Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-05-2011) 25-07-2011, n. 29681

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 4 giugno 2010, confermava la condanna pronunciata il 13 gennaio 2010 dal Tribunale di Catania alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 688 di multa nei confronti di V.G., dichiarato colpevole del delitto di riciclaggio di autovettura, perchè – come recita il capo di imputazione – in concorso con C.C., per il quale si è proceduto separatamente, al fine di procurare a sè stesso o ad altri un ingiusto profitto, alterando il numero di telaio di un’autovettura, il cui numero originario veniva asportato e risaldato con targhetta riportante altro numero di telaio, compiva operazioni tali da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di un’autovettura provento di furto. Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi: 1) vizio di motivazione e violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. Il ricorrente rileva, in primo luogo, che l’autovettura che sì voleva riciclare era munita di antifurto satellitare e qualunque azione fosse stata posta in essere al fine di occultare l’origine delittuosa della res, senza previamente individuare la centralina ed interrompere il segnale trasmesso al satellite, sarebbe risultata, come lo è stata, vana: si tratterebbe, pertanto, di un delitto di riciclaggio impossibile a realizzarsi.

In secondo luogo, il ricorrente osserva che il V., assieme a C.C. che lo aiutava, è stato sorpreso dai militari operanti nell’atto di saldare il pezzo riportante il numero di telaio sulla scocca dell’autovettura rubata, pertanto, l’azione delittuosa era ancora nel suo evolversi e avrebbe dovuto essere contestato il tentativo e non il delitto consumato, mentre i giudici di merito ribadiscono in motivazione, nonostante il gravame dell’imputato e immutando il fatto contestato, che il reato si era perfezionato con la eseguita manipolazione e sostituzione delle targhe, operazione quest’ultima la quale, come riconosciuto dallo stesso giudice di primo grado, era stata posta in essere da altro soggetto denunciato in concorso ma a piede libero.

2) mancanza di motivazione sul diniego di concessione delle attenuanti generiche, soprattutto in considerazione della confessione e collaborazione resa dall’imputato agli inquirenti. 3) mancanza di motivazione sulla possibilità di diminuire la pena in considerazione del disposto dell’art. 648 bis c.p., comma 3 in quanto i giudici avrebbero dovuto fare riferimento alla pena in concreto prevista per il furto certamente attenuato per il tenue valore dell’autovettura sottratta ormai vetusta.

Il ricorrente lamenta anche, in generale, mancanza di motivazione sulla misura della pena in concreto inflitta.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati e devono essere rigettati.

Con riferimento alla dedotta configurabilità di un riciclaggio impossibile, deve osservarsi che un’azione può considerarsi inidonea agli effetti dell’art. 49 primo cpv. in relazione all’art. 56 cod. pen., esclusivamente nel caso in cui la sua incapacità a produrre l’evento sia assoluta, intrinseca e originaria tale da non consentire neppure in via eccezionale l’attuazione del proposito criminoso. Ciò non può dirsi nel caso di autovettura munita di antifurto satellitare, poichè questo, come riconosce lo stesso ricorrente può essere individuato e il relativo segnale può essere interrotto e ciò dipende dalla abilità e dalle conoscenze tecniche dell’autore del reato e, quindi, non può affermarsi che il suddetto antifurto renda in assoluto impossibile l’azione criminosa.

Per quanto concerne la dedotta configurabilità del tentativo in luogo del contestato riciclaggio consumato, deve osservarsi che il delitto di riciclaggio, pur essendo a consumazione istantanea, è a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti e lo esegua con modalità frammentarie e progressive. Pertanto, nel caso di specie, la manipolazione delle targhe era soltanto il primo segmento di una complessa azione di riciclaggio che il V. stava portando a compimento con la sostituzione del numero di telaio.

La censura concernente il diniego di concessione delle attenuanti generiche non è consentito, poichè, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione sul punto, è sufficiente che il giudice di merito giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione, senza che sia tenuto ad esaminare tutte le circostanza prospettate o prospettabili dalla difesa (Sez. 1, 11/1-31/3/1994, n. 3772, Spallina, riv. 196880; Sez. 1, 20/10/1994-26/1/1995, n. 866, Candela, riv. 200204; Sez. 4, 20 dicembre 2001 – 28 febbraio 2002, n. 8167, Zahraoui, riv. 220885). Nel caso di specie, la sentenza impugnata si è attenuta a tale principio, facendo riferimento alla circostanza che l’imputato risulta soggetto dedito alla commissione di reati alquanto gravi, e, quindi, non è in alcun modo censurabile.

Ugualmente inammissibile è la censura concernente l’entità della pena, posto che trattasi di corretto esercizio di potere discrezionale del giudice di merito.

Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancata applicazione dell’art. 648 bis c.p., comma 3.

Infatti, erroneamente il ricorrente ritiene che debba farsi riferimento alla pena che in concreto sarebbe applicabile al delitto presupposto, mentre il riferimento di legge non può che essere al criterio obiettivo della pena in astratto prevista per il reato presupposto.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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