Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-04-2011) 25-07-2011, n. 29730 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 28-4-2010 la Corte di Appello di Palermo pronunziava la parziale riforma dalla sentenza emessa dal Tribunale di Agrigento in data 22-5-2008,appellata da S.F., ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 110 c.p., all’art. 61 c.p., n. 5, all’art. 624 bis, all’art. 625 c.p., n. 2, contestati con recidiva, ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, e considerata la già concessa attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, come prevalente sulla recidiva – riduceva la pena inflitta dal primo giudice a mesi sei di reclusione ed Euro 300,00= di multa, confermando le altre disposizioni dell’impugnata sentenza.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore deducendo la erronea applicazione dell’art. 624 bis c.p..

Sul punto rilevava che nel compiere l’azione l’imputato aveva la convinzione di agire in un immobile disabitato,e a sostegno di tale versione rilevava che la parte offesa aveva precisato che l’immobile era "in ristrutturazione".

In tal senso la difesa escludeva che nella specie fosse configurarle l’ipotesi normativa contestatale tutela il luogo destinato ad abitazione o ufficio.

Richiamava altresì la giurisprudenza che aveva escluso tale fattispecie nei casi di edifici in costruzione.

2 – Con ulteriore motivo deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p..

Evidenziava sul punto che nella specie il Giudice non aveva motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge (rilevando l’occasionalità del fatto e che i motivi a delinquere non erano gravi, oltre che evidenziando lo stato di disoccupazione dell’imputato).

3 – Censurava altresì la mancata concessione delle generiche, ritenendola ingiustificata.

Sul punto indicava i presupposti che avrebbero consentito di applicare tali attenuanti, come la modesta gravità del fatto, i motivi a delinquere e il pentimento dimostrato dall’imputato. Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.

Invero risulta infondato il rilievo formulato con il primo motivo di impugnazione, ove si sostiene che il Giudice di merito avrebbe erroneamente applicato la disposizione di cui all’art. 624 bis c.p..

Deve infatti evidenziarsi che secondo giurisprudenza di questa Corte -(v. Sez. 2^, 21 giugno 2005, n. 23402, Pangallo RV 231885" Il reato di cui all’art. 624 bis c.p. è configurabile ogniqualvolta il soggetto attivo del furto si introduca in un luogo, che sia destinato ad essere abitato. Non è però necessario che il locale lo sia anche concretamente, essendo a tal fine sufficiente che abbia tale carattere o a seguito di una effettiva utilizzazione o per le modalità della sua sistemazione (ad esempio arredamento) da cui sia desumibile lo scopo abitativo".

Gli altri due motivi devono ritenersi inammissibili sia per mancanza di interesse,avendo il giudice effettuato il giudizio di prevalenza dell’attenuante concessa sulla recidiva, sia perchè la sentenza risulta adeguatamente motivata (v. anche motivazione sulla pena della sentenza di primo grado).

Nella specie, dunque, correttamente la Corte territoriale ha evidenziato che dalle dichiarazioni della persona offesa era emerso che l’immobile nel quale si era consumata la condotta contestata era un appartamento destinato ad abitazione, nel quale vi erano anche arredi, onde resta ininfluente la circostanza addotta dalla difesa che la casa fosse in ristrutturazione.

Si rivelano inoltre inammissibili per manifesta infondatezza i motivi concernenti la violazione dell’art. 99 c.p. e la censura relativa al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

Infatti la sentenza risulta specificamente motivata sia con riferimento ai presupposti della contestata recidiva che in ordine alla censura inerente al diniego delle generiche,avendo i giudici di appello desunto gli elementi dalle modalità della condotta delittuosa, suscettibili di rivelare le attitudini a delinquere del reo, secondo i canoni riconducibili allo schema normativo dell’art. 133 c.p..

D’altra parte la Corte, dopo esauriente valutazione dei presupposti di leggera comunque ritenuto di poter ridimensionare la pena in limite maggiormente adeguato alla concreta gravità del fatto secondo il corretto esercizio del potere discrezionale riservato esclusivamente al giudice di merito.

Il ricorso deve dunque ritenersi privo di fondamento, e la Corte ne deve pronunziare il rigetto, con condanna del ricorrente al pagamento delle ulteriori spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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