Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 26-07-2011, n. 29906

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.L., nato a (OMISSIS), era imputato, nella qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione e rappresentante della Casa di Riposo "Casa Nostra" di (OMISSIS), di aver utilizzato la somministrazione del lavoro di C.C. e F.A. da parte della Cooperativa Sociale "Stella a r.l.", corrente in (OMISSIS) con lo specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge e di contratto collettivo applicabili alle predette lavoratrici, in particolare simulando un contratto di appalto con lo predetta cooperativa in realtà finalizzato ad una mero somministrazione di manodopera senza le garanzie proprie del lavoro subordinato e in conseguenti condizioni di sfruttamento delle persone sopra indicate, protrattosi per giorni 159 quanto alla lavoratrice C.C. (dal (OMISSIS)) e per giorni 9 quanto alla lavoratrice F.A. (dal (OMISSIS)) (in (OMISSIS), nelle date sopra indicate).

Accogliendo lo richiesta del P.M., in data 19/6/07 il GIP del Tribunale di Cuneo emetteva nei confronti del B. decreto penale di condanna alla pena di Euro 3.000 di ammenda per il reato di cui alla rubrica.

Avverso detto decreto proponeva tempestiva e rituale opposizione il B. e chiedeva il giudizio abbreviato.

Il tribunale di Cuneo, con sentenza del 30 novembre 2007, dichiarava il B. colpevole del reato ascrittogli e, concesse le attenuanti generiche nonchè operata la diminuente del rito, lo condannava alla pena di Euro 3.000 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

Osservava il tribunale che. nel corso di un’ispezione condotta dal Servizio Ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro di Cuneo nei confronti della "Casa di Riposo CASA NOSTRA" di (OMISSIS) riguardante il periodo 1/1/05 – 10/8/06, si appurava che lo Casa di Riposo aveva stipulato con lo "Cooperativa Sociale Stella a r.l." nonchè con lo "Cooperativa Sociale L’Essere II a r.l." un contratto per lo fornitura di servizi socio-assistenziali ed un contratto per lo fornitura del servizio mensa e per lo pulizia. In merito al primo di tali contratti, gli ispettori rilevavano che le socie lavoratrici della coop. lavoravano insieme alle dipendenti della Casa di Riposo ed erano inserite nell’organizzazione aziendale della stessa.

Ulteriori accertamenti – e precisamente l’audizione dei soggetti interessati – consentivano poi di appurare che le socie lavoratrici dovevano rispettare i medesimi orari di lavoro delle dipendenti, che le loro mansioni erano state individuate dal personale della Casa di Riposo e che il lavoro svolto era identico a quello del personale dipendente, oltre che svolto in totale promiscuità con esso.

In particolare osservava poi il tribunale che, a mente del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 28, se lo somministrazione di lavoro è posta in essere con lo finalità di eludere norme inderogabili di legge o del contratto collettivo, somministratore ed utilizzatore sono puniti con l’ammenda di Euro 20 per ciascun lavoratore e per ciascuna giornata di lavoro. Dalle risultanze processuali si evincevano in sintesi, i seguenti elementi: identità di mansioni tra le dipendenti e le socie- lavoratrici, insussistente autonomia di queste ultime, obbligo di rispettare orari e turni fissati dalla casa di riposo, intercambiabilità delle mansioni, assenza di preposti della cooperativa sul cantiere di lavoro, sottomissione al potere direttivo della direzione della casa di riposo.

Sussisteva quindi secondo il tribunale anche la fattispecie di cui all’art. 28 cit..

2. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso il ricorrente deduce di essersi avvalso dell’ammissione al pagamento in sede amministrativa per l’infrazione al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18, comma 2. Invece non versava alcunchè in riferimento alla violazione dell’art. 28 sicchè residuava soltanto questa contravvenzione. Secondo il ricorrente però non ne sussistevano i presupposti perchè l’art. 28 parla di somministrazione fraudolenta laddove nella fattispecie era ravvisabile l’ipotesi dell’appalto irregolare e comunque mancava l’elemento della frode.

In ogni caso la pena inflitta superava il massimo prevista dall’art. 28 che è da quantificare invece nella metà: ossia Euro 20 per 168 giornate e quindi in Euro 3360 da diminuirsi per le attenuanti generiche e il rito a Euro 1500. 2. Il ricorso è infondato.

In ricorrente ha svolto un’argomentazione difensiva astratta perchè non risulta aver fornito la prova documentale della definizione in via amministrativa in riferimento alla fattispecie di cui all’art. 18, comma 2, sicchè sarebbe residuata soltanto la contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 28.

Il tribunale con motivazione sufficiente e non contraddittoria ha ritenuto sussistenti i presupposti in fatto della condotta di somministrazione illecita, ed ha considerato che la pena fissata dall’articolo 28 era di Euro 40 per ogni giornata lavorativa e ciò portava – tenendo conto delle concesse attenuanti generiche e della diminuente del rito – a una pena corrispondente esattamente a quella irrogata.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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