Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 26-07-2011, n. 29904Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il G.u.p. presso il Tribunale di Vigevano con sentenza n 157/09 condannava K.H. alla pena di anni sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, perchè ritenuto responsabile delle imputazioni, di cui ai seguenti capi: a) del reato di cui all’art. 572 c.p., perchè malmenandola frequentemente con schiaffi, calci e pugni, ingiuriandola e minacciandola costantemente con frasi del tipo "ti ammazzo, te la faccio pagare, ti brucio, puttana, bastarda, pezzi di merda, famiglia di merda, sei una stronza", nonchè attraverso le condotte e cagionandole le lesioni descritte ai capi che seguono, maltrattava la convivente S.S. (in (OMISSIS) e permanente almeno sino al (OMISSIS)); b) del reato di cui agli artt. 582 e 585 in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, perchè percuotendola con calci e schiaffi, stringendole le mani al collo, cagionava a S.S. lesioni personali (consistite in contusioni multiple al volto, alla schiena, alle braccia, emitorace destro e sinistro, da cui risulta frattura composta 6^ e 7^ costa a sinistra, agli arti inferiori, all’addome) dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in giorni 21, con l’aggravante di aver commesso il fatto allo scopo di commettere il reato di cui al capo (in (OMISSIS)); c) del reato di cui agli artt. 582 e 588 in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, perchè percuotendola cagionava a S.S. lesioni personali consistite in abrasioni al collo e alla regione dorsale dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in giorni 7, con l’aggravante di aver commesso il fatto allo scopo di commettere il reato di cui al capo a) (in (OMISSIS)); d) del reato di cui agli artt. 582 e 588 in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, perchè percuotendola con schiaffi al volto, al collo ed al corpo, cagionava a S.S. lesioni personali consistite in ecchimosi alle braccia e anca sinistra, cervicalgia e dolore addominale dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in giorni 7, con l’aggravante di aver commesso il fatto allo scopo di commettere il reato di cui al capo a) (in (OMISSIS)); e) del reato di cui all’art. 609 bis c.p. perchè, al rifiuto di S.S. ad avere un rapporto sessuale con lui, percuotendola con schiaffi al volto e dicendole "fai schifo, non vali nulla come donna, non mi dai quello che voglio", costringeva mediante violenza la stessa S.S. a subire un rapporto sessuale (in (OMISSIS) nella notte tra il (OMISSIS)); J) del reato di cui all’art. 582-588 in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, perchè percuotendola cagionava a S.S. lesioni personali consistite in policontusioni dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in giorni 5, con l’aggravante di aver commesso il fatto allo scopo di commettere il reato di cui al capo a).

2. Con atto d’appello in data 04.01.2010 la difesa di K.H., impugnava la sentenza di primo grado, lamentando due distinti motivi di doglianza: il primo avente ad oggetto la mancata derubricazione del reato di cui al capo e) nel reato di lesioni lievi, essendo emersa a seguito dell’audizione della parte lesa, la diversa natura dell’episodio del (OMISSIS), che presentando i connotati di un litigio, pur nella sua gravità non si distingueva dai restanti episodi, di cui al medesimo procedimento; il secondo avente ad oggetto l’entità del trattamento sanzionatone inflitto dal Tribunale a K.H., irrogato ben oltre i minimi edittali, ritenendo in particolare non condivisibile il mancato riconoscimento dell’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

La Corte d’appello di Milano con sentenza del 18.11.2010 rigettava l’appello.

La Corte ripercorreva le valutazioni di merito del primo giudice confermando la ritenuta piena attendibilità della narrazione della parte offesa.

Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte riteneva condivisibile la valutazione in proposito operata dal giudice di primo grado, che non aveva riconosciuto al K. la diminuente della lievità di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis c.p., irrogando però per il reato più grave di cui al capo e) – la violenza sessuale – la pena contenuta al minimo.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con tre motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce che nella specie difettano gli elementi costitutivi della violenza sessuale mancando da un lato la coartazione della volontà della S. e dall’altro l’estrinsecazione verso l’esterno dell’eventuale intimo rifiuto al rapporto con conseguente carenza dell’elemento soggettivo del reato. Pone in evidenza che nel corso dell’incidente probatorio la parte offesa avveniva espressamente escluso di aver subito una violenza da quello che era il suo compagno di vita e padre di tre figli.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di travisamento del fatto sussistendo contrasto tra le argomentazioni del contesto motivazionale della sentenza impugnata e gli atti processuali costituiti dalle risultanze delle incidente probatorio che aveva visto la parte offesa escludere la violenza sessuale contestata.

Con il terzo motivo il ricorrente si duole della mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 609 bis c.p..

Deduce che nella specie,, sussistendo un rapporto di convivenza more uxorio e una relazione affettiva tra le parti, se davvero violenza sessuale vi fu, il danno subito dalla vittima fu oggettivamente di lieve entità. 2. Il primo ed il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi e che denunciano un vizio di travisamento del fatto risultante dalla lettura degli atti processuali, sono infondati.

Osserva la difesa dell’imputato che dall’incidente probatorio del 9 ottobre 2009 risulta che la parte offesa ha affermato in generale "sono cinque anni che sono insieme a lui e non mi ha mai violentato, questo lo giuro". A questa affermazione di carattere generale si è aggiunta poi un’affermazione specifica con riferimento all’episodio del 23-24 ottobre del 2008: alla domanda se si fosse trattato di un rapporto sessuale consenziente la parte offesa ha risposto "… abbiamo litigato e poi è nato il rapporto, cioè anch’io l’ho voluto". A ulteriore domanda a chiarimento del gip che le ha chiesto di precisare se anche lei avesse voluto il rapporto, la parte offesa ha inequivocabilmente risposto in termini affermativi.

Anche ad una domanda specifica del pubblico ministero la parte offesa rispondeva "l’abbiamo voluto entrambi". Solo in risposta a una ulteriore domanda del g.i.p. la parte offesa dichiarava "per non andare oltre avevo un rapporto".

In tal modo però la difesa dell’imputato ha isolato solo alcuni frammenti delle risultanze dell’incidente probatorio senza considerare questo nel suo complesso ed inoltre senza inquadrarlo nel contesto della condotta di sopraffazione dell’imputato e senza confrontarlo con le originarie dichiarazioni della parte offesa in sede di presentazione della denuncia-querela utilizzabili in sede di giudizio abbreviato.

Al di là del comprensibile tentativo della parte offesa di alleggerire la posizione dell’imputato senza però smentire gli abusi denunciati, comprensivi dell’episodio di violenza sessuale del (OMISSIS), c’è essenzialmente che i giudici di merito – e segnatamente la corte distrettuale – hanno operato una complessiva valutazione di merito tenendo conto di tutti gli elementi suddetti (cfr. in proposito Cass., sez. 3^, 3 ottobre 2006 – 21 novembre 2006, n. 38109, che ha affermato che nei procedimenti relativi ai reati di violenza sessuale anche il riavvicinamento o la riappacificazione della persona offesa e dell’imputato possono costituire un "elemento concreto" idoneo ai sensi dell’art. 500 c.p.p., comma 4, ad incidere sulla genuinità della deposizione testimoniale della persona offesa nel senso che questa, non potendo rimettere la querela, essendo la stessa irrevocabile, potrebbe essere indotta a circoscrivere, limitare o revocare le dichiarazioni accusatorie in precedenza rese).

In particolare ha ritenuto la Corte distrettuale che il giudice di prime cure avesse correttamente valutato la portata delle dichiarazioni accusatorie rese nel corso del giudizio dalla parte lesa, con riferimento anche all’episodio di violenza sessuale avvenuto nella notte tra il (OMISSIS). Infatti la piena prova dell’illiceità del comportamento dell’imputato nei confronti della sig.ra S., è costituita dalle dichiarazioni di costei, nonostante il tentativo di ridimensionare il fatto. Secondo la Corte distrettuale emergeva con chiarezza che il rapporto sessuale subito nella notte del (OMISSIS) era stato preceduto e seguito da un’aggressione fisica e verbale. Pertanto, il contesto di violenza anteriore e posteriore al rapporto sessuale e la sua stessa motivazione, ossia il rifiuto iniziale della donna al rapporto e la successiva brutalità della spiegazione dei motivi del rifiuto, escludono tanto la libera determinazione della S., che accondiscese alla congiunzione carnale solo per evitare conseguenze peggiori, quanto ogni possibile fraintendimento da parte dell’imputato circa la spontaneità del consenso della compagna al rapporto, tanto da chiedere, con la forza e subito dopo il coito, la ragione del motivo del rifiuto. Infatti – osserva la Corte distrettuale – è certamente da escludere il consenso ogni qualvolta la richiesta di rapporti sessuali da insistente e magari petulante si trasformi in vera e propria violenta imposizione, tale cioè da non lasciare spazio alcuno alla libertà sessuale del partner, che con la forza morale o materiale è obbligato al rapporto, cui non può sottrarsi.

Nella specie nella sia pur ridimensionata narrazione della S. era comunque rimasto fermo il nucleo centrale di sopraffazione e costrizione della subita violenza sessuale.

3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile: la corte d’appello – al pari del giudice di primo grado – con valutazione tipicamente di merito ha escluso la configurabiltià del caso di lieve entità.

In tema di reati sessuali, la circostanza attenuante prevista dall’art. 609 bis c.p., comma 3, per i casi di minore gravità è applicabile solo quando, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione, si possa ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera lieve;

a tal fine il fatto deve essere valutato globalmente ed assumono rilievo le modalità della condotta criminosa, quali il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psichiche della stessa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, l’entità della lesione alla libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima, anche sotto il profilo psichico;

circostanze queste che nella specie sono state valutate dai giudici di merito.

4. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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