Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-07-2011) 27-07-2011, n. 30010 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 4 marzo 2010, la Corte d’Appello di Napoli, investita, a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Quarta Sezione Penale di questa Corte, della decisione circa la domanda di riparazione per ingiusta detenzione presentata da G. V., la rigettava.

Rilevava la Corte territoriale che la condotta serbata dall’istante, il quale si avvalse della facoltà di non rispondere a fronte di circostanziate accuse nei suoi confronti da parte di tre collaboratori di giustizia, aveva sicuramente contribuito a rafforzare negli inquirenti il convincimento dell’esistenza di validi indizi di reità in ordine ai reati ipotizzati richiesti per l’emissione del provvedimento restrittivo.

Aggiungeva, poi, che un eventuale disconoscimento dei suoi accusatori da parte del G. avrebbe potuto determinare gli inquirenti a disporre ulteriori accertamenti per chiarire i rapporti intercorrenti tra i diversi personaggi coinvolti nella vicenda.

Avverso tale decisione proponevano ricorso per cassazione gli eredi del G., deducendo che la Corte territoriale era incorsa nei medesimi vizi rilevati nella precedente pronuncia di questa Corte.

Osservavano, a tale proposito, che il silenzio serbato dal congiunto non poteva aver rafforzato negli inquirenti, come affermato dai giudici della riparazione, la convinzione dell’esistenza di validi indizi per l’emissione del provvedimento cautelare, posto che l’interrogatorio era stato effettuato dopo l’esecuzione della misura.

Aggiungevano poi che i riferimenti al mancato disconoscimento degli accusatori erano formulati in via del tutto ipotetica e generica, senza indicare le ragioni per le quali, in concreto, una risposta avrebbe inciso sul protrarsi della custodia cautelare con rapporto di causa ed effetto.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente richiamare l’attenzione sulla circostanza che, con la sentenza 671/08, la Quarta Sezione Penale di questa Corte, nel disporre l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, richiamava il principio secondo il quale, "m tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa della colpa grave dell’interessato – fermo restando l’insindacabile diritto al silenzio o alla reticenza o alla menzogna da parte della persona sottoposta ad indagini e dell’imputato…… nell’ipotesi in cui solo questi ultimi siano in grado di fornire una logica spiegazione, alfine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso delle indagini, non il silenzio o la reticenza, in quanto tali, rilevano, ma il mancato esercizio di una facoltà difensiva, quanto meno sul piano dell’allegazione di fatti risolutivamente favorevoli a lui noti che, se non può essere da solo posto a fondamento dell’esistenza della colpa grave, vale però a far ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo casualmente efficiente nel permanere della misura cautelare, del quale può tenersi conto nella valutazione globale della condotta in presenza di altri elementi di colpa".

A tale inequivocabile formulazione del principio di diritto cui attenersi, la Corte territoriale non ha però fornito adeguato riscontro. Invero, il silenzio mantenuto dall’indagato in occasione dell’interrogatorio è stato negativamente valutato dai giudici della riparazione senza tuttavia indicare, in modo esauriente, le ragioni per le quali in tale legittima scelta defensionale dovevano individuarsi quei profili di dolo o colpa grave che legittimavano una reiezione della domanda.

Del tutto illogica si profila infatti, come correttamente osservato in ricorso, l’affermazione secondo la quale la scelta di non rispondere avrebbe contribuito a rafforzare negli inquirenti la convinzione che vi fossero validi indizi di reità per l’applicazione della misura custodiale, poichè all’atto dell’interrogatorio la misura era stata già eseguita ed i presupposti per la sua applicazione erano stati, evidentemente, già considerati.

Altrettanto insufficiente si palesa, inoltre, la ulteriore asserzione secondo cui un diverso atteggiamento del prevenuto, quale un disconoscimento anche generico dei suoi accusatori, avrebbe potuto indurre gli inquirenti ad ulteriori verifiche ed indagini.

Si tratta infatti, da un lato, di un apprezzamento del tutto vago che si limita a considerare, in via meramente ipotetica, un differente esito delle indagini quale conseguenza di un diverso atteggiamento dell’indagato e, dall’altro, sicuramente inconferente, posto che il non aver negato di conoscere i tre collaboratori di giustizia che lo accusavano non avrebbe comunque posto il G. nella condizione di colui che omette di indicare specifiche circostanze, ignote agli inquirenti, idonee a prospettare una spiegazione logica tale da attribuire un diverso significato agli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare che la giurisprudenza richiamata inequivocabilmente richiede.

Come correttamente rilevato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta, manca dunque nel provvedimento impugnato ogni riferimento ad elementi ulteriori ed alle circostanze che l’indagato avrebbe potuto addurre a sua discolpa e che, invece, ha taciuto.

Tale lacuna motivazionale dovrà pertanto essere colmata nel successivo giudizio di rinvio nel quale dovrà essere tenuto in considerazione il principio di diritto già formulato nella precedente pronuncia di questa Corte e richiamato da questo Collegio.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata ordinanza con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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