Cass. pen., sez. IV 24-07-2007 (12-07-2007), n. 30002 Luogo di ascolto diverso da quello di esecuzione delle intercettazioni – Inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

OSSERVA
1) V.F. e U.M. hanno proposto richiesta di riesame contro l’ordinanza 10 gennaio 2007 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma che aveva loro applicato la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74.
Il Tribunale di Roma, sezione per il riesame, dopo aver respinto la richiesta di dichiarazione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, ha esaminato la posizione di V. condividendo il parere del Gip sull’esistenza della gravità indiziaria sia sulla partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti sia in relazione ad un reato fine contestato relativo al tentativo di importazione nello Stato di trenta chili di cocaina.
A queste conclusioni il giudice del riesame è pervenuto con l’esame delle conversazioni intercettate di cui nel provvedimento viene riportata una sintesi.
Per quanto riguarda invece la posizione di U. il Tribunale ha ritenuto la gravità indiziaria sul coinvolgimento del predetto limitatamente ad un unico episodio relativo al traffico di sostanze stupefacenti ed ha affermato che l’episodicità di questo episodio non consentisse di ritenere la gravità indiziaria per quanto riguarda l’ipotesi associativa di cui all’art. 74 indicato in precedenza.
Conclusivamente il Tribunale – avendo ritenuto anche l’esistenza delle esigenze cautelari – ha confermato la misura cautelare più grave per quanto riguarda V., l’ha annullata per U. limitatamente al reato di cui al ricordato D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e ha sostituito nei confronti di quest’ultimo la misura applicata dal Gip con quella degli arresti domiciliari.
2) Contro questa ordinanza hanno proposto ricorso entrambi gli indagati.
V.F., con il ricorso da lui proposto, ha dedotto con il primo motivo la mancanza di motivazione sulla configurabilità del reato associativo. Il ricorrente sottolinea che le condotte ipotizzate si sarebbero esaurite nell’arco di dieci giorni e si riferirebbero a due sole operazioni di importazione di sostanze stupefacenti. Queste caratteristiche escluderebbero l’esistenza di una struttura stabile e di una ripartizione di compiti tra gli associati.
Nel ricorso si evidenzia poi che il contenuto delle conversazioni intercettate sarebbe inidoneo a dimostrare la partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso ed in particolare non verrebbe addotto alcun elemento idoneo a dimostrare la consapevolezza del ricorrente del contesto associativo in cui si svolgeva la sua attività. L’episodicità delle condotte escluderebbe inoltre che il ricorrente fosse stabilmente inserito nell’organizzazione criminosa.
Con il secondo motivo viene invece dedotta la mancanza di motivazione sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
In particolare, secondo il ricorrente, gli indizi indicati nel provvedimento impugnato sarebbero privi dei requisiti della certezza e della gravità. Per quanto riguarda invece le esigenze cautelari il provvedimento impugnato non avrebbe tenuto conto della circostanza che il ricorrente era incensurato e che l’associazione di cui è accusato far parte era stata ormai "sgominata". Parimenti difetterebbe di motivazione la ritenuta adeguatezza della misura applicata.
3) Contro l’ordinanza indicata ha proposto ricorso anche U. M. il quale ha dedotto anzitutto la violazione di legge per non avere ritenuto, l’ordinanza impugnata, l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche.
Il ricorrente precisa in fatto che le intercettazioni erano state eseguite presso gli uffici della procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria ma l’ascolto e la trascrizione delle telefonate erano avvenuti presso uffici della polizia giudiziaria siti in Milano.
Questo sistema, si afferma nel ricorso, sarebbe idoneo ad eludere il disposto dell’art. 268 c.p.p., comma 3 perchè, di fatto, trasferirebbe l’esecuzione delle operazioni in un luogo diverso dagli uffici della procura rendendo vane le garanzie previste dalla legge nei confronti di uno strumento di indagine particolarmente invasivo ed in particolare la possibilità di controllo, da parte del P.M., della legalità della procedura.
Inoltre, secondo i verbali della polizia giudiziaria, non solo l’ascolto sarebbe avvenuto a Milano ma anche la registrazione delle conversazioni. Circostanza confermata dall’inesistenza dei verbali di intercettazione redatti dalla polizia giudiziaria a Reggio Calabria.
E poichè l’ordinanza impugnata è fondata esclusivamente, per quanto riguarda U., sul contenuto delle intercettazioni telefoniche la conseguenza invocata dal ricorrente dovrebbe essere costituita dall’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso U. deduce l’abnormità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui, in conseguenza della concessione degli arresti domiciliari, ha delegato la polizia giudiziaria a disattivare le utenze di telefonia fissa e mobile intestate o comunque in uso al ricorrente trattandosi dell’esercizio di poteri non attribuiti all’autorità giudiziaria.
4) Il ricorso di V.F., per alcuni aspetti inammissibile, è comunque infondato e deve conseguentemente essere rigettato.
Premesso che le censure proposte sembrano riferite esclusivamente alla partecipazione del ricorrente all’associazione di cui all’art. 74 ricordato si osserva che le censure medesime per un verso si rivelano generiche e per altro verso tendono ad una complessiva rivalutazione del quadro indiziario individuato dal giudice di merito.
Il Tribunale ha riportato il contenuto di alcune conversazioni intercettate, di cui ha ricostruito il significato, precisando le ragioni che inducevano a ritenere la partecipazione, anche passata, di V. all’illecito traffico, la ricerca da parte sua dei finanziamenti, la collaborazione prestata alla vendita della sostanza importata.
A fronte di questo quadro ricostruito dal giudice di merito il ricorrente si limita ad evidenziare la brevità del periodo di tempo in cui le condotte accertate sarebbero state poste in essere ma il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, ha ricostruito la trama di rapporti tra le persone stabilmente dedite all’importazione e alla successiva commercializzazione di ingenti quantitativi di cocaina.
In particolare si precisa nel provvedimento che a V. era stato attribuito il compito di trovare nuovi finanziatori a seguito della perdita di un ingente carico della sostanza indicata (tonnellate 1,8) e della conseguente necessità di finanziare, almeno in parte, una nuova spedizione; egli inoltre viene incaricato di pagare i fornitori a comprova della sua piena intraneità nel sodalizio criminoso e la piena fiducia di cui godeva presso i vertici dell’associazione.
Nè il ricorrente, con le proposte censure, fornisce una ricostruzione alternativa plausibile del contenuto dei colloqui.
Parimenti adeguata ed esente da alcun vizio logico o giuridico è poi la motivazione del Tribunale per il riesame sull’esistenza delle esigenze cautelari e sull’adeguatezza della misura applicata con riferimento alla gravità dei fatti commessi e alla capacità operativa e spregiudicatezza dell’indagato che ne connotano l’elevata capacità criminale e rendono adeguata la sola misura carceraria.
Nè il provvedimento impugnato ha omesso di prendere in considerazione l’incensuratezza del ricorrente e la circostanza che l’associazione di cui faceva parte fosse stata disarticolata evidenziando che le caratteristiche in precedenza evidenziate erano idonee a neutralizzare quelle dalla difesa prospettate.
5) Quanto alla censura formulata, dal solo U., sulla asserita inutilizzabilità delle disposte intercettazioni va rilevato che la doglianza non è fondata.
L’art. 268 c.p.p., comma 3 si limita a disporre che le operazioni di intercettazione vengano effettuate presso gli uffici della procura della Repubblica con l’evidente fine di garantire la regolarità delle operazioni e la loro riservatezza.
In alcuna parte della norma si vieta però che l’ascolto delle conversazioni possa essere effettuato, ove gli strumenti tecnici disponibili lo consentano, anche in un altro luogo eventualmente più prossimo alla località dove viene posta in essere la condotta criminosa per consentire un più agevole e rapido intervento. Ciò che rileva, per i fini indicati, è che le operazioni di intercettazione avvengano presso gli uffici della procura e non è contestato che ciò sia nella specie avvenuto.
Del resto, come affermato da questa Corte (v. sentenza Cass., sez. 1^, 2 marzo 2006 n. 10317), "il fatto che siano stati reperiti strumenti tecnici che consentano di deviare le conversazioni intercettate presso apparecchiature installate negli uffici di P.G. non è assolutamente vietato, perchè ciò che la norma vuole, non è rendere difficili le indagini, ma impedire che vi siano abusi nelle intercettazioni".
Priva di alcun rilievo è poi la circostanza che la trascrizione e la riproduzione su nastro magnetico siano avvenute in località diversa dagli uffici indicati perchè ciò che richiede il terzo comma dell’art. 168 ricordato è che le operazioni di intercettazione vengano compiute con gli "impianti" installati presso la procura della Repubblica non che tutti i successivi adempimenti vengano ivi compiuti (sarebbe assurdo pretendere che la trascrizione o la riproduzione su supporto magnetico vengano effettuate sempre ed in ogni caso presso questi uffici).
6) Infondato è infine l’ultimo motivo di censura proposto da U. perchè le modalità utilizzate per impedire le comunicazioni con terzi, dopo la concessione degli arresti domiciliari, costituiscono modalità di attuazione del divieto, eventualmente imposto, di comunicare con persone diverse da quelle che con lui convivono o che lo assistono espressamente previsto dall’art. 284 c.p.p., comma 2. 7) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto dei ricorsi con la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito nella L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 23, comma 1 bis.

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