Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-05-2011) 25-07-2011, n. 29736 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Savona in data 7.11.2005, D.F.S. veniva condannato alla pena di anni due di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta documentale commesso quale amministratore unico della s.r.l. Publiriviera Cote D’Azur, dichiarata fallita in (OMISSIS), omettendo la tenuta della contabilità dal giugno 1998 in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società. 2. Il ricorrente deduce:

2.1. violazione di legge e mancanza o illogicità della motivazione in ordine alla configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta anzichè di quello di bancarotta semplice, estinto per prescrizione, lamentando che la sentenza impugnata si sia limitata a richiamare la decisione di primo grado e non abbia valutato i rilievi difensivi sulla mancanza dell’elemento psicologico del reato contestato, a fronte dell’essere l’omissione contabile dovuta all’interruzione dell’attività del commercialista incaricato a seguito del mancato pagamento delle sue prestazioni;

2.2. violazione di legge e mancanza o illogicità della motivazione in ordine al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, pur essendovi in atti prova dell’aver l’imputato estinto i debiti della fallita verso la Carisa e fornito ipoteca volontaria per importo superiore al debito verso la Banca di Roma;

2.3. violazione di legge e mancanza o illogicità della motivazione in ordine alla mancata revoca o riduzione delle pene accessorie a seguito della declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di ricorso abusivo al credito.
Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso relativo alla configurabilità del reato di bancarotta semplice è infondato.

Posto che l’elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, nell’ipotesi contestata nel caso di specie, ha natura di dolo generico, essendo pertanto sufficiente ai fini della sua configurabilità la consapevolezza che una determinata tenuta della contabilità possa condurre a siffatte conseguenze (Sez. 5 del 25.3.2010, n.21872, imp. Laudiero, Rv.247444), la sentenza impugnata per un verso motivava congruamente in tal senso nell’osservare come l’interruzione della tenuta della contabilità fosse nota all’imputato, con le relative implicazioni in tema di impedimento alla ricostruzione del movimento degli affari della società, e per altro è integrata dal contenuto della decisione di primo grado laddove la stessa evidenziava l’impossibilità, a seguito dell’omissione contabile, di accertare la destinazione di un mutuo erogato in favore della fallita, fatto gestionale sicuramente rilevante ai fini della predetta ricostruzione. L’argomentazione motivazionale dei giudici di merito è pertanto esente sul punto da censure di manifesta illogicità. 2. Infondato è altresì il motivo di ricorso relativo al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.

Anche per questo aspetto la sentenza impugnata motivava invero adeguatamente sulla mancanza di prova in ordine all’integralità del risarcimento ed all’intervento dello stesso precedentemente al giudizio; argomenti la cui coerenza non è posta in discussione dai rilievi del ricorrente, che si limitano a riproporre l’esposizione degli atti risarcitori senza evidenziare elementi significativi sulla loro tempestività e sull’incidenza degli stessi rispetto al danno complessivamente prodotto.

3. Infondato è infine il motivo di ricorso relativo alla mancata revoca o riduzione delle pene accessorie.

Con la sentenza impugnata l’imputato veniva dichiarato inabilitato all’esercizio di imprese commerciali ed incapace ad esercitare uffici direttivi presso imprese per la durata di anni dieci.

La determinazione delle sanzioni nella predetta misura, prevista per il reato di bancarotta fraudolenta, in mancanza di diverse indicazioni desumibili dalla decisione di primo grado, porta a concludere che le stesse siano state applicate con esclusivo riferimento al reato di cui sopra e non anche al reato di ricorso abusivo al credito, per il quale la L. Fall., art. 218, comma 3, prevede l’applicazione delle pene accessorie fino a tre anni, tenuto conto che l’art. 77 c.p.p., comma 2, dispone che le pene accessorie concorrenti della stessa specie siano applicate tutte per intero.

Nessuna incidenza avendo pertanto esercitato, ai fini della determinazione delle pene accessorie, la continuazione con il reato di ricorso abusivo al credito, altrettanto irrilevante è in concreto, rispetto a dette pene, la declaratoria di estinzione di tale reato.

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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