Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2011) 26-07-2011, n. 29883 Cause di non punibilità, di improcedibilità, di estinzione del reato o della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza emessa il 14/09/010, in parziale riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Oristano in data 24/06/08 – appellata da A.L. ed emessa nei confronti del predetto A. e di S.M., imputati dei reati di cui agli artt. 56, 609 bis, 609 ter, 609 septies c.p., comma 2 n. 3, (come loro rispettivamente contestati) in ordine ai quali A. L. veniva condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione in relazione agli episodi di violenza sessuale, come contestati ai capi B) e C) della rubrica; mentre veniva emessa declaratoria di improcedibilità nei confronti di S.M. in riferimento ai reati contestatigli, per mancanza di querela – dichiarava S.M. colpevole dei reati ascrittigli e lo condannava alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, pena sospesa e non menzione; con condanna anche al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile; confermava nel resto.

A.L. e S.M. proponevano distinti ricorsi per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e). In particolare la difesa di A.L. esponeva:

1. che era illegittima l’acquisizione da parte del PM degli atti di indagine difensiva, di cui andava affermata l’inutilizzabilità;

2. che, stante la mancanza di querela, l’azione penale era improcedibile, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di procedibilità di ufficio, ex art. 609 septies c.p., n. 3 e 4;

3. che vi era contrasto tra il dispositivo e la motivazione della sentenza di 1 grado, poichè nel primo veniva pronunciata declaratoria di non luogo a procedere per prescrizione nei confronti dell’ A. in ordine al reato di cui al capo a) – episodio commesso in data prossima al 2000 – nella motivazione invece si precisava che la prescrizione riguardava un episodio risalente al 1998;

4. che era nullo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari in relazione al reato di cui al capo b) per indeterminatezza della imputazione;

5. che la decisione impugnata non era congruamente motivata quanto alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato.

La difesa di S.M., a sua volta, eccepiva:

1. che l’azione penale era improcedibile per mancanza di querela e per assenza delle condizioni di procedibilità di ufficio;

2. che le imputazioni contestate non erano determinate, con conseguente impossibilità dell’imputato di esercitare nella sua pienezza il diritto di difesa;

3. che le indagini suppletive e/o integrative erano inutilizzabili;

4. che era nullo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per carenza di chiarezza nella formulazione dell’accusa;

5. che erano inutilizzabili le dichiarazioni rese al dott. F., direttore della Casa Circondariale di Oristano, perchè in violazione della norma di cui all’art. 63 c.p.p..

6. che la decisione impugnata non era congruamente motivata quanto alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato.

Tanto dedotto i ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata.

Le difese di entrambi i ricorrenti presentavano, in data 18/05/011, memorie difensive con cui insistevano nelle loro richieste, specie in riferimento alla mancanza della procedibilità di ufficio dei reati loro contestati.

Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 07/06/011, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati.

La sentenza della Corte Territoriale ha congruamente motivato tutti i punti fondamentali della decisione.

In particolare la Corte di Appello, mediante un esame analitico, puntuale ed esaustivo delle risultanze processuali ha accertato che, A.L. e S.M., entrambi appartenenti alla Polizia Penitenziaria, nell’esercizio delle loro funzioni presso la casa circondariale di Oristano – nelle condizioni di tempo e di luogo come l’individuate in atti – avevano commesso abusi sessuali in danno di loro colleghe. In specie l’ A. aveva costretto la collega A.R. a subire con violenza e repentinamente atti libidinosi, quali un bacio sulla bocca (fatto commesso in data prossima al 2000) nonchè abbracci e palpeggiamenti dei fianchi e della vita (in data prossima al 2002). Il S., a sua volta aveva costretto l’agente penitenziaria C.R. (nel mentre espletavano entrambi il servizio di sentinella presso l’istituto carcerario di Oristano) a subire violenza sessuale consistita nell’introdurre il mitra che aveva in dotazione tra le cosce della collega sino a raggiungere la zona vaginale, ed esclamare: "Ti piace?" (fatto commesso il (OMISSIS)); aveva altresì costretto la collega M.R. (mentre entrambi si trovavano nello spaccio del carcere di Oristano) a subire violenza sessuale consistita nell’introdurre con repentinità, tra le gambe della stessa, la fondina della pistola di ordinanza (fatto commesso in data (OMISSIS)); il tutto contro la volontà delle due citate colleghe e con sfregamento libidinoso delle parti del corpo delle stesse toccate dal mitra e dalla fondina della pistola.

Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie in esame nei confronti di entrambi gli imputati, gli elementi costitutivi, soggettivo ed oggettivo, del reato di violenza sessuale, ex art. 609 bis c.p. come loro rispettivamente contestati in atti. Trattasi di condotte aventi indubbio carattere libidinoso ed erotico in danno delle citate persone offese; condotte che avevano leso la libertà di autodeterminazione delle stesse in relazione alla loro sfera sessuale.

Le censure dedotte nel ricorso – sia quanto alle eccezioni processuali, sia quanto alla sussistenza della responsabilità penale degli imputati – sono generiche perchè meramente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello, già valutato esaustivamente dalla Corte Territoriale.

Sono infondate perchè-in ordine alle condotte materiali attribuite agli imputati – sono in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici di merito. Dette doglianze, peraltro – quantunque prospettate come violazione di legge e/o vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) – costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p.. Giurisprudenza consolidata:

Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1^ Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5^ Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5^ Ord. N. 13648 del 14/04/2006, rv 233381. Le eccezioni processuali attinenti: a) all’inutilizzabilità degli atti acquisiti dal PM e delle indagini investigative svolte dallo stesso; b) alla nullità delle imputazioni per indeterminazione delle stesse, alla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal S. al direttore della Casa Circondariale di Oristano (dott. F.), sono generiche e comunque infondate trattandosi di atti legittimi, come già esaustivamente argomentato dalla Corte Territoriale; atti in ordine ai quali i ricorrenti hanno esercitato nella loro pienezza il diritto di difesa.

Peraltro, in riferimento alle dichiarazioni rese da S. al dott. F., si evidenzia che trattavasi di atti espletati in sede amministrativa e non ai sensi dell’art. 63 c.p.p.. Quanto all’eccezione relativa alla difformità tra il dispositivo e la motivazione della sentenza di 1 grado (ricorso A.), la stessa è palesemente infondata. Invero mediante il deposito della sentenza risultava evidente che la declaratoria di prescrizione riguardava l’episodio di tentativo di violenza sessuale, commesso nel 1998 in danno di F.S.; mentre la declaratoria di condanna era attinente agli episodi di violenza sessuale commessi in danno di A.R., come analiticamente contestata in atti (fatti commessi rispettivamente il primo in data prossima al 2000, il secondo in data prossima al 2002).

In ordine alle citate violenze sessuali per cui vi è stata condanna penale, l’ A. è stato posto in grado di esercitare nella sua interezza il diritto di difesa, mediante impugnazione in Appello della sentenza di 1 grado, gravame tempestivamente proposto.

Ancora i reati di violenza sessuale contestati ad entrambi gli imputati erano procedibili di ufficio, perchè commessi dagli stessi – che rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali in quanto appartenenti alla Polizia Penitenziaria – nell’espletamento delle loro funzioni; il tutto come previsto esplicitamente dalla norma di cui all’art. 609 septies c.p., comma 4 n. 3.

Vanno respinti, pertanto, i ricorsi proposti da A.L. e S.M., con condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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