Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-05-2011) 26-07-2011, n. 29930 Persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Bari, adito ex art. 324 c.p.p., confermava il decreto di sequestro emesso D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 19, comma 2, e art. 53, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari in data 29 ottobre 2010 avente ad oggetto somme di denaro, e beni immobili e mobili, fino al raggiungimento di Euro 58.972.680, in relazione al reato di cui agli artt. 319 ter e 321 c.p., ascritto ad A.O.A.M., per avere, in concorso con G.G., dottore commercialista, interessato in ricorsi pendenti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale Puglia, sede di (OMISSIS), remunerato con denaro o altre utilità Q.O., giudice tributario presso la predetta Commissione Regionale, perchè compisse atti contrari ai suoi doveri di ufficio al fine di influire sull’esito di ricorsi interessanti la Ingross Levante s.p.a., di cui l’ A. era legale rappresentante (capo 1 della rubrica; in Bari, dal 4 marzo 2009 e in epoca successiva).

Osservava il Tribunale che il sequestro era stato operato nell’ambito di una più vasta indagine relativa a riscontrate anomalie nella gestione di ricorsi pendenti innanzi alle Commissioni tributarie Provinciale e Regionale di Bari, condotta attraverso intercettazioni ambientali, servizi di osservazione e pedinamento della p.g., acquisizioni di fonti testimoniali e documentali, dalla quale emergevano in particolare rapporti corruttivi tra il G. e il Q., tra cui quelli relativi a contenziosi in cui era interessata la predetta società e, per essa, l’ A..

Sulla base di tale quadro indiziario, sussistevano, secondo il Tribunale, i presupposti per l’adozione del sequestro, funzionale alla confisca, di somme equivalenti al prezzo o al profitto del reato, a norma del D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 19 e 53, a carico della società Ingross Levante.

Quanto alla entità della somma sottoposta a sequestro, essa era correlata al mancato pagamento da parte di detta società della pretesa erariale derivante dalle cartelle esattoriali relative agli anni di imposta 1999-2003, oggetto della sentenza pilotata dal Q., che aveva annullato gli accertamenti fiscali.

2. Ricorre per cassazione la predetta società, con un unico atto sottoscritto dal legale rappresentante A., dal presidente del collegio sindacale V. e dal difensore avv. Leonardo Iannone, esponendo i seguenti motivi.

2.1. Inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, ai sensi dell’art. 103 c.p.p., comma 5, in quanto eseguite presso lo studio del Dott. G.G., difensore della società nei giudizi tributari a carico della stessa.

2.2. Inutilizzabilità delle stesse intercettazioni, ai sensi dell’art. 266 c.p.p., comma 3, in quanto captate il giorno 8 aprile 2009 nello studio del difensore e quindi in luogo di privata dimora, quando l’attività criminosa, che sarebbe stata commessa nel marzo 2009, si era ormai esaurita.

2.3. Non configurabilità del reato, non essendovi elementi per ritenere che la decisione cui fa riferimento l’imputazione fosse frutto di collusione con il giudice Q., e conseguente illegittima determinazione del profitto nella somma sottoposta a sequestro.

2.4. Erronea identificazione dell’ingiusto profitto nel c.d. risparmio di spesa, dal momento che la controversia concernente la pretesa erariale era ancora in corso, essendo stata la sentenza in questione impugnata dall’Amministrazione con ricorso per cassazione;

e in ogni caso la sentenza non aveva affatto "annullato gli accertamenti fiscali", ma aveva rigettato l’appello dell’Amministrazione contro l’annullamento disposto in primo grado.

In realtà con ciò si è operata una illegittima applicazione analogica dell’art. 322 ter c.p..

2.5. Violazione del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, comma 2, in quanto per eseguire una confisca per equivalente occorre che il presunto profitto, trattandosi di un ricavo positivo, sia entrato nel patrimonio della società confondendosi in esso; mentre nel caso in esame il profitto era da considerare al più come atteso ed era connotato in termini di negatività, perchè non costituito da beni acquisiti dalla società, ed in ogni caso non era nè certo nè liquido nè immediatamente esigibile.

2.6. Inosservanza della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, (Legge finanziaria 2008), non potendosi estendere la confisca per equivalente in tema di reati finanziari o tributari a reati commessi negli anni dal 1999 al 2004 e quindi in epoca antecedente alla data di entrata in vigore dei detta legge.

3. Con successivo motivo nuovo l’avv. Leonardo Iannone denuncia la violazione degli artt. 268 e 271 c.p.p., per omesso rilascio di copia delle registrazioni delle conversazioni intercettate il giorno 8 aprile 2009 presso lo studio del G., tempestivamente richiesta al pubblico ministero in data 4 novembre 2010, con conseguente inutilizzabiiita del contenuto delle stesse; vizio eccepito davanti al tribunale del riesame, che non lo ha preso in alcuna considerazione.

4. Con ulteriore motivo nuovo il medesimo difensore denuncia la erronea applicazione della legge penale in riferimento al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19 e art. 53, comma 2, in quanto il "risparmio di spesa" di Euro 58.972.680 costituisce una somma che deve essere versata all’Amministrazione finanziaria e in quanto tale non sequestrabile e confiscabile, a pena di introduzione di una irragionevole duplicazione di esborsi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da soggetto non legittimato.

2. In base al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 39, l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo (comma 1); e la costituzione nel procedimento deve avvenire mediante deposito nella cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente di una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità, tra l’altro, il nome e cognome del difensore e l’indicazione della procura (comma 2).

3. Nella specie, come si desume dagli atti, a seguito della emissione del sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari con ordinanza in data 29 ottobre 2010 e della informazione di garanzia emessa dal Procuratore della Repubblica in data 2 novembre 2010, diretta alla s.p.a. Ingross Levante (nella quale si richiamavano espressamente le formalità di cui al citato art. 39), la società in questione depositava in data 11 novembre 2010 atto di costituzione in persona dell’Amministratore unico A.O.A.M. nonchè del Presidente del collegio sindacale V.V., cui era unito atto di conferimento di procura speciale, a firma dei medesimi predetti soggetti e nella stessa riferita qualità, agli avvocati Leonardo Iannone e Francesco Logrieco.

Il successivo 12 novembre 2010 la predetta società presentava richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo, con atto sottoscritto dall’ A., dal V. e dai due riferiti avvocati.

3. Da quanto sopra deriva l’invalidità dell’atto di costituzione della società Ingross Levante, almeno ai fini della procedura di cui qui si discute, essendo esso stato sottoscritto dallo stesso indagato, che, pur essendo legale rappresentante della società, era inabilitato a rappresentare l’ente in giudizio, per il divieto di cui al riferito D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 39, comma 1, (v. Sez. 6, n. 41398 del 19/06/2009, Caporello, Rv. 244405 e Rv. 244406, anche per la manifesta infondatezza della relativa questione di costituzionalità); nonchè sottoscritto dal Presidente del collegio sindacale V.V., che non ha fornito alcuna documentazione dei suoi poteri di rappresentanza e che quindi deve ritenersi soggetto non legittimato.

Inoltre, anche il conferimento della procura speciale ai predetti difensori, proveniente dai medesimi soggetti, deve ritenersi invalido (sez. 6, sent. Caporello, cit., Rv. 244409).

Infine, per le stesse ragioni, l’atto di riesame, come sopra formalizzato, e il successivo ricorso per cassazione (a firma dell’ A., del V. e dell’avv. Iannone) deve ritenersi inammissibile (v. Sez. 6, sent. Caporello, cit., Rv. 244408; v. anche Sez. 6, n. 15689 del 05/02/2008, Soc. A.FU. International, Rv.

241011).

4. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro mille.

Resta fermo che la società Ingross Levante, una volta regolarmente costituitasi, potrà esercitare ogni iniziativa diretta a far valere la insussistenza dei presupposti per il provvedimento di sequestro emesso a suo carico.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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