Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-07-2011, n. 29851 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 11/2/10 la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza 24/4/09 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che con la recidiva e la continuazione condannava M.M. alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione e 1.000,00 Euro di multa per il reati (accertati in (OMISSIS)) di detenzione e porto illegali di pistola alterata e clandestina (capo c), ricettazione della medesima (capo c-bis) e di porto ingiustificato di una mazza di legno (capo e). Con lui condannato, per porto ingiustificato di un coltello a serramanico (capo f), K. K. (mesi due di arresto e 100,00 Euro di ammenda).

In primo grado il M. era stato prosciolto, per mancanza di querela, dal reato di lesioni colpose (cosi derubricata l’originaria imputazione di lesioni volontarie in danno di G.N.:

capo b) ed assolto, rispettivamente perchè il fatto non sussiste e per non aver commesso il fatto, dai reati di tentato omicidio (in danno dello stesso G.N., di C.M. e di terza persona non identificata: capo a) e di alterazione di armi (capo d).

Il fatto. Dopo una lite in un bar con alcuni cittadini romeni il M. aveva atteso all’esterno del locale i suoi contraddittori a bordo della propria macchina e li aveva minacciati con una pistola.

Mentre uno degli antagonisti tentava di disarmarlo, aveva accidentalmente esploso (secondo l’accolta versione dell’imputato) un colpo che si era infisso nella serranda chiusa di un negozio sito accanto al bar. La pistola, rimasta in possesso dell’avversario (che la consegnava ad un militare della guardia di finanza lì presente fuori servizio) mentre il M. si allontanava con l’auto, risultava una pistola giocattolo modificata nella canna che consentiva di sparare proiettili cal. 7,65. Ritornato sul posto armato di una mazza di legno e con lui un amico (il K.) con un coltello a serramanico, entrambi erano fermati dai CC nel frattempo intervenuti. Quindi il procedimento penale e le sentenze di primo e secondo grado.

Ricorreva per cassazione, con atto a sua firma, il solo M..

Deduceva con unico motivo violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità ( L. n. 895 del 1967, ex art. 5): il giudice di appello, disattendendo lo specifico motivo di impugnazione che faceva leva sull’unicità dell’arma illegalmente detenuta e sulla sua scarsa qualità, riproponeva le valutazioni del giudice di primo grado, che negava l’attenuante a ragione dell’origine clandestina dell’arma medesima.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.

Il ricorso, infondato, va rigettato.

Il giudice di appello ha correttamente negato l’attenuante richiesta non solo per la clandestinità dell’arma (ragione di per sè sufficiente per la giurisprudenza ormai prevalente e consolidata di questa Corte: v. da ultimo Cass., sez. 1^, sent. n. 14624 del 6/3/08, rv. 239905, Vespa), ma – espressamente – anche per la perfetta funzionalità dell’arma stessa e la sua utilizzazione dopo un futile litigio.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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