Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-07-2011, n. 29861 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 23/9/10 il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari dichiarava inammissibile l’istanza di G.P. volta all’affidamento in prova in casi particolari D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 94.

Il Tribunale, rilevato che il G., in espiazione della pena di anni otto di reclusione, di cui cinque da scontare, per una rapina armata commessa in concorso l’8/5/95, aveva fondato la domanda su una certificazione del Ser.D. dell’ASL di Nuoro attestante la presenza di abuso di alcol in trattamento dall’aprile 2009, osservava che il titolo in esecuzione richiedeva per l’accesso al beneficio un residuo di pena non superiore a quattro anni e che la certificazione allegata non attestava un’alcoldipendenza o un uso abituale di alcol bensì solo un abuso di alcol. L’istanza era perciò inammissibile. Era tuttavia anche infondata, non essendovi nel merito le condizioni dell’accoglimento: recupero del paziente, prevenzione della recidiva (dopo la rapina, che aveva fruttato al tempo oltre L. 165.000.000 mai più recuperati, il G. era stato latitante per circa otto mesi;

l’abuso di alcol era conseguito alla tensione per la grave accusa che pendeva nei suoi confronti).

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo: 1) violazione di legge, per essere stata ritenuta l’ostati vita del reato commesso (per la residua pena da espiare), laddove nei confronti del G. non vi era alcun elemento tale da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata (giusta il richiamo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, all’art. 4-bis op); 2) vizio di motivazione, perchè l’alcoldipendenza (non preordinata) del soggetto era conclamata dalla certificazione agli atti, era in corso la rivisitazione critica del reato (commesso 15 anni prima del passaggio in giudicato della condanna), era completamente cambiato il suo stile di vita con il matrimonio, il figlio e il lavoro di panificio- pasticceria intrapreso in comune con la moglie; perchè, inoltre, i benefìci penitenziari in caso di reati ostativi (giusta una corretta interpretazione dell’art. 4-bis op) non andavano concessi alla condizione che non risultassero collegamenti con la criminalità organizzata, ma andavano negati qualora tali collegamenti positivamente risultassero. Chiedeva l’annullamento.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C., considerata la preclusività del reato in espiazione (giusta i rilievi in diritto dell’ordinanza impugnata), chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorso, infondato, va rigettato.

E’ giurisprudenza pacifica di questa Corte di legittimità che "il richiamo operato, senza alcuna distinzione, dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 50, comma 2 (cosiddetto ordinamento penitenziario) a tutte le previsioni contenute nell’art. 4-bis, comma 1, art. 1 ter e art. 1 quater stessa legge, deve intendersi riferito all’individuazione dei delitti da esse contemplati come sintomatici di un livello di pericolosità di base del condannato tale da giustificare restrizioni alla fruibilità del beneficio della semilibertà quando questo sia concedibile, non essendo sufficiente la sola mancanza di elementi tali da fare ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica od eversiva". (Fattispecie relativa a condanna per il delitto di cui all’art. 73 e art. 80, comma 2, T.U. disposizioni in materia di stupefacenti, in relazione alla quale si è ritenuto che, per l’accesso alla misura alternativa, sia necessaria l’espiazione di almeno due terzi della pena inflitta: Cass., 1, sent. n. 5486 del 13/1/10, rv. 246119, imp. Loaiza Garcia; ma v. anche Cass., 1, sent. n. 24175 del 13/5/10, rv. 247948, imp. Aufiero).

I principi su affermati (validi non solo per la semilibertà di cui all’art. 50 op, ma, vista l’analoga formulazione normativa, anche per l’affidamento in prova in casi particolari di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94) collidono con la pretesa oggetto del ricorso e ne escludono la fondatezza. Assorbite le ulteriori doglianze di legittimità e di merito.

(comunque inammissibili le seconde in questa sede, a fronte, come nel caso, di una corretta e congrua valutazione del giudice del provvedimento impugnato).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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