Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-05-2011) 25-07-2011, n. 29823 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 12-1-2011 il Tribunale di Napoli – Sez. Riesame confermava nei confronti di V.G. l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il medesimo Tribunale a carico del predetto indagato del reato di cui all’art. 416 bis c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, con esclusione per il delitto di associazione nel traffico di stupefacenti, dell’aggravate di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4.

Risultava in particolare accertata secondo il provvedimento cautelare del GIP che il Collegio richiamava come condivisibile l’esistenza del clan camorristico DI LAURO, attivo nel territorio partenopeo, ed ancora perdurante, che era anche dedito al traffico di droga, caratterizzato da collegamento con l’estero, ed in particolare con la (OMISSIS) per l’approvvigionamento della droga.

Le indagini avevano consentito il sequestro di ingente quantità di droga, secondo quanto descritto nel provvedimento (a fl.2).

A carico del ricorrente si evidenziavano indizi desunti da dichiarazioni di collaboratori ritenuti attendibili secondo le quali il V. era un killer del clan coinvolto in numerosi omicidi, ed aveva diretto legame con il latitante D.L.M., al quale aveva dato disponibilità della propria abitazione per ospitarlo e per un summit di camorra.

Peraltro il Tribunale aveva evidenziato che dalle dichiarazioni dei collaboratori emergeva altresì il coinvolgimento dell’indagato nel traffico di droga.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore deducendo la violazione dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 3 e la carenza,contraddittorietà e illogicità della motivazione, ove si era ritenuta l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 contestato al capo B).

In particolare la difesa rilevava di aver evidenziato la discrasia tra le dichiarazioni dei collaboranti, onde non riteneva esistente un preciso quadro indiziario per attribuire al ricorrente un ruolo nell’ambito del traffico di droga. A riguardo il ricorrente riteneva contraddittoria la tesi sostenuta nell’ordinanza, ove da un lato si era affermato che l’attività di spaccio si verificava in due "aree" di vendita, e d’altra parte aveva affermato che le due zone non erano le uniche nelle quali si svolgeva il traffico di stupefacenti.

Inoltre riteneva illegittima l’affermazione che il V., che secondo il collaboratore C. aveva trattato l’attività illecita de qua negli anni tra il 2004 ed il 2005, avrebbe potuto proseguire in detto ruolo anche successivamente.

Infine deduceva carenza della motivazione circa il ruolo assunto dal predetto indagato, e concludeva chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.

Invero non si ravvisa nel provvedimento cautelare la dedotta violazione dell’art. 273 c.p.p. in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 3 per la ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza dell’indagato in riferimento alla fattispecie contemplata dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

In tal senso si rivelano destituite dì fondamento le censure difensive concernenti la contraddittorietà delle dichiarazioni dei collaboranti e della motivazione dell’ordinanza impugnata.

Va infatti evidenziato che secondo giurisprudenza di questa Corte – ai fini dell’art. 606 c.p.p., lett. e, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato ( art. 606 c.p.p., lett. e) (v. Sez. 5^, 25-2- 2003, n. 9008, ed altre.(Arch. Nuova proc pen. 2003, 613).

In tal senso non si ritiene di dover censurare l’ordinanza di cui si tratta, ove il Collegio esamina puntualmente i dati indiziari, formulando una propria valutazione di merito, del tutto aderente ai canoni giurisprudenziali, evidenziando la esistenza di plurimi e concordi elementi forniti dai collaboranti,dei quali si riteneva esistente l’attendibilità soggettiva, stigmatizzando la coerenza delle dichiarazioni accusatorie.

Il Tribunale richiamava al riguardo i fl. 39 – 42 dell’ordinanza cautelare, evidenziando il ruolo che si era desunto dalle dichiarazioni dei collaboratori, essendo l’indagato indicato come soggetto inserito nella associazione con ruolo specifico(killer) e dotato di rapporto fiduciario con il latitante esponente del clan camorristico ( D.L.M.).

Le risultanze delle quali il Collegio illustra il contenuto non sono peraltro limitate al contenuto di dichiarazioni di collaboratori, bensì vengono menzionati esiti di indagini di polizia, con videoriprese attestanti i rapporti esistenti tra il predetto indagato agli altri aderenti al sodalizio Di Lauro,indagati nello stesso procedimento (v. fl. 5).

Tali elementi rivelano che il collegio ha approfondito la verifica delle dichiarazioni accusatorie, rese in riferimento al ruolo del V., indicato anche come soggetto che gestiva il traffico di droga, come descritto a fl.5 del provvedimento di cui si discute.

Non può inoltre essere censurata per contraddittorietà la motivazione dell’ordinanza,in riferimento alla rilevata esistenza di due zone di spaccio, che non si ritengono essere le uniche in cui era attiva l’organizzazione.

Infatti tale specifica censura difensiva – al pari di quella inerente al periodo nel quale l’indagato sarebbe stato attivo per il clan – resta smentita dal richiamo specifico che il Collegio ha fatto (nelle osservazioni preliminari sulle indagini svolte,a fl.3) a videoriprese effettuate nel 2010, ed alla sussistenza di attività persistente del sodalizio camorristico dei DI LAURO, escludendo nel caso di specie l’aggravante inerente alla disponibilità di armi.

L’ipotesi di cui all’art. 416 bis c.p. risulta altresì configurabile in concorso con quella prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, come correttamente ritenuto dal Tribunale, dovendosi in tal senso ritenere il provvedimento aderente a giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. 2^ – sent. n. 10469 del 6-12-1996-RV 206493) per cui "Le figure criminose di associazione per delinquere di stampo mafioso e di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope concorrono materialmente anche quando sono riconducibili ad un’unica organizzazione criminosa..".

Adeguata infine risulta la motivazione relativa alle esigenze cautelari riconducibili al quadro normativo di cui all’art. 275 c.p.c., comma 3.

Pertanto i rilievi difensivi restano privi di riferimenti a vizi di legittimità, stante la perfetta aderenza della motivazione resa dal giudice dell’impugnazione alle specifiche risultanze indiziarie inerenti alla configurabilità, a carico dell’attuale ricorrente delle ipotesi di reato contestate,e dei presupposti che impongono la misura restrittiva.

La Corte deve dunque rigettare il ricorso,con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

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