Cassazione 13818/2008 dep del 27 maggio 2008 Contributi, lavorazioni, conto terzi, tributario (2011-02-23)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Fatto

Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Torino confermava la statuizione resa dal locale Tribunale, con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dalla Cooperativa … a.r.l. avverso la cartella esattoriale emessa dall’Inps per il pagamento della somma di Euro 162.675,50, a titolo di contributi per l’assicurazione generale obbligatoria e somme aggiuntive per il periodo 1998/2001, riferiti ai soci artigiani; la Cooperativa aveva contestato l’esistenza del debito, sostenendo che i contributi erano stati pagati dai singoli soci artigiani alla gestione separata Inps per gli artigiani.

La Corte territoriale – premesso essere pacifica la natura artigiana della Cooperativa e che i soci erano iscritti all’albo delle imprese artigiane, nonchè alla gestione speciale artigiani presso l’Inps, cui avevano versato i contributi – affermava che la questione da decidere era se i contributi sugli emolumenti percepiti dalla Cooperativa i dovessero essere versati dai singoli soci nella gestione artigiani nella misura da questa prevista, oppure dovessero essere versati dalla Cooperativa nella gestione dell’assicurazione generale obbligatoria e nella misura prevista per i lavoratori dipendenti da imprese artigiane. Affermavano i Giudici di merito che il rapporto tra soci e cooperativa era, in relazione ai compensi percepiti, del tutto analogo a quello esistente in qualsiasi cooperativa di produzione e lavoro, dovendosi applicare il principio desunto dal R.D. n. 1422 del 1924, art 2, comma 3, per cui, ai fini assicurativi, le società cooperative sono datori di lavoro nei riguardi dei soci impiegati in lavori da esso assunti, era quindi irrilevante il fatto che i soci fossero iscritti all’albo delle imprese artigiane; iscrizione che sarebbe stata peraltro illegittima se effettuata esclusivamente in funzione dell’attività esercitata presso la Cooperativa. Ed infatti, associandosi nella cooperativa, il socio non esercita personalmente l’impresa e non si assume gli oneri e i rischi derivanti dalla sua gestione, mentre l’attività di impresa è svolta dalla cooperativa, la quale ha personalità giuridica distinta da quella dei soci.

Esclusa quindi la possibilità di considerare i soci lavoratori come artigiani, in tema di regime contributivo previdenziale, non poteva che essere applicato, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, il R.D. n. 1422 del 1924, art. 2, comma 3, e quindi la normativa sui lavoratori dipendenti, sulla cui portata e vigenza non avevano influito le disposizioni che avevano costituito la gestione pensionistica autonoma per gli artigiani, di cui alla L. n. 463 del 1969. Nè detta disciplina era sospettabile di incostituzionalità, dal momento che, nel corso del tempo, i soci delle cooperative avevano fruito di un regime previdenziale particolarmente vantaggioso, mediante la estensione di quello previsto per i lavoratori dipendenti, regime che verrebbe messo in discussione con l’accoglimento della tesi della Cooperativa.

Avverso detta sentenza la Cooperativa propone ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste l’Inps con controricorso.

Diritto

Con il primo motivo si denunzia difetto di motivazione, perchè la Corte territoriale avrebbe affermato, contraddittoriamente, prima che la iscrizione all’albo delle imprese artigiane, da parte dei soci della cooperativa, era irrilevante, e successivamente, che i medesimi, in quanto soci, non possono essere imprenditori. Con il secondo motivo, denunziando la violazione della L. n. 443 del 1985, artt. 2, 3, 4, e 6, della L. n. 1533 del 1956, artt. 1 e 5, della L. n. 463 del 1959, artt. 3 e 4, si sostiene che i soci, che sono già titolari di una loro impresa artigiana, possono sia associarsi mantenendo la loro posizione, attraverso un consorzio di imprese dello stesso tipo, sia conferendo la loro impresa artigiana nella cooperativa artigiana, restando così imprenditori artigiani a tutti gli effetti.

Con il terzo motivo, denunziando violazione del R.D. n. 1422 del 1924, art. 2, e L. n. 443 del 1985, artt 2, 3, 4 e 6, e L. n. 1533 del 1956, art. 1, e L. n. 463 del 1959, art. 4, nonchè difetto di motivazione, la Cooperativa ricorrente si richiama all’orientamento di legittimità, secondo cui le disposizioni della L. 1533 del 1956 sulla tutela previdenziale dei lavoratori autonomi artigiani avrebbe derogato, in quanto legge speciale posteriore, alla L. n. 1422 del 1924, nel senso che, ferma la responsabilità della cooperativa artigiana nei confronti dell’Inps per il pagamento dei contributi previdenziali, questi andrebbero commisurati a quelli previsti per gli artigiani, la cui attività materiale costituisce nello stesso tempo la ragione della tutela previdenziale e della attribuzione della qualifica artigiana alla cooperativa. Con il quarto ed ultimo motivo denunziandosi violazione e falsa applicazione della L. n. 443 del 1985, art. 1, comma 3 e artt. 5 – 7, e della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E, si lamenta che, avendo la iscrizione all’albo valore costitutivo della natura artigiana dell’impresa, l’Inps non poteva, senza impugnare la medesima iscrizione, assoggettare essa Cooperativa ad un trattamento contributivo diverso da quello derivante dall’iscrizione al medesimo albo.

Il ricorso non merita accoglimento.

In primo luogo, trattandosi di questioni che attengono all’interpretazione della normativa, le censure concernenti il difetto o la contraddittorietà della motivazione, non sono rilevanti, occorrendo solo verificare che la sentenza impugnata abbia correttamente applicato le norme di legge.

1.La questione posta nella presente controversia consiste nel decidere (alla luce della normativa anteriore all’entrata in vigore della L. 3 aprile 2001, n. 142, non applicabile ratione temporis) quale sia il regime dei contributi che debbono essere pagati (quelli di pertinenza della gestione Inps degli artigiani, oppure quelli AGO), e da parte di chi (dalla cooperativa o dai singoli soci), sulle somme erogate dalla cooperativa artigiana e percepite, a titolo di compenso per il lavoro svolto a favore della cooperativa medesima, dai soci che siano a loro volta iscritti nell’albo delle imprese artigiane.

In giurisprudenza si sono espressi due diversi orientamenti: secondo il primo, la misura ed il regime giuridico di detti contributi si devono conformare a quelli previsti dalla normativa sulla gestione Inps per i lavoratori autonomi artigiani (Cass. n. 7380 del 30 maggio 2001, n. 9600 del 14 luglio 2001); secondo l’altro orientamento (Cass. n. 238 del 10 gennaio 2003, n. 66 dell’8 gennaio 2007) valgono, invece, anche per i soci di cooperativa, in quanto assimilati ai lavoratori dipendenti, le regole che presiedono all’AGO (assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti).

L’uno e l’altro orientamento sono però concordi nell’affermare che l’obbligo contributivo, sia pure diversamente modulato (gestione artigiani ovvero gestione lavoratori dipendenti), faccia capo alla cooperativa e non già ai singoli soci, di talchè la posizione della Cooperativa, attuale ricorrente, che sostiene l’insussistenza di ogni obbligo a suo carico, per avere i singoli soci già pagato la contribuzione alla gestione lavoratori autonomi artigiani sulle somme percepite dalla Cooperativa, non trova in realtà sostegno in nessuna delle due ricostruzioni indicate.

2. Per risolvere la questione, appare imprescindibile chiarire quale sia il tipo di cooperativa e quale sia la natura delle somme su cui vengono chiesti i contributi.

Va infatti sottolineato che gli artigiani possono riunirsi in cooperativa sia mantenendo la propria individualità imprenditoriale, sia perdendola (cfr. al riguardo Cass. n. 13269 del 07/06/2006).

Nella prima ipotesi, si avranno cooperative di servizio che, analogamente a quanto avviene nei consorzi di imprese, si uniscono per procurarsi commesse di lavoro e per distribuirne l’esecuzione tra gli associati, che conservano, ognuno, la gestione del proprio laboratorio e l’uso delle proprie attrezzature, ritraendo il reddito dalla attività imprenditoriale così svolta ed accettandone i rischi. Nel secondo caso si avranno invece le cooperative di lavoro, in cui i singoli artigiani non fanno confluire nella cooperativa le loro imprese, le quali restano pertanto estranee al rapporto con la cooperativa, ma apportano a quest’ultima il proprio lavoro, usando non già i mezzi e gli strumenti di loro proprietà, ma quelli messi a disposizione dalla cooperativa.

3. Nel primo caso, ossia quando gli artigiani, che pur essendo soci di cooperativa, svolgono in proprio, ossia nella propria azienda e con le proprie attrezzature, nonchè a proprio rischio, le lavorazioni di pertinenza, i ricavi percepiti dai committenti vanno sottoposti a contribuzione nella gestione autonoma degli artigiani, che è a carico esclusivo dei singoli titolari di impresa.

Invero l’assicurazione IVS artigiani introdotta per la prima volta dalla L. 4 luglio 1959, n. 463, prevedeva, a titolo di contributo previdenziale, il pagamento di una somma in cifra fissa, ma la disciplina fu innovata dalla L. 2 agosto 1990, n. 233, (Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi) vigente nel periodo che interessa (1998/2001) ed anche attualmente, la quale determina il contributo a carico dell’artigiano (art. 1) nella misura "del 12% del reddito annuo derivante dall’attività di impresa che da titolo all’iscrizione alle gestione, dichiarato ai fini Irpef, relativo all’anno precedente". L’assicurazione IVS artigiani modula quindi la misura del contributo sulla base del reddito di impresa, e cioè della impresa artigiana individuale, e di converso determina su questo medesimo elemento la misura della pensione, che spetta, ai sensi della medesima L. n. 233 del 1990, art. 5, in misura pari, per ogni anno di iscrizione, "al 2% del reddito di impresa determinato quale risulta dalla media dei redditi relativi agli ultimi dieci anni coperti da contribuzione". Si tratta chiaramente di una disposizione antielusione, perchè l’artigiano che ha dichiarato, ai fini contributivi, un reddito inferiore a quelle effettivamente ricavato, si vedrà poi liquidare una pensione inferiore a quella che sarebbe stata denunciando i maggiori redditi effettivi.

I contributi alla gestione Inps per gli artigiani si versano dunque sul reddito di impresa, ossia della impresa individuale che l’artigiano dirige e nella quale lavora personalmente, ricavandone un reddito. L’esistenza di un reddito dell’impresa individuale è quindi il presupposto imprescindibile affinchè sorga l’obbligo contributivo da parte del singolo artigiano alla gestione dei lavoratori autonomi (di talchè colui che nessun reddito ricavi dalla sua impresa, non sarà soggetto a contributi di sorta). Inoltre, l’obbligo di pagamento dei contributi non può che gravare esclusivamente sul titolare dell’impresa artigiana, per sè e per i coadiuvanti. La misura e le modalità di pagamento dei contributi hanno proprie regole che sono diverse da quelle AGO: non vige il principio dell’automatismo dei contributi, in base al quale (nell’ambito dei termini prescrizionali) le prestazioni previdenziali spettano anche ove i contributi non siano stati versati, purchè fossero dovuti, essendo evidente che ogni omissione sarebbe direttamente riconducibile alla scelta dell’artigiano medesimo, essendo lo stesso soggetto onerato dei contributi e beneficiario delle prestazioni.

Inoltre, la gestione dei lavoratori autonomi artigiani eroga solo le prestazioni per invalidità, vecchiaia e superstiti, non già tutte le altre che vigono e fungono da garanzia per i lavoratori dipendenti, come ad esempio la assicurazione per la disoccupazione, o per i casi di insolvenza, giacchè anche l’artigiano è un imprenditore su cui grava il rischio di impresa. Ne consegue altresì che, ove l’artigiano sia percettore anche di redditi diversi da quelli ricavati dall’impresa individuale, questi non possono essere certo sottoposti a contribuzione presso la A gestione Inps per gli artigiani, ma dovranno essere soggetti al regime contributivo di pertinenza: ad es. se accanto, ed oltre all’attività di impresa, l’artigiano svolge anche attività di lavoro dipendente, le relative retribuzioni non possono essere "convogliate" nei redditi di impresa ma saranno sottoposte alla contribuzione AGO. 4. Nel secondo caso, cooperativa di lavoro, si tratta di stabilire il regime contributivo di un reddito che non è stato ricavato dalle imprese individuali, ma che appartiene alla cooperativa. I soci hanno lavorato usando mezzi e strumenti della cooperativa, sono stati soggetti alla gestione dell’attività, sia sotto l’aspetto produttivo sia sotto quello amministrativo, da parte degli organi sociali, il reddito prodotto fa capo alla cooperativa, che provvede poi a distribuirlo secondo le norme interne. Ai compensi percepiti dai soci delle cooperative di lavoro non è certamente applicabile la normativa di cui alla citata L. n. 233 del 1990 che, vale come già detto, nei casi in cui i singoli soci della cooperativa lavorano quali titolari della propria impresa artigiana: solo in questo caso il singolo socio conseguirà "il reddito di impresa", ossia il reddito della "sua" impresa, che è sottoposto a contribuzione secondo la regola dettata dalla legge cit., art. 1. Il singolo socio artigiano della cooperativa di lavoro non ritrae invece alcun reddito dalla propria impresa individuale, che resta estranea ai suoi rapporti con la cooperativa, perchè presso quest’ultima egli presta, non già l’attività imprenditoriale, solo l’attività lavorativa.

5. Nella specie non si controverte sul regime contributivo dei redditi che i singoli artigiani soci della Cooperativa ricorrente possono avere ricavato dalle rispettive imprese individuali, ma dei redditi ricavati dalla Cooperativa, in forza della propria gestione ed organizzazione, che sono stati poi distribuiti ai soci. In tal caso, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, i soci non hanno "conferito" alla cooperativa la propria impresa artigiana, ma hanno "lavorato" a vantaggio della cooperativa. Ed infatti la Cooperativa ricorrente non ha censurato la parte della sentenza impugnata che ne ha affermato l’inquadramento come cooperativa di lavoro, nè ha mai sostenuto che i singoli soci avessero lavorato nelle proprie aziende, conferendo alla cooperativa il risultato del proprio lavoro individuale, e quindi usando mezzi e strutture delle rispettive imprese artigiane singole. La ricorrente, per sottrarsi all’obbligo di pagamento dei contributi pretesi dall’Inps, ha invece sempre allegato, solamente ed esclusivamente, che i suoi soci sono a loro volta artigiani, in quanto iscritti al relativo albo. Ma la mera iscrizione dei soci all’albo, non vale ad attrarre tutti i redditi percepiti dall’artigiano nel "reddito di impresa" di cui alla cit. L. n. 233 del 1990, art. 1, perchè ciò che vale, per l’insorgenza e la misura dei contributi, è la natura del reddito percepito e su cui questi vanno commisurati. Nella specie oggetto della pretesa contributiva dell’Inps sono i redditi conseguiti dalla Cooperativa, la quale ha poi provveduto a distribuire ai soci, e che non erano prodotti dalle singole imprese individuali, e quindi per essi non può operare la L. n. 233 del 1990. Se tale è l’oggetto della causa, si comprende che è estranea al thema decidendum la correttezza o meno della iscrizione del singolo socio nell’albo delle imprese artigiane, di cui si tratta con il quarto motivo: il socio artigiano può ben esplicarsi come imprenditore all’interno del suo esercizio, ma ciò non toglie che quando, accanto a questa attività, presta le sue energie lavorativa per la cooperativa, altro deve essere il regime previdenziale da applicare sui compensi che da questa riceve.

6. Se le caratteristiche della gestione previdenziale artigiani sono quelle descritte al precedente punto 3., si dovrebbe concludere che il reddito del socio, che compensa l’attività resa alla cooperativa di lavoro, non dovrebbe essere assoggettato ad alcuna contribuzione:

non a quella della gestione artigiani per le ragioni sopra illustrate e neppure a quella dei lavoratori dipendenti, trattandosi appunto di soci non legati dal vincolo di subordinazione. Ne conseguirebbe la mancanza di ogni copertura assicurativa in capo ai soci di cooperativa di lavoro. Ma così non è alla luce del diritto positivo.

In primo luogo con il R.D.L. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 2, si è stabilito che "Le società cooperative sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da essa assunti".

Questa disposizione (ritenuta dalla sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 13967 del 26 luglio 2004, come fondamento per l’obbligo della cooperativa di versare la contribuzione, senza possibilità di distinguere tra lavori assunti dalla IS società per conto terzi e lavori rientranti nello scopo mutualistico), sia pure risalente ad epoca remota, risulta tuttora in vigore e non è certo stata abrogata dalla introduzione dell’assicurazione dei lavoratori autonomi artigiani, che si pone sul piano diverso che sopra si è illustrato. La perdurante vigenza è confermata da una pluralità di disposizioni, che hanno progressivamente esteso ai soci delle cooperative di lavoro norme originariamente volte a tutelare esclusivamente i lavoratori subordinati, di talchè detta estensione presuppone necessariamente la iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti (AGO), anche dei soci di cooperative di lavoro.

La tendenziale equiparazione, ai fini di queste garanzie, tra le due figure si giustifica per il fatto di condividere due elementi fondamentali: la "alienità" (nel senso di destinazione ad altri) del risultato per il cui conseguimento la prestazione di lavoro è utilizzata (il bene prodotto appartiene alla cooperativa, avente personalità distinta da quella dei soci, ancorchè costoro partecipino poi alla divisione degli utili), l’alienità dell’organizzazione produttiva in cui la prestazione si inserisce, giacchè i criteri di gestione fanno capo agli organi della cooperativa.

Detta equiparazione risulta confermata dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 6, comma 7, che ridisegnando la struttura della retribuzione imponibile e che, innovando la previgente regolamentazione ad opera della L. n. 153 del 1969, art. 12, prevede che la base imponibile per le contribuzione dei soci di cooperative di lavoro è uguale a quella dei lavoratori dipendenti.

Inoltre (L. 24 giugno 1997, n. 196, art. 24 commi l, 2, e 4) sono state estese ai soci delle cooperative di lavoro sia le disposizioni sul Fondo di garanzia Inps sul trattamento di fine rapporto (L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2) e sulle ultime tre mensilità di retribuzione in caso di insolvenza del datore di lavoro di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80), sia l’assicurazione per la disoccupazione. Le suddette prestazioni e garanzie presuppongono ovviamente una provvista contributiva, ossia, per ottenerle, è necessario versare la corrispondente contribuzione; ebbene, la gestione dei lavoratori autonomi artigiani di cui alla citata L. n. 233 del 1990, non contempla, e non può contemplare nessun obbligo al riguardo: sarebbe incongruo ipotizzare l’obbligo contributivo a carico dell’artigiano, che gestisce autonomamente la sua impresa, per garantirsi dalla disoccupazione, ovvero dall’insolvenza di se stesso.

Si tratta invece di obblighi contributivi che presuppongono la diversità tra soggetto obbligato al pagamento dei contributi e soggetto beneficiario (il soggetto obbligato è la cooperativa di lavoro ed i beneficiari sono i suoi soci) così riconfermando che la gestione di appartenenza è quella generale dei lavoratori dipendenti.

Si deve quindi concludere, condividendo il secondo dei due indirizzi giurisprudenziali sopra citati, che i compensi erogati ai soci delle cooperative di lavoro devono essere sottoposti alla contribuzione AGO, anche se i medesimi sono iscritti all’albo delle imprese artigiane, fermo restando che se costoro svolgano in proprio, anche ed in aggiunta, prestazioni di lavoro autonomo come imprenditori artigiani, ricavando un reddito di impresa, questo va sottoposto a contribuzione presso la gestione dei lavoratori autonomi, ai sensi della L. n. 233 del 1990. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate …, per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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