T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 04-08-2011, n. 872 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono i ricorrenti che in data 5.11.2009 veniva da loro presentata domanda per ottenere l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto fotovoltaico da realizzarsi nel Comune di Ittiri, per una potenza installabile pari a 2,962 MW (strutture serricole integrate architettonicamente con pannelli fotovoltaici).

L’istanza veniva corredata del parere favorevole dell’assessorato alla difesa dell’ambiente della Regione autonoma della Sardegna e dell’autorizzazione Enel con l’individuazione del punto di connessione alla rete elettrica.

Trascorreva quindi un lungo lasso di tempo senza che venisse convocata la conferenza di servizi.

Veniva quindi comunicata la nota indicata in epigrafe (prot. 13941 del 15.04.2010) avverso la quale i ricorrenti insorgevano deducendo le seguenti articolate censure;

1) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione alla L. 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE, violazione dell’art. 3 della Costituzione e degli artt. 41 e 97 Costituzione;

2) violazione di legge in relazione al comma 7 dell’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione alla legge 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE, violazione degli artt. 3, 41 e 97 Costituzione, incompetenza, eccesso di potere, difetto di istruttoria, violazione di legge in relazione all’art. 2 del D.M. sviluppo economico del 19 febbraio 2007;

3) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione alla L. 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE, violazione del principio di irretroattività anche in relazione al principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Costituzione;

4) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione alla legge n. 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE;

5) violazione di legge in relazione all’art. 12 comma 4 del d.lgs. 387 del 2003 e alla legge 241 del 1990, art. 97 Costituzione;

6) eccesso di potere per perplessità e contraddittorietà con riferimento al supposto cumulo di requisiti previsti dalle linee guida e dalla delibera impugnata;

7) violazione di legge in relazione alle norme ed ai principi ispiratori di cui all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà;

8) incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge in relazione agli artt. 117 comma 3 e 97 Costituzione;

9) violazione dell’art. 5 della deliberazione G.R. 10/3 del 12 marzo 2010, violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’art. 12 d.lgs. 387 del 2003 violazione dell’art. 41 della Costituzione, dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 3 della medesima carta costituzionale;

10) eccesso di potere per illogicità manifesta;

11) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 eccesso di potere violazione dell’art. 97 della Costituzione;

12) violazione di legge in relazione all’art. 41 della Costituzione e dell’art. 12 d.lgs. 387 del 2003, degli artt. 8 comma 4 e 5 delle linee guida;

13) violazione di legge in relazione all’art. 5 del D.P.G.R. 3 agosto 1994 ex art. 8 L.R. 45 del 1989 ed in relazione all’art. 14 ter della L. 241 del 1990 e s.m.i. e art. 12 d.lgs. 387 del 2003 comma 4, violazione dell’art. 6 della direttiva 2001/777CE sulla promozione dell’energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili, violazione di legge in relazione all’art. 14 della L. 241 del 1990;

14) violazione di legge in relazione all’art. 12 comma 4 del d.lgs. 387 del 2003;

15) violazione di legge in relazione alle norme di cui all’art. 12 d.lgs. 387 del 2003.

In data 2.11.2010 la ricorrente depositava atto di motivi aggiunti debitamente notificati per l’impugnazione della delibera 25/40 del 1 luglio 2010 e della nota prot. 15656/X.7.5 del 9 agosto 2010.

Questi i motivi in diritto dedotti:

1) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione alla L. 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE e n. 28CE/2009 del 23 aprile 2009, violazione del principio di irretroattività anche in relazione al principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione e del principio tempus regit actum;

2) violazione di legge in relazione alle norme e ai principi ispiratori di cui all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE e dalla direttiva 28/2009/CE, eccesso di potere per illogicità e contradditorietà;

3) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione alla L. 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE e n. 28CE2009, violazione dell’art. 3, 41 e 97 della Costituzione, incompetenza, eccesso di potere, difetto di istruttoria, violazione di legge in relazione all’art. 2 del D.M. sviluppo economico del 19 febbraio 2007;

4) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE e n. 28/CE/2009 e dell’art. 41 Costituzione, eccesso di potere, violazione di legge anche in relazione alla legge 23.12.2005 n. 266 art. 1 comma 423 e s.m.i. e sua circolare esplicativa n. 32/E del 6.7.2009;

5) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e in relazione ala legge 241 del 1990, nonché dei principi derivanti dalla direttiva comunitaria n. 77/2001/CE e direttiva 2009/28/CE, violazione dell’art. 3, 41 e 97 della Costituzione, incompetenza, eccesso di potere, difetto di istruttoria, violazione di legge in relazione all’art. 2 del D.M. sviluppo economico del 19 febbraio 2007;

6) violazione di legge in relazione all’art. 12 comma 4 del d.lgs. 387 del 2003 e alla L. 241 del 1990, art. 97 della Costituzione;

7) incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge in relazione agli artt. 117 comma 3 e 97 Costituzione;

8) violazione dell’art. 5 della deliberazione G.R. 25/40 del 1 luglio 2010 ed eccesso di potere in relazione all’art. 12 d.lgs. 387 del 2003, violazione dell’art. 41 Costituzione, dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 3 della medesima carta costituzionale;

9) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003, eccesso di potere, violazione art. 97 della Costituzione;

10) violazione di legge in relazione all’art. 41 della Costituzione e dell’art. 12 d.lgs. 387 del 2003, degli artt. 8 comma 4 e 5 delle Linee guida;

11) violazione di legge in relazione all’art. 5 del D.P.G.R. 3 agosto 1994 ex art. 8 L.R. 45/89 ed in relazione all’art. 14 ter della legge 241 del 1990 e all’art. 12 comma 4 del d.lgs. 387 del 2003, violazione dell’art. 6 della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili, violazione di legge in relazione all’art. 14 della L. 241 del 1990;

12) violazione di legge in relazione all’art. 12 comma 4 del d.lgs. 387 del 2003;

13) violazione di legge in relazione alle norme di cui all’art. 12 del d.lgs 387 del 2003;

14) violazione di legge in relazione all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e D.M. 19 febbraio 2002;

15) violazione di legge in ordine al mancato adempimento dell’obbligo di concludere il procedimento entro il termine di 180 giorni previsto dall’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003;

16) illegittimità derivata, violazione di legge in relazione al principio di irretroattività.

Sia nell’atto introduttivo del giudizio, sia nell’atto di motivi aggiunti i ricorrenti concludevano per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento degli atti impugnati e proponevano altresì istanza risarcitoria.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso

In data 11.12.2010 la Regione depositava memoria difensiva.

In data 22.12.2010 la ricorrente depositava memoria di replica.

La Regione depositava memorie difensive il 9.04.2011 e il 20.04.2011.

La ricorrente depositava memorie in data 9 aprile e 20 aprile 2011.

Alla udienza pubblica dell’ 11.05.2011 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

I ricorrenti propongono congiuntamente azione di annullamento e azione di condanna tesa ad ottenere il risarcimento del danno relativamente ad una vicenda controversa che si incentra sulla autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico da realizzarsi nel Comune di Ittiri.

L’azione di annullamento è proposta avverso i seguenti provvedimenti:

con il ricorso introduttivo:

– la nota prot. 13941 del 15.04.2010 del direttore del servizio energia con oggetto: procedimento di autorizzazione unica per la costituzione e l’esercizio di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003;

– la deliberazione di G.R. 10/3 del 12.03.2010;

– per quanto occorrer possa le delibere della Giunta regionale 30/02 del 2008, 59/12 del 29.10.2008, 66/24 del 27.11.2008, 3/17 del 16 gennaio 2009;

2) con l’atto di motivi aggiunti:

– la nota prot. 19587 del 23.07.2010;

– la delibera della Giunta regionale n. 25/40 del 1 luglio 2010;

– il decreto dell’assessore all’agricoltura e riforma agro pastorale n. 1820/DEC A/73 del 20.07.2010;

– la nota del direttore del servizio strutture della direzione generale dell’assessorato dell’agricoltura prot. 15656/X.7.5. del 9 agosto 2010.

Sennonché nel corso del giudizio, e precisamente il 18 febbraio 2011, il Direttore del servizio strutture della direzione generale dell’assessorato all’agricoltura della Regione autonoma della Sardegna rilasciava autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto richiesto.

Alla udienza pubblica dell’11.05.2011 il difensore dei ricorrenti ha rappresentato che, nonostante il rilascio dell’autorizzazione, permaneva l’interesse al ricorso ai fini risarcitori.

La questione che si pone all’attenzione del Collegio, quindi, è l’esame della domanda di risarcimento del danno per il ritardo con cui i ricorrenti hanno conseguito l’autorizzazione unica.

Tale ritardo, in sostanza, deriva da due fattori.

Il primo è costituito dall’inerzia dell’Amministrazione nel periodo che va dal 5.11.2009, data di presentazione della domanda volta all’ottenimento dell’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio dell’ impianto fotovoltaico, al 19.04.2010, data di ricevimento della nota con la quale il Direttore del servizio energia dell’assessorato dell’Industria, Ing. Antonio Pusceddu, comunicava l’approvazione della delibera 10/3 da parte della Giunta regionale con le allegate Linee guida.

Il secondo è costituito dall’ulteriore contegno dilatorio che va dal 19.04.2010, data in cui con la citata nota venivano richieste integrazioni alla documentazione allegata alla domanda a suo tempo presentata, fino al momento del rilascio della autorizzazione (18 febbraio 2011).

La controversia all’attenzione del Collegio vede quindi la concorrenza di una azione di annullamento con una azione di condanna. L’azione di condanna è volta ad ottenere il risarcimento dei danni che i ricorrenti hanno subito per il ritardo nell’ottenimento dell’autorizzazione.

Sull’azione di annullamento è certo che non vi sia più l’interesse dei ricorrenti a coltivare il giudizio avendo ottenuto il bene della vita cui aspiravano.

La questione su cui si controverte ancora, invece, è che tale bene della vita è stato ottenuto in ritardo.

Si tratta di vedere se questo ritardo deriva da un comportamento illecito dell’amministrazione.

Ad avviso del Collegio le questioni da risolvere nella presente controversia sono le seguenti:

1) se le delibere oggetto di contestazione dovessero applicarsi o meno al procedimento amministrativo in esame;

2) se l’aver diligentemente adempiuto alle prescrizioni imposte dalla Regione a seguito dell’entrata in vigore delle Linee Guida possa avere determinato acquiescenza alla tardiva conclusione del procedimento;

3) se l’introduzione delle delibere in contestazione potesse determinare una interruzione dei procedimenti già avviati, con connessa restituzione all’Amministrazione dell’intero spatium deliberandi, previsto dalla normativa statale per il rilascio dell’autorizzazione, ovvero se esse potessero determinare solo una sospensione dei procedimenti al fine di permettere ai privati l’integrazione delle documentazione al fine di adeguare le domande alle subentrate Linee Guida.

– In ordine alla prima delle questioni individuate, la risposta non può che essere positiva.

In virtù del principio "tempus regit actum", che regola il procedimento amministrativo, un nuovo regolamento o un atto amministrativo a contenuto generale che disciplina un determinato procedimento trova applicazione anche nei procedimenti iniziati anteriormente alla data di approvazione del provvedimento stesso. Quanto precede comporta – in particolare – l’immediata operatività anche delle disposizioni incidenti sui termini per il compimento di atti procedimentali, ancorché relativi a procedimenti già in corso.

Chiaro, quindi, che l’esercizio della potestà pubblica che si concretizza nel rilascio della autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 deve avvenire in conformità alla disciplina vigente al momento dell’adozione dell’atto, proprio in virtù del principio "tempus regit actum".

– In ordine alla seconda questione, la risposta è invece negativa.

Non può annettersi valenza di acquiescenza a comportamenti che, a fronte di provvedimenti lesivi, tendano a contenerne le conseguenze negative attraverso atti o comportamenti che – impregiudicato l’esperimento delle vie di tutela – non aggravino la posizione dell’interessato, il quale ben può manifestare atteggiamenti collaborativi funzionali alla tutela della stessa (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 27 ottobre 2010, n. 33037).

Residua la terza delle questioni sopra prospettate.

Invero, l’approvazione di nuove Linee Guida (di cui alla deliberazione della G.R. n. 10/3) con la connessa previsione, di cui alla norma transitoria contenuta nell’art. 12 delle citate Linee Guida, di un obbligo di regolarizazione e di integrazione documentale imposto anche alle domande pendenti, costituisce una causa di sospensione del termine per la conclusione del procedimento. Per cui la richiesta di integrazioni alla domanda presentata dalla ricorrente in data 5.11.2009 (e sui cui l’Amministrazione aveva già tenuto un comportamento inerte fino al 15.04.2010, data della prima richiesta di integrazioni), non costituisce di per sé una violazione del termine di conclusione del procedimento previsto dall’art. 12 comma 4 del d.lgs. 387 del 2003 nel testo vigente al momento dei fatti di cui è causa.

Tuttavia, l’introduzione delle Linee Guida, rettamente interpretata come sospensione del termine procedimentale per il connesso obbligo di regolarizzazione, ha comportato l’onere per l’Amministrazione di concludere il procedimento amministrativo nei termini ordinari. Termini che avrebbero dovuto riprendere a decorrere dopo che F. aveva adempiuto alle richieste di adeguamento della domanda a suo tempo inoltrata.

Ciò che quindi non è giustificabile è il decorso di un tempo ulteriore oltre a quello strettamente necessario per consentire le integrazioni.

Il procedimento si è concluso in data 18 febbraio 2011 vale a dire ben oltre il termine previsto dalla norma sopra citata.

Per tutto quanto sopra esposto, l’entrata in vigore delle Linee guida, scontata la regola legale dell’obbligo di concludere il procedimento entro il termine prefissato dal d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, non poteva comportare la restituzione alla P.A. dell’intero spatium deliberandi previsto dalla normativa statale.

Il mancato rispetto del termine di adozione del provvedimento finale comporta la violazione delle regole di buon andamento e costituisce, pertanto, una presunzione semplice di colpa di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., che l’amministrazione poteva superare fornendo una prova contraria circa l’esistenza di errori scusabili, alla luce dell’ordinario sforzo di diligenza sulla stessa incombente, i quali possono consistere, come è noto, nella particolare complessità del fatto, nel sopraggiungere di evenienze ad essa non imputabili, nella formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore.

Ma così non è nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio.

Ciò in quanto, le difese che sul punto spiega l’Amministrazione, non possono essere condivise.

Anzitutto perché non sussistono le lamentate difficoltà delle norme applicative o contrasti giurisprudenziali, sulla materia.

Inoltre, perché la Pubblica amministrazione non può addurre eventuali disfunzioni della organizzazione dei propri uffici perché, tra l’altro, incombe su di essa adottare modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire gli illeciti e, in definitiva, delle misure idonee ad evitare il danno.

Non si può, difatti, pretendere che sia il cittadino leso a dare la prova della cattiva organizzazione dei pubblici uffici. Nello spirito della riforma di cui all’art. 2 bis della L. 241 del 1990 è, ad avviso del Collegio, più corretto ritenere che incombe sulla pubblica amministrazione, per sottrarsi alla responsabilità, l’onere di provare che il lesivo comportamento del funzionario agente non le è imputabile, avendo essa adottato modelli di organizzazione degli uffici e di gestione del procedimento amministrativo conformi alle regole di proporzionalità, affidamento, ragionevolezza, buon andamento ed imparzialità, idonei a prevenire eventi di danno.

Scontata quindi la colpa dell’Amministrazione nel tardivo rilascio del titolo autorizzatorio, resta da vedere come il ritardo con cui è stato concluso il procedimento amministrativo debba essere esattamente individuato e se esso abbia effettivamente cagionato un danno patrimoniale ai ricorrenti.

Quanto al primo punto è necessario ricostruire la vicenda in fatto al fine di determinare l’entità del ritardo con cui il procedimento è stato concluso.

Questa la sequenza degli atti adottati e degli eventi verificatisi:

1) la domanda volta all’ottenimento dell’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto fotovoltaico da realizzarsi nel Comune di Ittiri è stata presentata in data 5 novembre 2009 presso il servizio energia dell’assessorato regionale dell’Industria della Regione autonoma della Sardegna; l’istanza veniva corredata anche del parere favorevole dell’assessorato alla difesa dell’ambiente della Regione;

2) in data 15 aprile 2010 (vale a dire 163 giorni dopo la presentazione della domanda e a 17 giorni dalla scadenza del termine per concludere il procedimento) il Direttore del servizio energia dell’assessorato all’Industria comunicava quanto segue:

"con deliberazione di Giunta regionale n. 10/3 del 12.03.2010, pubblicata sul BURAS n. 10 Parte I e II dell’1.4.2010 che ha dato attuazione alla L.R. 3/2009, come modificata dalla L.R. 5/2009, il servizio Energia dell’assessorato all’Industria è stato individuato quale ufficio competente pro tempore al rilascio della autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e sono state approvate le linee guida del procedimento. In particolare l’art. 5 delle citate linee guida individua puntualmente la documentazione che deve essere allegata all’istanza di autorizzazione e le modalità con cui deve essere proposta, inoltre, l’art. 6 commi 5 e 6, prevede dei requisiti soggettivi in capo al richiedente nonché dei requisiti di natura tecnica relativi alle "serre fotovoltaiche effettive. Si chiede al riguardo di integrare la domanda di autorizzazione unica con una dichiarazione del richiedente che dimostri la sussistenza dei requisiti richiesti dal citato art. 6. In considerazione di quanto sopra, in relazione all’istanza presentata si chiede di voler confermare la permanenza del proprio interesse al provvedimento autorizzatorio e in tal caso a procedere alla integrazione/regolarizzazione della stessa istanza in conformità alle disposizioni di cui al citato art. 5 delle Linee guida e dei relativi allegati entro e non oltre 30 giorni dalla pubblicazione delle stesse sul B URAS (art. 12 comma 4 all D.G.R. 1073 del 12 marzo 2010)";

3) in data 18.06.2010 i ricorrenti notificavano il presente gravame;

4) in data 23.07.2010 con nota prot. 19587 il Direttore del servizio Energia dell’assessorato all’Industria della Regione autonoma della Sardegna comunicava che:

"in ottemperanza a quanto disposto dalla deliberazione della Giunta regionale n. 25/40 dell’1.07.2010, si trasmette l’istanza indicata in oggetto all’amministrazione in indirizzo per gli adempimenti conseguenti. La Giunta con la citata delibera, in considerazione del disposto legislativo 23.12.2004 n. 266 che ha ricompreso nella categoria delle attività agricole connesse la produzione di energia elettrica e calorica derivante da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche ha individuato l’assessorato dell’agricoltura e riforma agropastorale quale soggetto competente al rilascio delle autorizzazioni "serre fotovoltaiche effettive";

5) in data 9 agosto 2010 veniva emessa la nota prot. 15656/X.7.5. del direttore del servizio struttura della direzione generale dell’assessorato all’agricoltura della Regione autonoma della Sardegna avente ad oggetto la regolarizzazione istanza in attuazione della D.G.R. 25/40 dell’1.07.2010 e del decreto dell’assessore dell’agricoltura n. 1820/DECa/73 del 20.07.2010 la quale richiedeva in particolare la documentazione attestante la qualifica di imprenditore agricolo e la relazione agronomica che dimostri la capacità agricola adeguata ed il livello minimo di illuminamento previsto.

Tale ultima nota veniva adottata a seguito del decreto dell’assessore regionale all’agricoltura sopra citato.

La F., a seguito delle plurime richieste di integrazioni ha comunicato (con nota dell’11.08.2010 pervenuta all’ente in data 18.08.2010) di avere regolarizzato la iniziale domanda in data 3.8.2010.

L’autorizzazione veniva rilasciata solo in data 18.02.2011.

Da tutto quanto precede risulta con certezza quindi:

1) che il procedimento amministrativo è stato avviato in data 5.11.2009;

2) che l’Amministrazione è rimasta inerte per 163 giorni;

3) che al 163° giorno ha richiesto integrazioni a seguito dell’entrata in vigore delle Linee guida allegate alla delibera 10/3 del 12.03.2010 con una nota del tutto generica;

4) che in data 18.08.2010 F. ha comunicato di avere depositato le ultime integrazioni documentali e che, da quel momento doveva farsi decorrere il termine residuo per rilasciare l’autorizzazione che, quindi, veniva a scadere in data 04.09.2010.

Ne consegue che, oltre ad una sospensione del procedimento amministrativo per fatto dipendente esclusivamente dall’Amministrazione e che questo Giudice ritiene non integrare una fattispecie di illecito, resta invece un ulteriore lasso temporale completamente ingiustificato e che integra un danno da ritardo risarcibile.

Il ritardo accumulatosi per il rilascio dell’autorizzazione unica, in base ai criteri sopra descritti deve essere computato dal 04.09.2010 al 18.02.2011 data del rilascio dell’autorizzazione (esattamente 166 giorni).

Quanto al secondo punto va osservato quanto segue.

Nel caso di specie, ricorre l’ipotesi in cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l’amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento.

Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. "bene della vita", costituito nel caso di specie dalla possibilità di avviare la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico.

In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.

Secondo la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato (sentenza 28 febbraio 2011 n. 1271) la norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre 2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato in ipotesi negativo).

Nel caso di specie, non rileva la questione della risarcibilità del danno da ritardo in caso di non spettanza del c.d. "bene della vita" e della compatibilità dei principi affermati dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 7/2005 con il nuovo art. 2bis della legge n. 241/90, avendo la stessa amministrazione riconosciuto tale spettanza con il (tardivo) rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003.

Si deve, quindi, passare a verificare gli elementi probatori in ordine all’esistenza del danno e al rapporto di causalità con il menzionato ritardo.

Per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l’illegittimo esercizio (o, come nel caso di specie, mancato esercizio) dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, nè può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato (Cons. Stato,. V, 13 giugno 2008 n. 2967).

La stessa richiamata giurisprudenza ha anche precisato che l’onere probatorio può ritenersi assolto allorché il ricorrente indichi, a fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri di quantificazione dello stesso, salvo il potere del giudice di vagliarne la condivisibilità attraverso l’apporto tecnico del consulente o, comunque, quando il ricorrente fornisca un principio di prova della sussistenza e quantificazione del danno.

Nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio i ricorrenti hanno in parte assolto all’onere probatorio su di essi gravante.

Ritiene, quindi, il Collegio, che la peculiarità del caso di specie, possa giustificare il ricorso alla determinazione dei criteri ai sensi dell’art. 34 comma 4 del Codice del processo amministrativo in base ai quali l’Amministrazione dovrà proporre in favore dei ricorrenti il pagamento di una somma di denaro entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza.

Pertanto, per la determinazione del danno l’amministrazione dovrà riferirsi:

a) alla mancata produzione di energia elettrica per il tempo corrispondente al ritardo accumulato nel rilascio dell’autorizzazione, calcolata con riferimento ad un impianto fotovoltaico di pari potenza rispetto a quello assentito ai ricorrenti;

b) alla mancata percezione del contributo riconosciuto dal GSE (e la sua diminuzione), per la mancata produzione dell’energia elettrica di cui al punto precedente;

c) all’utile di impresa non percepito nel predetto periodo, il che costituisce il danno da ritardo risarcibile.

L’amministrazione regionale è tenuta a proporre ai ricorrenti il pagamento della somma di cui al punto c), quantificata secondo i criteri indicati sub a) e b), entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza.

Deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno morale proposta dai ricorrenti

Ciò in quanto non è stata fornita alcuna prova specifica che dimostri i concreti cambiamenti che l’illecito ha, peggiorativamente, arrecato agli stessi; anche in considerazione delle molteplici forme che può assumere il danno non patrimoniale (danno morale soggettivo, danno biologico in senso stretto, danno esistenziale derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale interessanti la persona), soltanto il danneggiato può fornire precise indicazioni atte a comprovare la tipologia di danno subito, mentre il giudice non può mai sopperire a tale onere di allegazione.

In definitiva il ricorso è fondato nei termini dianzi esposti e merita accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:

dichiara improcedibile l’azione di annullamento per sopravvenuta carenza di interesse;

accoglie in parte la domanda risarcitoria e per l’effetto condanna l’amministrazione resistente a risarcire al ricorrente il danno derivato dal ritardo nel rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico nel Comune di Ittiri e ordina all’amministrazione di proporre ai ricorrenti il pagamento di una somma di denaro entro il termine ed in base ai criteri indicati in motivazione;

condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali in favore dei ricorrenti che liquida in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre I.V.A., C.P.A. e restituzione contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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