Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-05-2011) 26-07-2011, n. 29877 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, riduceva la pena inflitta a L.M. dal GUP del tribunale di Taranto, all’esito di giudizio abbreviato.

Quest’ultimo in primo grado era stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 609 bis e septies c.p., art. 527 cod. pen., per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, costretto C.G., affetta da minoranza psichica, a congiunzione carnale plurima abusando della minorazione sopraccitata, usando anche violenza e minacce e compiendo altresì gli stessi atti sessuali in luogo pubblico (in (OMISSIS), accertato sino al (OMISSIS)). Con la medesima sentenza era stata altresì ritenuta la recidiva semplice in relazione ad un precedente penale specifico dello stesso L. nei confronti della C. quando quest’ultima era ancora minore degli anni 14.

Deduce in questa sede il ricorrente:

1) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o di decadenza con riferimento all’esercizio del diritto di querela.

2) violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per la lesione del principio della necessità di prova della responsabilità imputato al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

Nei motivi di appello l’imputato aveva già contestato la validità della querela della C. in data (OMISSIS) perchè sporta da persona incapace ed aveva sostenuto l’inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p., di tutti gli atti acquisiti nel corso delle indagini preliminari prima della proposizione della successiva istanza di punizione formulata in data 12 luglio 2002 dal curatore speciale della predetta, potendosi ritenere solo quest’ultima validamente proposta, seppure a circa un anno dalle prime dichiarazioni accusatorie rese dalla vittima.

Sul punto la corte di appello, dopo avere motivato sulla ragione della tempestività della querela proposta dal curatore speciale, ha risposto ritenendo pienamente utilizzabili gli atti acquisiti nel corso delle indagini a seguito della prima querela sulla base di un duplice ordine di considerazioni.

Per un verso ha rilevato, infatti, che la mancanza di essa non impedisce l’espletamento delle indagini ogni qual volta la PG prende cognizione di una notitia criminis e dall’altro che nel caso di specie opera comunque il principio di cui all’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4, che prevede la procedibilità di ufficio ogni qualvolta il delitto di cui all’art. 609 bis c.p., comma 1, n. 2, sia connesso con altro procedibilità ufficio essendo stato contestato il delitto di cui all’art. 527 cod. pen..

In questa sede il ricorrente insiste nella doglianza ribadendo anche l’impossibilità per la persona incapace ed analfabeta di comprendere il senso e gli effetti dell’atto sottoscritto (con crocesegno) e sottolinea l’incapacità del soggetto proponente di porre in essere atti di impulso processuale, nonchè l’inutilizzabilità degli atti di indagine (querela del 12 marzo 2002, annotazione di servizio dei carabinieri del 23 marzo 2002, verbale di arresto del 17 aprile 2002); effettuati sul presupposto di una querela impropria. E fa rilevare che sulla base di tali atti è stata negata persino la convalida dell’arresto. Aggiunge infine che nemmeno può essere validamente richiamata nella specie la connessione con il reato di cui all’art. 527 cod. pen., poichè l’iscrizione al registro è avvenuta successivamente all’arresto del prevenuto e quindi al compimento dei predetti atti.

Il che riveste – secondo il ricorrente – eccezionale rilevanza posto che in tutti gli atti processuali successivi entrati a far parte dell’indagine la C. non ha mai confermato quanto esposto nella querela del 12 marzo 2002.

Ciò posto osserva il collegio che, se effettivamente si può convenire con il ricorrente che, come recentemente ribadito anche dalle sezioni unite di questa corte, la mancanza di una condizione di procedibilità osta a qualsiasi altra indagine in fatto (Sez. U, n. 49783 del 24/09/2009 Rv. 245163), tant’è che si è ritenuto prevalere sulla declaratoria di estinzione del reato per morte del reo quella di improcedibilità per difetto di querela, non si ritiene invece superabile l’ulteriore ed assorbente argomentazione della corte d’appello circa la procedibilità di ufficio del reato in presenza della connessione con altro procedibilità di ufficio.

Nella specie, come si rileva dal tenore della contestazione, coincidono le modalità e l’epoca di commissione dei reati di cui agli artt. 609 bis e 527 cod. pen., facendo riferimento la contestazione agli "stessi atti", nè si evidenzia da parte del ricorrente o nella motivazione della decisione impugnata la necessità di successive attività di indagine dopo il luglio 2002 (epoca della presentazione della querela del curatore) per addivenire alla contestazione anche del reato di cui all’art. 527 cod. pen..

Nè si appalesa decisiva la mancata iscrizione di esso nel registro generale, apparendo sempre possibile correggere la qualificazione giuridica rispetto alla contestazione nel corso delle indagini, nè determinando ciò l’inutilizzabilità degli atti compiuti sino al momento dell’effettiva iscrizione nel registro (Sez. 5, n. 22340 del 08/04/2008 Rv. 240491).

Quanto al secondo motivo si rileva in premessa che, come già affermato da questa Corte, la regola di giudizio compendiata nella formula "al di là di ogni ragionevole dubbio", impone di pronunciare condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili "in rerum natura" ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benchè minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana Sez. 1, Sentenza n. 17921 del 03/03/2010 Ud. (dep. 11/05/2010 ) Rv.

247449.

Ciò posto si deve tuttavia stigmatizzare la genericità del motivo di ricorso non avendo il ricorrente in questa sede, come sue onere, in forza del principio di autosufficienza del ricorso, provveduto a confutare le argomentazioni del giudice di appello che ha evidenziato la solidità dell’impianto accusatorio non solo per l’intrinseca attendibilità delle dichiarazioni accusatorie della vittima in uno con l’integrità e la genuinità del suo racconto, ma anche per l’esistenza di riscontri alle dichiarazioni accusatorie stesse.

Il ricorso deve essere, quindi rigettato ed il ricorrente va in questa sede condannato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione alla parte civile delle spese per il grado di giudizio liquidate in Euro 1317 oltre accessori di legge.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione alla parte civile delle spese per il grado di giudizio liquidate in Euro 1317 oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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