Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 26-07-2011, n. 29892 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 7 ottobre 2008, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale di Avellino emessa il 6 luglio 2007 e con la quale Q.M. era stato condannato per il reato di cui agli art. 81 cpv. c.p. e L. n. 633 del 194,1 art. 171 bis, comma 1.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Deduceva, in via preliminare, la violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), in quanto la Corte territoriale aveva ritenuto valide, così come il primo giudice, la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini e del successivo decreto di citazione a giudizio al solo Avv. Pagliarulo, pur risultando dagli atti la nomina di altro difensore di fiducia.

Osservava, inoltre, che era del tutto immotivata la decisione della Corte d’Appello di non procedere, come richiesto, alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, giustificata dalla carente motivazione del giudice di prime cure, il quale aveva ritenuto non provata la circostanza che i supporti abusivamente duplicati erano utilizzati solo per scopo dimostrativo.

Lamentava, inoltre, che la decisione della Corte territoriale si palesava del tutto priva di motivazione, non avendo i giudici indicato le ragioni di fatto e di diritto poste a sostegno della pronuncia affermativa di penale responsabilità, in particolar modo per quanto riguardava la commercializzazione dei supporti e l’elemento psicologico del reato.

Aggiungeva che la Corte territoriale non aveva tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia, dalla quale doveva ricavarsi la irrilevanza penale della condotta ascrittagli nè, tantomeno, aveva motivato in ordine alle doglianze mosse circa l’eccessività della pena.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Occorre premettere che la Corte territoriale ha dato chiaramente atto della circostanza che l’appello era fondato sulle medesime censure sollevate innanzi al giudice di prime cure e da questi puntualmente respinte.

Considerando l’assenza di elementi di novità nell’atto di appello, legittimamente i giudici del gravame richiamavano per relationem la sentenza impugnata.

Quanto alla eccepita violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), la Corte d’Appello ha osservato che la stessa era stata puntualmente respinta dal primo giudice (e, a tale proposito, richiamava la relativa ordinanza) sul presupposto che non risultava in alcun modo provata la nomina di altro difensore di fiducia.

Nulla aggiunge il ricorrente in questa sede di legittimità, limitandosi ad un generico richiamo all’eccezione sollevata senza fornire alcuna indicazione ulteriore circa la nomina del secondo difensore fiduciario.

Il richiamo alla decisione del primo giudice ed alla esaustività delle argomentazioni da questi prospettate giustificava ampiamente il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che l’art. 603 c.p.p. consente solo nel caso in cui il giudice dell’appello ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, trattandosi di un’evenienza del tutto eccezionale poichè deve superare la presunzione di completezza dell’indagine probatoria del giudizio di primo grado, alla quale il giudice può ricorrere solo quando a ritenga necessaria ai fini della decisione (così Sez. 3^ n. 24294, 25 giugno 2010).

La legittima condivisione della decisione di primo grado e la sostanziale ripetizione delle deduzioni difensive rendeva inoltre superflua ogni ulteriore considerazione, da parte della Corte d’Appello, sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato, mentre la quantificazione della pena veniva ritenuta corretta in ragione del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della gravità del fatto ascritto.

Anche in questo caso va osservato che le doglianze mosse nel ricorso alla decisione impugnata sono connotate da una diffusa genericità o dalla natura meramente assertiva.

Del tutto inconferente appare, infine, il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte e della Corte di giustizia, atteso che come risulta dalla decisione di primo grado richiamata dalla Corte territoriale, l’affermazione di penale responsabilità del ricorrente non è avvenuta con riferimento esclusivo alla mancanza del contrassegno SIAE, bensì sulla scorta di ulteriori e determinanti dati fattuali acquisiti nel corso dell’istruzione dibattimentale e, segnatamente, la presenza dei supporti abusivamente duplicati all’interno dell’esercizio commerciale, l’assenza di supporti originali, il numero dei supporti duplicati e la disponibilità di apparecchiature per la duplicazione.

Sulla scorta di tali risultanze i giudici di merito hanno correttamente escluso l’attendibilità della tesi difensiva secondo la quale il materiale era detenuto a solo scopo dimostrativo.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1.000,00 tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità". (Corte Cost. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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