Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-05-2011) 26-07-2011, n. 29880 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.D. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Napoli ha confermato quella del tribunale della medesima città emessa in data 29 giugno 2009 che aveva ritenuto responsabile l’imputato dei reati di cui agli articoli:

a) artt. 110, 609 octies, art. 61 c.p., n. 5, per avere in concorso con altra persona, dopo aver seguito M.A. in un tratto di strada isolato e non illuminato e dopo averla spinta contro il muro, denudando l’organo sessuale e spingendola contro il muro, palpeggiata reiteratamente al seno e tentato di strapparle i pantaloni che indossava mentre l’altra persona fungeva da palo;

b) artt. 110, 582, 585, 576 in relazione all’art. 61 c.p., n. 2, perchè in concorso con altra persona, nelle circostanze in precedenza indicate, cagionava a M.A. lesioni personali consistite in escoriazioni del dito mignolo della mano sinistra giudicate guaribili in giorni uno come da referto del pronto soccorso dell’ospedale S.M. di Loreto Nuovo;

c) del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, in relazione al porto di un coltello senza giustificato motivo.

Deduce in questa sede il ricorrente:

1) la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 192 e 546 c.p., con riferimento al verbale di udienza del 12 maggio 2009 e del 9 giugno 2009, al referto medico dell’ospedale (OMISSIS) del (OMISSIS) e al referto del presidio ospedaliero S. (OMISSIS) del (OMISSIS);

2) inosservanza e/o erronea applicazione di legge penale o di altre norme giuridiche con riferimento all’art. 609 bis in relazione all’art. 529 del codice di procedura nonchè all’art. 582 c.p., in relazione all’art. 530 del codice di procedura e dell’art. 581 c.p. in relazione all’art. 529 c.p.p..

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Con il primo motivo il ricorrente ha evidenziato l’illogicità e l’erroneità della motivazione di appello nella parte in cui ha ritenuto pienamente attendibili e lineari le dichiarazioni della parte lesa M.A. e del teste C.E., intervenuto nell’immediatezza dei fatti, dimenticando che proprio i mutamenti di versione di entrambi avevano determinato la scarcerazione e l’assoluzione del correo ingiustamente detenuto per cinque mesi e che si appalesava evidente il tentativo del teste C. di allineare la propria versione a quella della vittima del reato. In realtà se è vero che la stessa corte d’appello da atto che la M. ha inizialmente sostenuto un ruolo attivo nella violenza anche del secondo uomo presente sul posto, precisando invece nel dibattimento che costui si era limitato a fare da palo, ha correttamente e logicamente fatto leva per addivenire ad un giudizio di attendibilità del narrato su altri elementi logicamente enucleati.

Ha infatti rilevato come la donna non conosceva in precedenza l’attuale imputato e che nemmeno si era costituita parte civile, così evidenziando l’assenza di motivi di astio; che appare logico ritenere che le prime dichiarazioni siano state rese in stato di shock per l’accaduto; che non vi sono elementi per ritenere che la vittima ed il teste abbiano concordato la versione resa in considerazione anche dell’assenza di elementi che facciano trasparire l’interesse del C., intervenuto in aiuto della donna, a mentire.

Nè in questa sede può essere sollecitata una diversa valutazione degli elementi di prova.

Quanto al secondo motivo con cui si rileva che il reato ipotizzato non doveva essere quello di lesioni ma quello di percosse, assorbito nella violenza sessuale, e che, pertanto, non era consentita in mancanza di querela e di connessione con il reato procedibile di ufficio perseguire la violenza sessuale, il ricorrente si limita in realtà censurare nel merito la decisione con la quale correttamente i giudici di appello hanno ritenuto sussistente il reato di lesioni e non già di percosse in presenza di escoriazioni al dito riportate dalla vittima.

La credibilità sul punto della p.o. – che inizialmente non avrebbe fatto cenno all’escoriazione peraltro nemmeno refertata, appare adeguatamente motivata con la tipologia delle domande poste alla donna e con la considerazione, senz’altro logica, che l’escoriazione al dito non rappresentava certamente l’oggetto centrale degli accertamenti sanitari. Nè può censurarsi nel merito la valutazione in questa sede. Motivata appare anche il diniego dell’ipotesi lieve della L. n. 110 del 1975, art. 4, nè in questa sede può essere sindacata la motivazione che, con riferimento all’episodio contingente, rileva l’assenza di validi motivi per portare fuori dall’abitazione di coltello, trattandosi di valutazione di merito.

Anche il diniego delle attenuanti generiche appare correttamente motivato avendo logicamente ritenuto il giudice di appello di non dover apprezzare positivamente il comportamento processuale dell’imputato e avendo fatto correttamente riferimento alla particolare capacità a delinquere dello stesso desunta dalle modalità dell’episodio. Infine avuto riguardo al diniego della sostituzione delle sanzioni ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53, non può esser in alcun modo trascurato il dato della condanna a sei anni per i primi due reati contestati che evidentemente, oltre a rappresentare di per se stesso causa ostativa ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 59, comma 1, postula all’evidenza una prognosi intrinsecamente sfavorevole sulla pericolosità dell’imputato e sulla capacità ad assoggettarsi alle prescrizioni connesse alla applicazione di sanzioni sostitutive. Il ricorso deve essere, quindi rigettato ed il ricorrente va in questa sede condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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