Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-07-2011, n. 29862 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 27/10/10 il Tribunale di Sorveglianza di Milano dichiarava inammissibile l’istanza di B.G. intesa alla detenzione domiciliare, previo riconoscimento del requisito della collaborazione della giustizia L. n. 82 del 1991, ex art. 16-nonies (introdotto con L. n. 45 del 1991) e art. 58-ter op, rigettava la contestuale istanza intesa alla semilibertà, riconosceva il requisito della collaborazione ex art. 58-ter op. Premesso che il B. era in espiazione della pena dell’ergastolo per i reati di omicidio, distruzione di cadavere, violazione della legge sulle armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, traffico illecito di stupefacenti e altro, il Tribunale escludeva potersi riconoscere il requisito della collaborazione ai sensi della L n. 82 del 1991, art. 16-nonies (in deroga ai limiti di pena), mancando – in presenza di tutte le altre condizioni – quella del ravvedimento di cui al comma 4 della norma (la relazione di sintesi del carcere di (OMISSIS), pur dando atto della collaborazione, della formale regolarità della condotta e dell’intensa partecipazione del B. alle attività trattamentali, si esprimeva per la prosecuzione dell’osservazione intramuraria in considerazione della mancanza di una seria e compiuta revisione critica, del recente trasferimento disposto dal carcere di (OMISSIS) per motivi di ordine e sicurezza, dell’incertezza in ordine ai riferimenti esterni). Di qui l’inammissibilità dell’istanza di detenzione domiciliare (presso i genitori in (OMISSIS)).

Il Tribunale rigettava invece l’istanza di semilibertà, non essendo stata prospettata alcuna attività lavorativa.

Riconosceva infine (in considerazione delle note positive della DNA e della DDA) il requisito della collaborazione ex art. 58-ter op (non derogativo dei limiti di pena).

Ricorreva per cassazione il detenuto personalmente (15/11/10), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: 1) per la mancata acquisizione della documentazione afferente tutti i sedici anni fin lì trascorsi in detenzione, al fine della più approfondita vantazione dei dati necessari, ivi compreso quello del ravvedimento che mai avrebbe potuto essere riconosciuto da un istituto penitenziario, come nel caso di (OMISSIS), dopo soli cinque mesi di detenzione; 2) per il contraddittorio riconoscimento di tutti i precedenti giudizi positivi sulla propria collaborazione e di quello stesso contenuto nella citata relazione di sintesi del carcere di (OMISSIS), ritenuto tuttavia insufficiente al riconoscimento del beneficio.

Ricorreva anche la difesa del B. (23/11/10), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: sotto il primo profilo non si era considerato che il soggetto per tutti gli anni di detenzione aveva goduto dei relativi periodi di liberazione anticipata e aveva sempre mantenuto un ottimo comportamento intramurario, nuocendogli solo i frequenti e immotivati trasferimenti che avevano impedito nel tempo una puntuale e precisa osservazione da parte dell’equipe carceraria; sotto il secondo profilo non si era considerato che il ravvedimento del B., che aveva cominciato a collaborare (quindi non strumentalmente) dopo la condanna all’ergastolo, si poteva desumere dal suo sicuro allontanamento dagli ambienti criminosi, dal suo corretto rapportarsi sia con gli operatori penitenziari che con i compagni di detenzione, dalla manifestata volontà di assistere, in sede di detenzione domiciliare, fino alla loro morte gli anziani genitori.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C., osservato che con la sua motivazione il Tribunale aveva correttamente adempiuto alla propria valutazione, squisitamente di merito, chiedeva il rigetto del ricorso.

Il ricorso, infondato, va rigettato. Esso, sottolineando le benemerenze collaborative e comportamentali del soggetto richiedente il beneficio della detenzione domiciliare, tende a sovrapporre le proprie valutazioni a quelle, correttamente e congruamente motivate, del giudice di merito, che ha debitamente preso in esame tutti i dati di fatto necessari e sufficienti alla propria valutazione.

La posizione in argomento della giurisprudenza di legittimità è nota: "Alla luce della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dettata dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia: a) "effettiva", ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non "manifestamente illogica", ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non internamente "contraddittoria", ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non logicamente "incompatibile" con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione" (così Cass., 6^, sent. n. 10951 del 15/3/06, rv 233708, imp. Casula).

Nel caso in esame i detti requisiti sono tutti presenti, giungendo il decidente, pur in presenza delle altre condizioni, ad escludere, allo stato, un sicuro ravvedimento ai fini di cui alla L. n. 82 del 1991, art. 16-nonies. La mancanza di un esame ancor più approfondito non può essere censurato come vizio di motivazione in sede di giudizio di legittimità, nè possono imputarsi al giudicante i frequenti trasferimenti che avrebbero impedito una più compiuta osservazione da parte dell’equipe carceraria.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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