Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-04-2011) 25-07-2011, n. 29673

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce del 12.05.2009 di condanna di S. B. per il reato di truffa in danno dell’Ente Pubblico continuata, fetta eccezione per gli episodi anteriori al (OMISSIS) che sono stati dichiarati prescritti ed è stata esclusa la continuazione e la relativa pena, propone ricorso la difesa del S., deducendo;

a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione agli artt. 56 e 640 c.p. e dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del tentativo:

vi è stata una falsa applicazione dell’art. 192 c.p.p. ed un parziale travisamento del fatto. Da tempo la Suprema Corte ha affermato che la consumazione del reato si realizza nel momento del conseguimento dell’ingiusto profitto ed è pertanto indispensabile accertare tale fatto in modo certo, momento che nel caso in esame, essendo stato erogato in contributo con assegni, coincide con il conseguimento degli assegni. L’effettiva erogazione della somma è stata ritenuta dai giudice esclusivamente in base alle dichiarazioni testimoniali di C.G. che sul punto ha reso una dichiarazione problematica e perplessa, avendo riconnesso l’avvenuta erogazione della sovvenzione alla deduzione che se tale erogazione non ci fosse stata l’ufficio di Maglie gli avrebbe chiesto spiegazioni. b) In diritto va poi rilevato che non è stata acquisita la prova dell’effettivo incasso dell’assegno circolare di cui alla domanda dell’ultimo ultima di disoccupazione agricola e pertanto agli atti al più vi è la prova del tentativo.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 La motivazione della sentenza , sul punto denunciato, non merita censure perchè assolutamente completa e congruamente articolata.

La Corte di merito ha infatti dato atto delle dichiarazioni rese dall’Ispettore della vigilanza dell’INPS di Lecce , C. G., che nell’ambito della propria funzione ispettiva si recò presso il negozio di generi alimentari di Torre dell’Orso, ove l’imputato gli riferì di aver gestito l’esercizio commerciale, in quanto titolare dello stesso ,a far tempo dal giugno, pure avendo, nel contempo, richiesto ed effettivamente conseguito i contributi , come bracciante agricolo disoccupato.

2.2 La Corte ha anche precisato che la testimonianza del solo C. è prova sufficiente perchè proveniente da persona qualificata e perchè è stata esaustiva e precisa sugli argomenti trattati, a nulla rilevando, in contrario, qualche minima vaghezza riscontrata in sede di contro esame.

2.3 Di contro il ricorrente, attraverso la pretestuosa deduzione di un’asserita carenza di motivazione della sentenza impugnata, assumendo assertivamente che il Tribunale avrebbe compiuto una non corretta valutazione del materiale probatorio, senza, tuttavia, indicare specificamente tali profili, ha tentato di ottenere una rivalutazione delle prove, che si risolverebbe in un sostanziale nuovo giudizio sul fatto,; tale giudizio, tuttavia, per costante giurisprudenza di questa Corte, è sottratto, come tutte le valutazioni di merito, al sindacato di legittimità della Cassazione.

2.4 Esula, infatti, dai poteri della corte di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la Corte accertare se quest’ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l’iter argomentativo seguito, delle ragioni che l’hanno indotto ad emettere il provvedimento.

2.5 Vi è anche da aggiungere che le doglianze prospettate sono meramente ripetitive di quelle avanzate con l’atto di appello:

conseguentemente i motivi di ricorso in questione difettano del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità della impugnazione, dal combinato disposto dell’art. 591 c.p.p., e art. 581 c.p.p., comma 1, lett. e). E’ stato, infatti, già valutato da questa Core che :"è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello e motivatamente esaminati e respinti dal giudice di secondo grado con una decisione che è conseguenza di un ragionamento rigorosamente logico e giuridico, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici" (Cass. pen., sez. 4, 15 dicembre 1992, Cardinale Rubino, RV193046).

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile: ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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