T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 04-08-2011, n. 6993

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, cittadino moldavo, impugna con il ricorso in epigrafe il provvedimento con cui la Questura di Roma ha dichiarato inammissibile la sua istanza di rilascio di permesso di soggiorno a seguito di procedura di emersione.

Il provvedimento è motivato in relazione ad una recente sentenza di applicazione della pena su richiesta per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/90 per la coltivazione di una piantina di marjuana, reato commesso in data 27.9.2010, ovvero quando la procedura di emersione ex l. n. 102/2009 era già stata positivamente ultimata.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente invoca il potere dovere della amministrazione di esaminare la complessiva situazione dell’istante e la sua pericolosità sociale, la durata della sua permanenza in Italia (dal 2002) e la presenza in Italia del figlio e della moglie, entrambi perfettamente inseriti nel contesto lavorativo e scolastico del Paese. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 10 bis della l. 241/90.

L’istanza cautelare è stata accolta all’udienza del 10.2.2011.

All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato e pertanto deve essere accolto in relazione al vizio dedotto con il secondo motivo di ricorso concernente la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Ove tale incombente fosse stato effettuato, infatti, il ricorrente avrebbe potuto evidenziare alla amministrazione procedente tutte le circostanze attinenti la sua situazione personale e familiare e in particolare che, come documentato negli allegati al ricorso, la moglie risiede da anni in Italia e ha un lavoro regolare e che il figlio di dieci anni frequenta con profitto la scuola italiana ed è perfettamente integrato, ciò al fine di un eventuale ottenimento – sussistendone i presupposti – di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare.

Infatti, l’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/98 prevede che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo non possono essere rifiutati qualora siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio. Inoltre, come ha affermato recentemente il Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 8, Cedu, la valutazione dell’effettività e della natura dei vincoli familiari di cui all’art. 5, comma 5 d.lgs. 286/98, così come modificato con il D.lgs. dell’8 gennaio 2007 n. 5,va effettuata non soltanto in caso di avvenuto ricongiungimento familiare, ma in tutte le ipotesi in cui il provvedimento di diniego per ipotesi ostative al rilascio ai sensi dell’art. 5, d.lg. n. 286 del 1998, incide sui legami familiari del richiedente il rinnovo del permesso di soggiorno. (Consiglio Stato, sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6566). Tale principio non può non applicarsi, per evidenti ragioni di giustizia sostanziale, anche nel caso in cui si tratti di rilascio del primo permesso di soggiorno ma a seguito della procedura di emersione dal lavoro irregolare.

Pertanto non è possibile nel caso di specie fare applicazione dell’art. 21 octies l. 241/90, non potendosi affermare che il contenuto dispositivo del provvedimento sarebbe stato il medesimo.

In conclusione, dunque, per queste ragioni, il ricorso deve essere accolto, con conseguente obbligo per l’amministrazione di rinnovare il procedimento.

Le spese possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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