Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-06-2011) 26-07-2011, n. 29863 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18 marzo 2010 la Corte d’appello di Reggio Calabria, seconda sezione penale, decidendo quale Giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da V. S., volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 cod. proc. pen. tra:

– il reato su b) di cui alla sentenza della Corte d’appello di Milano del 14 novembre 2006 (irrevocabile il 12 giugno 2008), che aveva condannato l’istante alla pena di anni quattordici di reclusione ed euro sessantamila di multa per il reato di cui all’art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, e art. 80, comma 2, commesso in (OMISSIS) (sub b), e per il reato di cui agli artt. 110 e 378 cod. pen., commesso in (OMISSIS) nel (OMISSIS) (sub f);

– i reati di cui alla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 25 maggio 2007 (irrevocabile il 23 ottobre 2009), che aveva condannato il predetto alla pena di anni tredici di reclusione ed euro dodicimila di multa per i seguenti reati unificati sotto il vincolo della continuazione:

– reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3, commesso in (OMISSIS), data della richiesta di misura cautelare e dell’arresto (sub a);

ò reato di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso in (OMISSIS) (sub c);

– reato di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso in (OMISSIS) (sub d);

– reato di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 2, commesso in (OMISSIS) (sub e);

– reato di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso in (OMISSIS) (sub f);

1.1. Secondo la Corte non erano ravvisabili elementi per ritenere i reati indicati in istanza avvinti dal vicolo della continuazione per la non rilevabilità della "indefettibile unicità del disegno criminoso".

In particolare:

– l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, in relazione alla quale il V. era stato riconosciuto colpevole con il ruolo di avere cooperato all’attività di importazione, aveva come scopo plurime importazioni, dal (OMISSIS) a (OMISSIS), di sostanza stupefacente del tipo cocaina, che arrivava all’aeroporto di (OMISSIS) o alla stazione ferroviaria di (OMISSIS), e aveva operato dal (OMISSIS);

– i reati di cui ai capi c), d), e), f) erano stati già unificati per continuazione al detto reato associativo, del quale costituivano reati-fine, con la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 25 maggio 2007;

– il reato di detenzione a fini di cessione a terzi di kg. 17,021 di cocaina in appartamento di (OMISSIS) (commesso il (OMISSIS)), giudicato dalla Corte d’appello di Milano con sentenza del 14 novembre 2006, non era riconducibile a unico disegno criminoso con i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, giudicati dalla Corte d’appello di Reggio Calabria;

– il predetto reato non poteva considerarsi reato-fine dell’associazione, tenuto conto della cesura temporale (due anni) con le precedenti condotte contestate ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, del ruolo svolto dal V. nella compagine associativa, della mancanza di contatti per il detto reato con i precedenti sodali e con i corrieri della droga, della commissione di detto reato in concorso con soggetto estraneo alle precedenti condotte illecite, delle diverse modalità della condotta e della ignota provenienza della sostanza stupefacente (non superabile con congetture o presunzioni), senza che rilevassero l’identità del tipo di sostanza e l’identità della base operativa in (OMISSIS).

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, V.S., che ne chiede l’annullamento, sulla base di unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b), c) ed e), violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. e art. 81 cod. pen. e carenza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento all’omesso riconoscimento della disciplina del reato continuato.

Secondo il ricorrente, la Corte, dopo aver correttamente richiamato il principio di diritto che deve presiedere al riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, non ne ha fatto corretta applicazione tenuto conto della sussistenza di una serie di significativi indici esteriori, evidenziati in istanza:

– collocazione dell’episodio di detenzione della sostanza stupefacente, commesso a (OMISSIS), nell’arco temporale (dal 2001 al 2005) in cui esso ricorrente aveva operato anche come abituale acquirente nell’ambito del sodalizio finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti;

– identità del tipo di sostanza stupefacente trattata;

– identità del luogo ((OMISSIS)), ove convergeva dall’estero la cocaina importata per essere smerciata, e sua coincidenza con il luogo in cui era stata rinvenuta la cocaina in suo possesso;

– ruolo attribuito a esso ricorrente nell’ambito del contesto associativo, quale collaboratore alle operazioni d’importazione e acquirente in proprio di parte della sostanza stupefacente, poi smerciata ai clienti in (OMISSIS);

– verosimile identità della provenienza della sostanza stupefacente;

– irrilevanza della valutabilità della detenzione della sostanza stupefacente, accertata il 22 dicembre 2004, come reato fine dell’associazione;

– irrilevanza della cesura temporale tra i fatti per essere stato commesso il fatto, accertato nel procedimento milanese, nell’arco temporale di operatività del sodalizio.

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso per essere le doglianze censure in punto di fatto in ordine alla insussistenza della unicità del disegno criminoso, che l’ordinanza ha escluso con motivazione "accurata, diffusa e convincente".

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dall’art. 81 cod. pen..

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la continuazione presuppone l’anticipata e unitaria fdeazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, e tale situazione è ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità, quale quello tipico dell’associazione per delinquere (tra le altre, Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv. 248862; Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009, dep. 17/12/2009, Maniero, Rv. 245472;

Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, Di Maria, Rv.

243632; Sez. 1, n. 35797 del 12/05/2006, dep. 25/10/2006, Francini, Rv. 234980; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004, dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052; Sez. 1, n. 3834 del 15/11/2000, dep. 31/01/2001, Barresi, Rv. 218397).

La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate – poichè attiene alla "inesplorabile interiorità psichica" del soggetto, deve essere ricavata di regola da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte tenute.

Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso, vengono in considerazione la tipologia dei reati, il bene protetto, le condotte poste a fondamento delle diverse condanne, le loro modalità di commissione, la causale delle violazioni, la loro omogeneità, il contesto spazio-temporale in cui esse si collocano, e anche attraverso la constatazione dell’esistenza di alcuni soltanto di essi – purchè idonei a consentire il riconoscimento o il diniego del vincolo di continuazione – il giudice deve accertare se sussiste o meno la preordinazione di fondo che cementa, come facenti parte di un tutto unico, le singole violazioni (tra le altre, Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 1, n. 1587 del 01/03/2000, dep. 20/04/2000, D’Onofrio, Rv. 215937).

3. La Corte d’appello, nel caso di specie, ha correttamente interpretato il parametro normativo di cui all’art. 81 c.p., comma 2, e con motivazione logicamente articolata ha fatto esatta applicazione dei suddetti principi, pienamente condivisi da questo Collegio, evidenziando l’iter logico seguito per escludere, nel caso concreto, l’unitarietà del disegno criminoso tra i reati, separatamente oggetto di contestazione e separatamente giudicati con la sentenza della Corte d’appello di Milano del 14 novembre 2006 e con la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 25 maggio 2007.

La valutazione del giudice di merito è ragionevole, in quanto condotta e argomentata sulla scorta di precisi richiami alle motivazioni delle sentenze e alle specifiche condotte contestate in rapporto all’individuato sodalizio criminoso, e la sussistenza di un’unica originaria ideazione criminosa è stata esclusa in ragione di plurimi dati, coerenti rispetto alle risultanze dei provvedimenti esaminati e congrui rispetto alla ratio dell’istituto della continuazione.

3.1. Con motivazione ineccepibile anche sul piano logico, il Giudice dell’esecuzione ha, infatti, evidenziato che la violazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commessa in (OMISSIS) e giudicata nel processo definito con la sentenza del 14 novembre 2006 della Corte d’appello di Milano, aveva riguardato la detenzione, al fine della cessione a terzi, di kg. 17,021 di cocaina in appartamento, e che tale condotta non era riconducibile al sodalizio finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti, al quale il V. era risultato partecipe, all’esito del processo definito con la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 25 maggio 2007, e al quale erano riconducibili anche specifiche violazioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, giudicate con la stessa ultima sentenza e unificate per continuazione al reato associativo.

Il Giudice dell’esecuzione è pervenuto alla indicata conclusione rappresentando specifiche emergenze delle sentenze esaminate, connesse alla cesura temporale della condotta, contestata ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, come commessa il (OMISSIS), rispetto alle precedenti violazioni della stessa norma già giudicate come reati-fine dell’associazione; all’accertato ruolo svolto dal V. nel sodalizio e alla mancanza di contatti accertati con i precedenti sodali e di implicazioni con i corrieri della droga, costituenti antefatto della detenzione illecita del 2004; alla commissione di detto reato in concorso con soggetto estraneo alle precedenti condotte illecite; alle diverse modalità della condotta e alla ignota provenienza della sostanza stupefacente.

3.2. Le conclusioni che sono state tratte, con l’ordinanza impugnata, in merito alla mancanza di prova della previsione da parte del V., già alla data della costituzione del vincolo associativo, della detenzione della cocaina rinvenuta nell’appartamento di (OMISSIS) e alla piena autonomia delle condotte sia nell’esecuzione che nella genesi, e in merito alla irrilevanza della identità del tipo di sostanza stupefacente e del dato geografico della identità del luogo delle azioni illecite del predetto, resistono alle censure mosse con il ricorso.

Si tratta di obiezioni, che pur ampiamente argomentate, sono rivolte a prospettare un’alternativa interpretazione delle risultanze processuali e una diversa valutazione della loro rilevanza, risolvendosi in censure in punto di fatto, non consentite nel giudizio di legittimità, e nella proposta di una lettura parziale dei principi di diritto costantemente affermati, e qui ribaditi, alla stregua dei quali l’unitarietà del disegno criminoso non è identificabile con un generico programma delinquenziale, quale quello che caratterizza il reato associativo, presupponendo l’esistenza di un unitario programma criminale e la sua rapportabilità a una iniziale deliberazione che comprenda le condotte come effettivamente previste, sia pure senza riguardo ai dettagli operativi.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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