è stata destinataria di un’informativa antimafia ai sensi dell’art. 10 del d.p.r. 252/1998, in forza della quale la stazione appaltante ha disposto la risoluzione del contratto a norma dell’art. 11 comma 3 del citato d.p.r.;

che, già pendente il giudizio in primo grado, avendo il Consiglio di Stato accolto l’appello cautelare con ordinanza n. 543/2010, la Prefettura ha adottato una seconda informativa interdittiva, sostitutiva della prima, da cui è derivata sempre la risoluzione del medesimo contratto, e che entrambi tali atti sono stati impugnati con un nuovo e distinto ricorso;

2. che, all’esito del giudizio in primo grado, riunendo entrambi i gravami, il Tar ha con sentenza n. 211/2011 dichiarato improcedibile il primo, per sopravvenuta carenza di interesse, ed ha respinto il secondo, sul fondamentale rilievo che i plurimi rapporti parentali del socio G. F., con soggetti notoriamente inseriti in ambienti criminali, fossero tali da giustificare l’informativa prefettizia e, quindi, la sussistenza del tentativo di infiltrazioni mafiose nella società ricorrente;

3. che con il presente appello è censurata tanto la pronuncia di improcedibilità quanto quella di reiezione;

3.1. che, quanto alla prima, si afferma residuare l’interesse alla decisione sull’originario ricorso quanto meno sotto il profilo del danno risarcibile, sul presupposto dell’illegittimità della prima informativa;

3.2. che, quanto alla seconda pronuncia, avente ad oggetto la nuova informativa adottata a seguito dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, si osserva come il nuovo atto interdittivo non sia fondato su elementi realmente sopravvenuti, come sostenuto dall’Amministrazione, ma, piuttosto, sempre e solamente sul profilo dei rapporti parentali del sig. G. F.;

3.3. che, infine, si censura la sentenza anche nella parte in cui non ha annullato gli atti di risoluzione, che sarebbero illegittimi non solo in via derivata ma anche in via autonoma, per difetto di motivazione;

3.4. che si è costituita solo formalmente l’Amministrazione, attraverso la difesa erariale;

4. considerato che la controversia in esame pone nuovamente all’attenzione del Collegio il tema delle informative prefettizie, e della possibilità di rinvenirne un fondamento sufficiente nella sola presenza di rapporti parentali tra singoli componenti di una determinata impresa, che contratta con la Pubblica Amministrazione, e soggetti a vario titolo inseriti in contesti mafiosi;

4.1. che su tale questione si è già pronunciata questa Sezione, decidendo il ricorso n. 6306/2010 chiamato all’udienza pubblica del 25.3.2011;

che la Sezione, muovendo dalla nota premessa per cui le informative prefettizie cc.dd. atipiche sono atti non vincolanti, che lasciano spazio ad una discrezionale valutazione dell’amministrazione aggiudicatrice, che, per "ragione di pubblico interesse", può agire con un atto di "autotutela" (v. già Consiglio di Stato, sez. IV, 01 marzo 2001, n. 1148), ha sottolineato come ciò implichi la necessità di una motivazione, che dovrà essere particolarmente ampia nel caso in cui si decida di instaurare o proseguire il rapporto con l’impresa pur a seguito dell’informativa, ma che non può comunque mancare anche nel caso opposto (ricorrente appunto nel caso all’esame), in cui l’Amministrazione decida di non instaurare o non proseguire il rapporto (cfr. in materia, fra le altre, Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1948);

4.2. che in tale circostanza si è accertato:

per un verso, come già la totale assenza di motivazione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione (nel quale non una parola era stata spesa riguardo alle valutazioni effettuate in ordine agli interessi pubblici e privati coinvolti e riguardo alle circostanze caratterizzanti la vicenda stessa), ne comportasse sicuramente l’illegittimità, attesa la mancanza di un qualsiasi apparato motivazionale a corredo di un atto che si limiti a richiamare semplicemente l’intervenuta "acquisizione di informazioni ai sensi del D.L. 629/82", senz’alcuna esternazione né degli elementi così acquisiti, né degli interessi, in funzione dei quali viene adottata la decisione di révoca del provvedimento di aggiudicazione;

– per altro verso, come la stessa iniziativa prefettizia, posta a presupposto dell’atto di revoca, peccasse di eccessiva genericità poiché gli elementi informativi erano riferiti ad una mera relazione di parentela con personaggi appartenenti alla mafia, senza alcun ulteriore elemento dal quale si potesse desumere una qualsiasi frequentazione con i mafiosi, una relazione fattuale idonea a fondare la presunzione di una effettiva ingerenza mafiosa nell’attività di impresa";

5. ritenuto che, proprio al lume delle considerazioni appena svolte, l’appello in oggetto meriti accoglimento;

5.1. che, infatti, nella fattispecie qui in esame, risulta evidente come la risoluzione del contratto sia stata disposta facendo esclusivo riferimento, sul piano della motivazione, alla sola informativa prefettizia, senza alcuna autonoma valutazione comparativa da parte della stazione appaltante;

5.2. che, inoltre, quale dato di per sé dirimente, la stessa informativa prefettizia non è immune dalle censure dedotte dall’appellante, quanto alla genericità dei riscontrati tentativi di infiltrazione mafiosa, poiché giustificati esclusivamente in ragione dei rapporti parentali che legano il socio G. F. a soggetti partecipi di organizzazioni criminali, in particolare il padre Giovanni Fontana ed uno zio, tal Francesco Condello, denunciato in passato per favoreggiamento ed associazione mafiosa;

5.2.1. che, come questa Sezione ha osservato nel precedente già richiamato, "la fase istruttoria del procedimento finalizzato a comunicare la presenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di un’impresa, si concreta essenzialmente nell’acquisizione di tutte le informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezza sono in possesso al fine di effettuare, sulla base di tali risultanze, una obiettiva valutazione sulla possibilità di un eventuale utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici destinati ad iniziative private o delle risorse pubbliche devolute al settore degli appalti pubblici (utilizzo, che la normativa di settore mira appunto ad evitare) e che a tal fine, se non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, non possono tuttavia ritenersi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, essendo pur sempre richiesta l’indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche di connessioni o collegamenti con le predette associazioni (Consiglio Stato, sez. VI, 17 luglio 2006, n. 4574) e di indizi ottenuti con l’ausilio di particolari indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo (Cons. St., VI, 31 dicembre 2007, n. 6902)";

5.2.2. che nel caso di specie, in particolare, l’informativa non fornisce alcun elemento concreto sulla base del quale inferire che il padre Giovanni Fontana sia in grado di influire, favorendo l’infiltrazione di gruppi criminali organizzati, nella conduzione dell’impresa di cui il figlio G. è socio, nella quale è incontestato che il primo non rivesta alcun ruolo formale;

5.2.3. che l’affermazione racchiusa nella nota prefettizia del 15.7.2010 secondo cui padre e figlio avrebbero lo stesso luogo di residenza, da cui discenderebbe la prova della loro contiguità di vita e comunanza di interessi, è persuasivamente e documentalmente contestata dall’appellante;

5.3. che, residuando quindi il solo rapporto parentale, deve richiamarsi l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui "è illegittima l’informativa prefettizia negativa fondata sul mero rapporto di parentela o affinità, di amministratori o soci di un’impresa con elementi malavitosi, essendo necessari anche altri elementi, sia pure indiziari, tali, nel loro complesso, da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata" (Consiglio di Stato, sez. VI, 02 maggio 2007, n. 1916, nel cui iter motivazionale si è richiamato l’insegnamento della Corte Costituzionale di cui alla sentenza 31 marzo 1994, n. 108, resa in una vicenda in cui si discuteva del possesso delle "qualità morali e di condotta" per l’ammissione ai concorsi in magistratura, nella quale la Corte sottolineava come è certamente arbitrario presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza od a singoli membri della stessa diversi dall’interessato debbano essere automaticamente trasferiti all’interessato medesimo);

5.4. che le stesse conclusioni si impongono anche al cospetto di una pluralità di rapporti parentali, ove non emergano elementi aggiuntivi;

6. ritenuto che, sulla scorta di tali precedenti giurisprudenziali, dai quali il Collegio non vede ragione per discostarsi, l’informativa prefettizia debba essere annullata, non ravvisandosi sufficienti elementi indiziari a suo fondamento, pur nella accertata esistenza di elementi deduttivi di sospetto che potranno costituire, comunque, una base di partenza per ulteriori indagini ed approfondimenti istruttori;

che ciò comporta la riforma della sentenza impugnata e, in particolare:

quanto al ricorso proposto dinanzi al Tar avverso la prima informativa del 2.10.2009, in seguito sostituita da quella emessa il 15.7.2010, non essendo più utile l’annullamento del primo atto e residuando l’interesse alla decisione ai soli fini di un’ipotetica domanda risarcitoria, il suo accoglimento si traduce nell’accertamento dell’illegittimità di tale atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a;

quanto al secondo ricorso, l’annullamento dell’informativa del 15.7.2010 e del successivo atto di risoluzione adottato dalla stazione appaltante;

7. che le spese del presente giudizio possono essere compensate, ravvisandosi giustificati motivi nel peculiare caso di specie.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie entrambi i ricorsi proposti in primo grado, nei termini e con gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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