Cons. Stato Sez. V, Sent., 05-08-2011, n. 4711 Controversie in materia di commercio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

G. U., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società J. s.a.s. ha proposto appello avverso la sentenza del T.R.G.A., Sezione Autonoma della Provincia di Bolzano n. 00027/1999, con la quale è stato respinto il ricorso da esso proposto contro il Comune di Appiano, per l’annullamento del provvedimento di archiviazione della domanda di risanamento e ristrutturazione e ampliamento dell’esercizio di pubblico "J.".

L’appellante assume che la sentenza è ingiusta e gravatoria e ne chiede l’annullamento o la riforma alla stregua dei seguenti motivi:

violazione dell’art. 3 della l. provinciale 14 dicembre 1988, n. 58 e dell’art. 5 del DPGP 2 settembre 1992, n. 33 in relazione all’art. 4 della l. prov. 14 dicembre 1998, n. 58;

eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto.

La Provincia di Bolzano, costituitasi in giudizio, ha chiesto la propria estromissione dal giudizio e nel merito il rigetto dell’appello.

le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, alla pubblica udienza del 1° febbraio 2011, il giudizio è stato assunto in decisione.

Per una migliore comprensione delle questioni controverse, si rende necessaria una breve ricostruzione dei fatti.

A seguito di un incendio sviluppatosi nella notte tra il 23 e 24 giugno 1991, veniva completamento distrutto il complesso immobiliare J. Club, di proprietà della società J. s.a.s. di G. U., sito nel Comune di Appiano alla via Bolzano n. 5/a.

Per tale esercizio era stata rilasciata licenza n. 88 del 1990 per la conduzione di un bar con cibi cotti e altra licenza per intrattenimenti (sala da ballo).

In seguito all’incendio la società chiedeva al Comune di Appiano il trasferimento provvisorio dell’esercizio dalla via Bolzano alla via Caldaro n. 55 e presentava anche alcuni progetti di ricostruzione dell’edificio distrutto con proposte di ampliamento che prevedevano l’esercizio della ristorazione, locali accessori, piste dei birilli e due appartamenti.

La domanda otteneva il parere positivo dalla commissione comunale per gli esercizi pubblici, mentre la commissione edilizia, nella seduta del 1°giugno 1993, pronunciava parere negativo, ribadito nella seduta del 7 novembre 1993 della commissione urbanistica comunale.

L’Ufficio affari legali dell’Urbanistica provinciale, alla quale il Comune richiedeva parere, confermava che il progetto edilizio non poteva essere approvato, non risultando esistente sulla p.ed. 1875 l’esercizio alla data del 22 luglio 1992.

Tale parere veniva trasmesso alla società ricorrente con nota del 30 novembre 1993, con l’annotazione che il progetto edilizio veniva archiviato.

Con ricorso proposto avanti il TRGA, sezione di Bolzano, la società impugnava il suddetto provvedimento, il parere dell’ufficio legale della provincia di Bolzano e il parere negativo della commissione edilizia comunale, deducendo i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. provinciale 14 dicembre 1988, n. 58 e dell’art. 5 del DPGP 2 settembre 1992, n. 33 in relazione all’art. 4 della l. prov. 14 dicembre 1998, n. 58 perché le amministrazioni avrebbero preso quale parametro normativo le disposizioni riguardanti i meri esercizi di somministrazione di pasti e bevande e non gli esercizi di trattenimento con attività accessoria di somministrazione bevande e pasti;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 18 quater della l. prov. 23 giugno 1992, n. 21 e segg.; dell’art. 5 del DPGP 2 settembre 1992, n. 3 per avere le amministrazioni dato per certa l’inesistenza del Jewel Club in data 2 luglio 1992 ed eccesso di potere per motivazione travisata ed insufficiente;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 4 della l. 14 dicembre 1988, n. 58 in relazione all’art. 41 della Costituzione per inosservanza dei principi della libera concorrenza e dell’iniziativa economica privata.

La Provincia Autonoma di Bolzano resisteva in giudizio.

Il TRGA Bolzano, con la sentenza impugnata, dopo aver acquisito i pareri della commissione urbanistica e una relazione tecnica relativa al progetto di ricostruzione, rigettava il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della Provincia Autonoma di Bolzano.

La suddetta sentenza veniva impugnata con l’atto di appello qui in esame da G. U., nella duplice qualità in atti.

Tutto ciò premesso in fatto e prima di esaminare le censure dedotte dall’appellante, va esaminata la richiesta di estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva della Provincia Autonoma di Bolzano.

La domanda è infondata e va respinta.

La Provincia di Bolzano ha partecipato, infatti, al procedimento amministrativo conclusosi con l’archiviazione, assumendo in conseguenza la qualità di parte nel giudizio relativo a detto procedimento, a nulla rilevando che il parere reso dalla Provincia fosse meramente facoltativo, atteso che ad esso si è conformata l’amministrazione comunale di Appiano.

Peraltro, la Provincia Autonoma di Bolzano ha accettato il contraddittorio sin dal giudizio di primo grado, costituendosi in giudizio e sostenendo la legittimità del provvedimento impugnato, sicché è per lo meno tardiva e contraddittoria la richiesta di estromissione dal giudizio proposta nel giudizio di appello.

Vanno, quindi, esaminate le censure dedotte dall’appellante.

Con il primo motivo egli lamenta che il Comune e la Provincia abbiano identificato il locale, per il quale è richiesta l’autorizzazione alla ristrutturazione ed all’ampliamento, con gli esercizi di somministrazione di pasti e bevande di cui all’art. 3 della l. prov. n. 58 del 1988, ai quali fa riferimento l’art. 5 del regolamento di esecuzione alla l. prov. 23 giugno 1992, n. 21 adottato con DPGP n. 33 del 1992 che consente l’ampliamento solo agli esercizi di ristorazione esistenti al 22 luglio 1992.

La censura non è fondata.

Come esattamente rilevato dal giudice di prime cure, nell’immobile oggetto della domanda di ristrutturazione ed ampliamento, oltre all’attività di intrattenimento inerente una sala da ballo, veniva esercitata l’attività di somministrazione di pasti e bevande, circostanza che risulta dalla relativa licenza rinnovata in data 29 maggio 1992.

Peraltro, lo stesso richiedente, nella relazione tecnica allegata al progetto, fa espresso riferimento alla progettata realizzazione di un ristorante.

Ne consegue che è legittima l’identificazione dell’immobile con un esercizio di somministrazione di cibi e bevande ed è legittimo il diniego che ne deriva in applicazione dell’art. 5 del DPGP n. 33 del 1992, atteso che sulla p.ed. 1875 c.c. di Appiano non era esistente alcun esercizio al 22 luglio 1992.

Con il secondo motivo, parte ricorrente lamenta che le amministrazioni non abbiano considerato che l’esistenza dell’esercizio alla data del 22 luglio 1992, non significa che l’esercizio dovesse esistere necessariamente nel locale oggetto dell’ampliamento qualitativo.

Anche questa censura è infondata.

Invero, l’art. 5 del regolamento di esecuzione approvato con DPGP n. 33 del 1992, ad oggetto "Ampliamento qualitativo di esercizi di somministrazione di pasti e bevande", stabilisce che "Gli esercizi di somministrazione di pasti di cui all’art. 3 della l. p. n. 58/88, esistenti il 22 luglio 1992, possono essere ampliati per il miglioramento qualitativo..".

Orbene, dal dato testuale della norma, è indubbio che essa si riferisca esclusivamente ad esercizi esistenti in loco e non ad esercizi siti in altra località ed è indubbio che alla data del 22 luglio 1992, in via Bolzano non esisteva l’esercizio oggetto dell’istanza di ampliamento perché trasferito in via Caldaro, nella zona produttiva del comune di Appiano, lontana diversi chilometri dalla via Bolzano.

D’altra parte l’interpretazione restrittiva dell’art. 5 del Regolamento di esecuzione di cui al più volte citato DPGP n. 33 del 1992 si impone trattandosi di norma che deroga, in favore degli esercizi esistenti, alla disciplina generale che vieta nuovi insediamenti nella zona con destinazione a verde agricolo e, quindi, va riferita solamente agli esercizi esistenti in loco alla data del 22 luglio 1992.

Entrambe le censure dedotte dal ricorrente sono infondate, sicché l’appello va rigettato con conferma della sentenza di primo grado.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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