T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 04-08-2011, n. 672 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato a mezzo servizio postale il 2728 aprile 2011 e depositato il successivo 11 maggio, il dott. G.C. – Presidente di Sezione della Sezione Tributaria di Frosinone – premesso di avere presentato un esposto al Presidente della suddetta Commissione nei confronti della dipendente Vitti Vera, ha adito questo Tribunale ai sensi dell’art. 116 del D.L.vo n. 104/10 per farsi riconoscere il diritto a prendere visione ed estrarre copia "di tutti gli atti che vi sono conseguiti", richiesti con domanda di accesso presentata in data 8.10.2010.

Espone che l’Amministrazione ha opposto diniego con nota dell’11.11.2010, motivata con il richiamo all’art. 17 del CCNL personale comparto ministeri (che assicura la riservatezza degli atti e documenti contenuti nel fascicolo personale del lavoratore) e alla nota prot. n. 77068 del 19.12.2005 con riferimento al d.lgs n. 196 del 30.6.2003.

Il ricorrente ha quindi proposto ricorso ex artt. 25 comma 4 e 27 L. 241/90 e 12 D.P.R. 184/06 alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi la quale, con decisione del 22.2.2011, ha accolto il ricorso invitando, per l’effetto, l’Amministrazione resistente a "riesaminare l’istanza di accesso nei sensi di cui in motivazione".

Con nota del 5.4.2011, l’Amministrazione resistente ha confermato il diniego, motivandolo con il richiamo all’art. 5 comma 1 lett. g) del D.M. 29.10.1996, n. 603 (regolamento emanato in attuazione dell’art. 24 comma 4 della L. 241/90), in base al quale sono sottratti all’accesso "i documenti riguardanti i procedimenti disciplinari o le richieste ispettive effettuate a carico dei singoli dipendenti o sull’attività degli uffici, anche a seguito di segnalazione di privati, di organizzazione di categoria o sindacali", e con il richiamo all’art. 17 CCNL già citato nella nota dell’11.11.2010.

2) A sostegno del gravame, il ricorrente deduce censure di violazione e/o errata applicazione di legge e principi vigenti in materia. Eccesso di potere sotto diversi profili.

In particolare, sostiene:

– negli atti e i documenti conservati nel fascicolo personale (menzionati dall’art. 17 comma 2 CCNL), non rientrano gli atti e i fatti denunciati con gli esposti né i procedimenti disciplinari che a seguito di questo vengono avviati;

– i dati richiesti non rientrano tra i dati sensibili ex art. 4 comma 1 lett. d) del Codice in materia di protezione dei dati personali;

– l’intervento della Commissione per l’accesso aveva comunque ridotto il margine di discrezionalità dell’Amministrazione, che doveva attenersi al dispositivo della decisione;

– il regolamento di cui al DM 29.10.1996 n. 603 risulta superato dall’attuale quadro normativo che disciplina il diritto di accesso e quindi, come tale deve essere disapplicato, e applicata la norma primaria che non sottrae all’accesso gli atti relativi ai procedimenti disciplinari;

– la legittimazione del ricorrente risiede sia nel fatto di essere l’autore dell’esposto da cui ha preso le mosse il procedimento in questione (cfr. AP 24.4.2006 n. 7), sia nell’esigenza di valutare la possibilità di intentare un’azione giudiziaria a tutela della propria sfera giuridica.

4) Con atto depositato il 21 maggio 2011, si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia – Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, che con successiva memoria ex art. 116 comma 3 del c.p.a. ha dedotto l’infondatezza del ricorso.

5) Alla camera di consiglio del 14 luglio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

6) Il ricorso è infondato.

7) Osserva il Collegio, che con nota dell’8.10.2010 il ricorrente, a seguito della segnalazione disciplinare da egli inviata al Presidente della Commissione Tributaria di Frosinone, ha chiesto "l’accesso a tutti gli atti che vi sono conseguiti, con riserva di estrarne copie".

Successivamente, con una "riservata personale", ha spiegato a tal "Caro Franco" (verosimilmente il Presidente della Commissione Tributaria) che il suo interesse diretto personale e attuale derivava dalla necessità di decidere "se intraprendere o meno azione civile per risarcimento danno morale a fronte di frasi offensive profferite nei miei confronti e in presenza di terzi".

La Commissione per l’accesso agli atti – ritenendo non preclusiva dell’accesso né la nota prot. n. 77068 del 19.12.2005, né l’art. 17 del CCNL – ha accolto il ricorso del ricorrente e, per l’effetto, invitato l’Amministrazione resistente a riesaminare l’istanza di accesso nei sensi di cui in motivazione.

8) Ciò premesso, in primo luogo va disattesa la tesi del ricorrente circa l’obbligo dell’Amministrazione di conformarsi alla pronuncia della Commissione per l’accesso agli atti.

9) Ai sensi dell’art. 25 comma 4 "Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l’accesso di cui all’articolo 27 nonché presso l’amministrazione resistente. Il difensore civico o la Commissione per l’accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l’accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all’autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l’accesso è consentito".

10) Dalla lettura della norma, si evince che in caso di accoglimento del ricorso proposto alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, l’Amministrazione non subisce alcuna limitazione del potere di decidere sulla domanda di accesso ma è solo obbligata, in caso di conferma del diniego, a motivare sulle ragioni per cui si discosta dalla decisione della Commissione.

Tanto ha fatto l’Amministrazione nel caso che ci occupa, richiamando espressamente l’art. 5) (Categorie di documenti inaccessibili per motivi attinenti alla riservatezza di persone, gruppi ed imprese) comma 1 lett. g) del DM 29.10.1996 n. 603, in base al quale:

" Ai sensi della lettera d) del comma 5 dell’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione all’esigenza di salvaguardare la vita privata e la riservatezza di persone fisiche e giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, garantendo, peraltro, la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta, sono sottratte all’accesso, fatte salve le richieste del titolare dell’interesse, le seguenti categorie di documenti, compresi quelli ad essi direttamente connessi: (…) g) documenti riguardanti i procedimenti disciplinari o le inchieste ispettive effettuate a carico dei singoli dipendenti o sull’attività degli uffici, anche a seguito di segnalazione di privati, di organizzazioni di categoria o sindacali".

11) Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la norma sopra richiamata non è incompatibile con l’attuale formulazione dell’art. 24 comma 7 della L. 241/90, in quanto anche in essa – come nella norma primaria – è garantita la visione degli atti la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta.

12) Il punto nodale della vicenda in esame riguarda, quindi, la questione se la richiesta del ricorrente sia sufficientemente motivata in ordine alla necessità della cura o difesa di interessi giuridicamente rilevanti.

13) A tal proposito, osserva il Collegio che l’istanza presentata dal ricorrente in data 8.10.2010 è affatto priva di motivazione e si giustifica solo con il presupposto di avere presentato una segnalazione disciplinare.

Il ricorrente non ha allegato alcun interesse diretto concreto e attuale la cui esigenza di tutela sia tale da giustificare il sacrificio del diritto alla riservatezza (protetta e tutelata dall’art. 5 comma 1 lett. g) del DM 603/96 e dall’art. 17 comma 2 CCNL) dei documenti relativi al procedimento disciplinare nei confronti della controinteressata.

Non c’è alcun riferimento a interessi giuridicamente rilevanti per la cura dei quali sia necessario accedere agli atti del procedimento disciplinare in questione.

14) Né può essere considerata una giustificazione valida e sufficiente una nota di corrispondenza privata in cui il ricorrente scrive a tale "Caro Franco" (verosimilmente il Presidente della Commissione Tributaria di Frosinone) rappresentando la necessità di valutare se intraprendere o meno azione civile per il risarcimento del danno morale.

Non lo è per l’irrilevanza giuridica della nota stessa, non idonea a configurare una integrazione alla precedente nota dell’8.10.2010;

E non lo è perché la semplice rappresentazione della ipotetica intenzione di rivolgersi a una autorità giudiziaria non integra il presupposto della "necessità di difesa di interessi giuridicamente rilevanti", necessario per giustificare l’accesso a documenti inerenti la vita privata o la riservatezza di persone fisiche (come quelli del caso de quo relativi a un procedimento disciplinare) che necessariamente comporta la lesione del diritto alla privacy – pure giuridicamente tutelato – di queste ultime.

15) In altri termini, per poter accedere a documenti detenuti dall’Amministrazione e relativi alla sfera personale di persone fisiche terze occorre che l’istanza sia supportata da un interesse giuridico diretto, concreto e attuale, la cui necessità di tutela sia reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata.

Occorre, inoltre, che sussista uno stretto nesso di pertinenza tra il documento e la tutela dell’interesse, nel senso che il documento deve risultare oggettivamente utile al perseguimento del fine di tutela.

16) Come affermato di recente dal Consiglio di Sato "Il diniego di accesso è anche legittimo laddove si fonda sull’esigenza di tutela della riservatezza dei terzi, senza che il ricorrente possa chiedere soccorso all’art. 24, co. 7, l. n. 241/1990, che va letto nella sua esatta portata, dovendosi sempre trovare il giusto punto di equilibrio tra diritto di difesa e diritto alla privacy.

Dispone infatti il citato art. 24, co. 7, che deve essere comunque garantito al richiedente l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per difendere i propri interessi giuridici. Occorre, dunque, la dimostrazione di una rigida "necessità" e non mera "utilità" del documento in questione. Tanto più nei casi in cui, come nella specie, l’accesso sia esercitato non già in relazione agli atti di un procedimento amministrativo di cui il richiedente è parte, ma in relazione agli atti di procedimenti amministrativi rispetto ai quali il richiedente è terzo" (cfr. C.d.S. Sez. VI n. 117 del 12.1.2011).

17) Orbene, nel caso di specie, il ricorrente non riveste la qualità di parte nel procedimento disciplinare di cui chiede gli atti.

Ciò in quanto nel procedimento di disciplinare le parti sono due: l’Amministrazione che avvia il procedimento con la contestazione dell’addebito e il soggetto destinatario della contestazione stessa.

Se il procedimento prende le mosse da un esposto, l’autore dell’esposto rimane estraneo al procedimento disciplinare e non ne assume la qualità di parte.

18) In conclusione, quindi, il ricorso deve essere respinto siccome destituito di giuridico fondamento.

19) Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, sul ricorso R.G. 484/2011, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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