Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 26-07-2011, n. 29920

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 21 febbraio 2011, il Tribunale di Salerno ha respinto la richiesta di riesame della misura cautelare degli arresti domiciliari applicata a C.G. per il reato di violenza sessuale ai danni di tale D.S.. In sunto, i Giudici hanno ritenuto credibile il racconto accusatorio della donna (la quale non aveva motivi per coinvolgere l’indagato che non conosceva prima dello episodio di cui trattasi); la parte lesa ha riferito che, presente il suo compagno G. che filmava la scena, l’indagato l’ha costretta a compiere atti sessuali benchè non fosse consenziente (ed il dissenso era reso evidente dalla circostanza che aveva pianto durate tutto il rapporto). Il Tribunale ha evidenziato che il C. non ha fornito del fatto alcuna lettura alternativa che possa sminuirne la gravità. Pertanto – hanno concluso i Giudici – non vi erano emergenze idonee a superare la presunzione relativa di pericolosità sussistente anche dopo la sentenza 256/2010 della Corte Costituzionale e di inadeguatezza di ogni altra misura diversa da quella di massimo rigore (che il Giudice per le indagini preliminari "addirittura" non ha applicato). Per l’annullamento della ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione, in particolare, rilevando:

– che il reato più grave per cui è procedimento è quello di riduzione in schiavitù, addebitato al G., che è stato commesso a (OMISSIS): pertanto, il Tribunale di Salerno non era competente territorialmente;

– che i dati forniti dalla parte lesa per giungere alla sua identificazione (età, professione ed altro) non corrispondono al vero, mentre la donna non ha indicato la sua vistosa ferita sullo addome;

– che, come provato da documentazione medica, era affetto da disfunzione erettile che gli impediva di avere rapporti sessuali;

– che la credibilità oggettiva e soggettiva della parte lesa è inficiata delle incongruenze e menzogne delle sue dichiarazioni;

– che non sussistono ragioni cautelari che giustifichino la misura applicata.

Per quanto concerne la eccepita incompetenza territoriale, si osserva che l’episodio di violenza sessuale ai danni della D.S. è sicuramente avvenuto a (OMISSIS) e per l’indagato non si procede per l’ulteriore reato di riduzione in schiavitù addebitato ad altri soggetti; pertanto, la competenza del Tribunale di Salerno (allo stato delle investigazioni pur suscettibili di ulteriori sviluppi) non può essere messa in discussione.

Nel merito, i Giudici, dopo avere rilevato che la parte lesa non fosse una dichiarante in toto affidabile (perchè le sue accuse sulla riduzione in schiavitù presentano incoerenze) hanno reputato di potere effettuare una ponderazione frazionata delle sue asserzioni e concludere che fosse credibile per l’episodio per il reato in esame.

Su punto, si rileva che una valutazione parcellizzata del narrato era legittima a condizione che il giudizio negativo su alcune circostanze riferite non inficiasse la globale affidabilità della dichiarante e che il convincimento sulla attendibilità soggettiva della parte lese e sulla logicità della sue accuse fosse sorretto da un rigoroso esame critico; questo vaglio non è riscontrabile nel testo della ordinanza.

La conclusione sul tema della credibilità della donna, di centrale rilievo, è espressa in termini perplessi (e precisamente: "la ragazza, soprattutto nella fase finale del rapporto, potrebbe avere negato la propria disponibilità") e trae il suo fondamento da un altro episodio, del tutto avulso da quello per cui è processo, nel quale la D.S. non era consenziente ad una pratica di sesso di gruppo. In sostanza, l’unico elemento sicuro a carico dello indagato, evidenziato nella ordinanza, è l’assenza di motivi per una accusa calunniosa dal momento che la donna non conosceva il C.;

questo passaggio della sentenza non è in sintonia con l’ammissione dell’indagato, confermata da una persona informata sui fatti, di frequentare il club dove la D.S. si prostituiva. E’ inconsueto, poi, che i Giudici si prospettino la difesa che il C. avrebbe dovuto fare presente per chiarire il contesto dell’accaduto (convinzione, che la D.S., conosciuta come prostituta, fosse consenziente per le assicurazioni del G. che era solito organizzare con la ragazza giochi di coppia). Per le esposte considerazioni, la Corte rileva che gli indizi messi a fuoco dal Tribunale del riesame non sono connotati dal requisito della gravità (richiesto dall’art. 273 c.p.p.) che deve essere di pregnanza tale da fare apparire consistente l’ipotesi accusatoria ed altamente probabile la responsabilità dell’incolpato pur in assenza di una verifica probatoria.

Relativamente alle esigenze di cautela, si osserva che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale 265/2010, permane, per il reato in oggetto, la presunzione relativa del periculum libertatis; essa è superabile con la emersione di elementi che facciano ragionevolmente escludere la pericolosità dello inquisito (mentre – contrariamente allo assunto del Tribunale – è venuta meno quella assoluta di adeguatezza della custodia carceraria in presenza di necessità cautelari). Il ricorrente ha evidenziato elementi a suo favore per escludere la esistenza di esigenze di cautela e, precisamente, la fissazione della data della udienza preliminare (che esclude il pericolo di inquinamento probatorio) e la sua patologia (che non permette la reiterazione della condotta criminosa).

Questi elementi (in caso di ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza) daranno esaminati dai Giudici del rinvio al fine di verificare la loro consistenza per escludere le esigenze di cautela.

Per le esposte considerazioni, la impugnata ordinanza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Salerno per un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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