T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 04-08-2011, n. 527 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I – La ricorrente, titolare di un lotto cimiteriale nel cimitero comunale di Montemitro, avendo chiesto il permesso di costruire per realizzare una cappella gentilizia, lo otteneva in data 22.10.2007, ma, circa un anno dopo, riceveva notifica di provvedimenti sospensivi e interdettivi, motivati con il fatto che la cappella era stata realizzata in parte su suolo demaniale, non destinato a lotto edificabile. La ricorrente insorge per impugnare i seguenti atti: 1)l’ordinanza di demolizione dei lavori edili n. 07/2008 datata 3.12.2008 prot. n. 2135, emessa dal Responsabile del Servizio del Comune di Montemitro e notificata a mezzo raccomandata a. r. in data 5.12.2008; 2)tutti gli atti consequenziali, connessi e presupposti, in particolare, ove necessario, l’ordine di sospensione dei lavori n. 6/2008 datato 10.9.2008, comunicato con nota prot. n. 1594/08, la presupposta relazione del tecnico comunale datata 3.9.2008, la delibera di C.C. n. 71/1989 con la quale è stato approvato il Programma edilizio per la costruzione di loculi e cappelle nel cimitero comunale. La ricorrente chiede altresì la declaratoria del diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali riconducibili alla lesione di interesse legittimo all’edificazione e del legittimo affidamento sulla edificabilità dell’area, in conseguenza della presunta illegittimità dei provvedimenti impugnati e del comportamento asseritamente illecito, scorretto e contraddittorio dell’Amministrazione. La ricorrente deduce i seguenti motivi: 1)illegittimità dell’ordinanza di demolizione per vizi propri, violazione e falsa applicazione dell’art. 27 commi primo e terzo e dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, violazione di legge sotto il profilo della mancata applicazione degli artt. 21 quinquies, 21 nonies e segg. della legge n. 241/1990 e s.m.i., carenza assoluta di istruttoria, difetto di motivazione, eccesso di potere, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e s.m.i., motivazione insufficiente e incongrua, difetto di istruttoria, eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, illogicità manifesta, contraddittorietà tra più atti di una stessa Amministrazione, violazione del principio di affidamento e dei più elementari principi di buon andamento e imparzialità della Amministrazione, di cui all’art. 97 Cost.; 2)illegittimità della deliberazione del C.C. n. 72 del 29.11.1989 e del Programma edilizio cimiteriale con essa approvato e conseguente invalidità o illegittimità derivata dei provvedimenti sospensivi e ripristinatori consequenziali per violazione dell’art. 7 e segg. della legge n. 241/1990, violazione dell’art. 3 e segg. della legge n. 241/1990, difetto di motivazione, eccesso di potere, violazione dei più comuni principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 Cost.; 3)risarcimento del danno ingiusto causato dal comportamento dell’Amministrazione, violazione dei principi di imparzialità, correttezza, buon andamento, ragionevolezza, lesione del legittimo affidamento sull’edificabilità dell’area.

Con successiva memoria, la ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.

Interviene "ad opponendum" un controinteressato, deducendo, anche con successive memoria e note di udienza, l’inammissibilità e infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.

L’Amministrazione intimata non si costituisce.

Con la ordinanza n. 66 del 2009, questa Sezione accoglie la domanda cautelare della parte ricorrente limitatamente all’impugnato provvedimento demolitorio. Con l’ordinanza n. 4689 del 2010, il Consiglio di Stato IV Sezione accoglie l’appello del controinteressato e, per l’effetto, annulla l’ordinanza cautelare di questo T.a.r. Con ordinanza collegiale n. 294 del 2011, questa Sezione dichiara inammissibile l’istanza di esecuzione cautelare dell’interveniente "ad opponendum", con salvezza di ogni provvedimento di competenza dell’Amministrazione comunale, che dia seguito all’ordinanza demolitoria impugnata.

All’udienza del 22 giugno 2011, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

III – Con il primo motivo, la ricorrente adduce che l’opera da essa intrapresa – una cappella gentilizia in un lotto del cimitero del Comune di Montemitro – sarebbe conforme a quella autorizzata dal Comune medesimo. Per contro, il Responsabile del competente Servizio comunale ha disposto, con i provvedimenti impugnati, la sospensione e demolizione dei lavori edili, rilevando una divergenza dei grafici descrittivi dell’opera con le prescrizioni del programma edilizio comunale. La ricorrente, a tal riguardo, osserva che, se pure l’opera fosse realmente difforme dal programma edilizio comunale, il Comune avrebbe dovuto preventivamente eliminare in autotutela il titolo legittimante l’attività edilizia. Ad ogni buon conto, la ricorrente aggiunge che l’opera deve ritenersi conforme al permesso di costruire e solo eventualmente divergente dal programma edilizio cimiteriale che – a suo dire – avrebbe modificato l’assetto dei luoghi e reso possibile, in un’ottica interpretativa, di giudicare l’opera difforme. Pertanto, con il secondo motivo del ricorso, è impugnata la deliberazione del C.C. n. 72 del 29.11.1989, nonché il programma edilizio cimiteriale con essa approvato, sui presupposti della carenza di motivazione e dell’eccesso di potere.

IV – Le esposte censure non sono condivisibili.

La domanda di permesso edilizio della ricorrente riguarda la costruzione di una cappella gentilizia su un lotto cimiteriale concesso alla ricorrente medesima. La relazione tecnica redatta dal progettista dell’opera espressamente dichiara che l’intervento ricade nel lotto sito nel cimitero di Montemitro, di proprietà dei genitori della ricorrente, da tempo immemorabile. Sennonché, il progettista rende una rappresentazione grafica del lotto cimiteriale in argomento del tutto divergente dalla realtà, delineando un prolungamento dello stesso fino al confine del viottolo pedonale, e inglobando nel lotto un tratto di suolo demaniale, che non potrebbe in alcun modo essere oggetto di concessione a privati, né tampoco di edificazione di una cappella cimiteriale.

Dalla copia del progetto rilasciata dal Comune, certificata conforme all’originale, si evince l’estensione e l’ubicazione di tale lotto (evidenziato in giallo) nella cartina "planimetria generale", talché si comprende "de visu" la palese difformità di quella estensione dai limiti del lotto definito nel programma cimiteriale.

È vero che il Comune, nel rilasciare il permesso di costruire, non si è avveduto di tale difformità, ma è altresì vero che esso è stato tratto in errore dalla fuorviante rappresentazione contenuta nella relazione tecnica del progettista dell’opera e negli allegati grafici di essa. Correttamente, dunque il Comune è intervenuto – non appena messo al corrente dell’errore e della difformità, per iniziativa di un soggetto controinteressato, identificabile nell’interveniente "ad opponendum" nel giudizio – e ha disposto, in via di urgenza, la sospensione e la demolizione delle opere già eseguite, allo scopo di evitare che l’illecita occupazione di suolo demaniale fosse portata a ulteriori conseguenze. L’ordine di sospensione e demolizione, pertanto, non riguarda tutto il fabbricato autorizzato sul lotto cimiteriale, ma soltanto la parte delle opere che travalica il confine del lotto, occupando un suolo demaniale sul versante del viottolo cimiteriale.

La parte ricorrente, in sostanza, non contesta neppure che l’opera da essa realizzata occupi un tratto di suolo demaniale cimiteriale e, stante l’incontestato presupposto dell’illecita occupazione demaniale, i provvedimenti impugnati sostanzialmente reggono a tutte le censure del ricorso.

Invero, gli atti di sospensione e demolizione delle opere hanno natura di urgenza, talché non è condivisibile che la loro adozione sia subordinata all’autotutela amministrativa, vale a dire alla revoca o all’annullamento di ufficio del permesso di costruire. Anche a non voler considerare che il permesso di costruire contiene un’espressa clausola di decadenza per il caso di contrasto con le previsione urbanistiche, invero, la vigente disciplina – in particolare l’art. 35 del D.P.R. n. 380/2001 – prevede procedure accelerate e formalità semplificate, ogni volta che si tratti della demolizione di manufatti che illecitamente occupano aree demaniali. In particolare, la detta normativa prevede una demolizione eseguita a cura del Comune e a spese del responsabile dell’abuso (cfr.: Cons. Stato V, 13.6.2003 n. 3337; T.A.R. Lazio Roma III, 24.6.2004 n. 6168).

Ma, vi è di più. Si può ritenere che – stante il carattere incerto (se non proprio vagamente decettivo) di alcune dichiarazioni e rappresentazioni rese dal progettista tecnico dell’opera, in sede di istanza del titolo edilizio – il permesso di costruire rilasciato dal Comune difetti di un elemento essenziale e costitutivo, vale a dire della volontà liberamente e consapevolmente formatasi in capo all’Amministrazione, di guisa che l’assenso edilizio potrebbe risultare persino affetto da nullità, ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990 (cfr.: T.A.R. Liguria Genova II, 2.3.2011 n. 344; T.A.R. Sardegna Cagliari II, 10.6.2005 n. 1384). Non essendo, tuttavia, questo l’oggetto dell’odierna controversia, sarà sufficiente rilevare che i provvedimenti impugnati sono legittimi, poiché la loro esistenza e la loro validità prescindono dalla necessità che sia adottato un atto di autotutela amministrativa in ordine al permesso di costruire rilasciato dal Comune alla ricorrente per la realizzazione della cappella gentilizia, stante l’indiscusso carattere di urgenza dei provvedimenti di salvaguardia del demanio pubblico.

Quanto al secondo motivo del ricorso esso è inammissibile, per genericità delle censure. Infatti, non si vede come una risalente deliberazione del C.C. n. 72 del 29.11.1989, nonché il programma edilizio cimiteriale con essa approvato, possa risentire dei dedotti vizi della carenza di motivazione e dell’eccesso di potere, considerato che si tratta di una regolamentazione a contenuto generale dell’area cimiteriale, la cui scelta contenutistica ha valenza di discrezionalità tecnica e non avrebbe necessità di essere specificamente motivata con particolari argomenti, se non quando si tratti di controdedurre a osservazioni formulate durante il procedimento di adozione del programma edilizio medesimo (cfr.: T.A.R. Lombardia Milano II, 23.9.2008 n. 4106). L’inammissibilità dell’impugnativa del programma edilizio comunale deriva, altresì, da una sostanziale carenza di interesse della parte ricorrente a impugnare detto strumento urbanistico, atteso che la tutela dell’area illecitamente occupata discende direttamente dal regime normativo di tutela dei beni demaniali pubblici.

V – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge, perché infondato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina all’Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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