Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 26-07-2011, n. 29894

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20 aprile 2010, la Corte d’Appello di Caltanissetta riformava la sentenza in data 9 giugno 2009 del Tribunale di Enna appellata dal Procuratore generale della Repubblica e da A. A. e, per l’effetto, assolveva il predetto per insussistenza del fatto dal reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, concretatosi nel deposito incontrollato di rifiuti, anche pericolosi, consistenti in varie tonnellate di terra da scavo, varie tonnellate di rifiuti da demolizione, vario materiale in plastica e legno, vario materiale in metallo e due carcasse di autovetture, fatto per il quale era stato condannato in primo grado.

Avverso tale decisione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione in quanto la decisione, pur enumerando una serie di dati fattuali chiaramente indicativi della correttezza della tesi accusatoria, era pervenuta all’assoluzione dell’imputato.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva violazione di legge, in quanto le testimonianze rese da due tra i testimoni escussi non potevano essere utilizzate trattandosi di soggetti che, ai sensi dell’art. 198 c.p.p., non erano obbligati a deporre su fatti rispetto ai quali poteva emergere una personale responsabilità penale e che non erano tenuti a rispondere se non previo avviso e con le garanzie di cui all’art. 63 c.p.p..

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

A.A. faceva pervenire memorie con le quali deduceva l’inammissibilità del ricorso e l’intervenuta prescrizione del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente osservare che, come emerge dalla imputazione, i fatti contestati attengono ad un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

E’ dunque erroneo il riferimento al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, vigente all’epoca dei fatti, in quanto la condotta menzionata è contemplata dal comma 2della medesima disposizione, prevedendo peraltro la stessa pena.

Ciò posto, va rilevato come effettivamente la sentenza impugnata presenti profili di evidente contraddittorietà in quanto, pur dando atto della sussistenza dei fatti descritti nell’imputazione e, segnatamente, della presenza in loco della quantità e tipologia dei rifiuti indicati nell’imputazione nonchè delle modalità di rinvenimento dei rifiuti, sottolineando la "… eterogeneità degli scarti, buttati alla rinfusa come se in realtà fossero stati abbandonati", perveniva poi alla conclusione, seppure espressa con formula dubitativa, che detti rifiuti potessero essere destinati ad un successivo riutilizzo, richiamando, sebbene con termini impropri ("raccolta temporanea"), le disposizioni in tema di deposito temporaneo e localizzando l’attenzione su due autovetture e due lastre di eternit rinvenute nel cumulo di rifiuti.

L’istituto del deposito temporaneo era disciplinato, all’epoca dei fatti, dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, lett. m), che ne forniva la definizione, indicando determinati adempimenti riguardanti la qualità e la quantità dei rifiuti nonchè la durata del deposito, rispettati i quali si era esentati da ogni obbligo di formalità (art. 28), fatta eccezione per gli adempimenti in tema di registro di carico e scarico dei rifiuti di cui all’art. 12 e per il divieto di miscelazione di cui all’art. 9.

Il menzionato art. 6 così descriveva il deposito temporaneo: "il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 ppm nè policlorobifenile, policlorotrifenili in quantità superiore a 25 ppm;

2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi nell’anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori;

3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 20 metri cubi nell’anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori;

4) il deposito temporaneo deve essere effettuato per tipi omogenei e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonchè, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

5) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti pericolosi".

La giurisprudenza di questa Corte aveva precisato, con riferimento alla richiamata disposizione, che il deposito temporaneo era legittimo soltanto nel caso in cui fossero rispettate le condizioni previste dalla legge relativamente alla temporaneità, alla quantità e alla qualità dei rifiuti poichè, in difetto, l’attività sarebbe rientrata in quella di deposito incontrollato o gestione illecita, penalmente sanzionatale (cfr. Sez. 3^ n. 1136, 19 giugno 2000; Sez. 3^ n.38879, 24 settembre 2004) e che il carattere eccezionale dell’istituto in esame imponeva al giudice la verifica, con il massimo rigore, della sussistenza delle condizioni di legge.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte appare di tutta evidenza come la Corte territoriale non abbia tenuto conto che, dalla semplice descrizione delle modalità di accumulo dei rifiuti e dal loro quantitativo, doveva ritenersi evidente la mancanza di almeno due tra le condizioni inderogabili previste per la legittimità del deposito temporaneo e, segnatamente, il requisito quantitativo e temporale e quello inerente la suddivisione dei rifiuti per tipi omogenei nel rispetto delle norme tecniche.

Inoltre, prevedendo il menzionato art. 6 una disciplina di favore derogatoria rispetto a quella generale in tema di rifiuti, era onere dell’imputato che ne invocava l’applicazione fornire la prova della sussistenza di tutti i presupposti di legge.

Per quanto riguarda, invece, la questione prospettata nel secondo motivo di ricorso, valuterà il giudice del rinvio la ammissibilità e la rilevanza o meno delle dichiarazioni rese dai testimoni escussi.

Va altresì aggiunto che, contrariamente a quanto indicato nella memoria depositata dalla difesa dell’ A., il reato non risulta ancora prescritto, in quanto, tenuto conto delle interruzioni (dal 6/7 al 18/12/2007 e dal 27/1 al 9/6/2007) il termine massimo è quello del 25 giugno 2011, non ancora spirato.

Il ricorso deve pertanto essere accolto con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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