Cons. Stato Sez. V, Sent., 05-08-2011, n. 4705 Edilizia popolare ed economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, sez. II, con la sentenza n. 557 del 26 febbraio 2007, ha in parte dichiarato inammissibile e in parte ha respinto il ricorso presentato dagli odierni appellanti per l’annullamento delle delibere di consiglio comunale n. 65 e n. 66 del 28.12.2005 aventi ad oggetto, rispettivamente, la prima "PEEP nelle maglie del sub comparto C1/a1- C2/a2- C2/a -C3/a- C3/c- C4 del vigente PRG – Approvazione criteri generali per l’assegnazione delle aree destinate ad edilizia convenzionata. Approvazione bando per la formazione della graduatoria dei richiedenti l’acquisto e/o locazione degli alloggi- Approvazione avviso pubblico per la individuazione delle imprese – Approvazione schema di convenzione per la cessione in proprietà delle aree"; la seconda,"PEEP nelle maglie sub comparti C1/a1- C1/a2- C2/a- C3/a- C3/c- C4 del vigente PRG – Approvazione criteri per la formulazione della graduatoria bando di assegnazione delle aree destinate ad edilizia agevolata. Approvazione schema di convenzione per la cessione in proprietà delle aree".

Inoltre, con il ricorso in primo grado era stato chiesto l’annullamento della delibera di consiglio comunale n. 81 del 16.12.2004, avente ad oggetto "Approvazione schema di convenzione relativa ai piani di lottizzazione o piani particolareggiati delle zone C1C2C3C4C5 del vigente piano regolatore generale"; la delibera del Commissario Straordinario n. 30 del 16.12.2002, avente ad oggetto "Indirizzi operativi per la redazione del PUE – Piani Urbanistici Esecutivi del Comune di Terlizzi"; la delibera GM n. 90 del 15.5.2002 e la conseguente relazione del Dirigente dell’UTC del 17.5.2002, recepita dalla delibera commissariale n. 30/02.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando che la delibera n. 81/04 si limita ad assegnare alle zone C, a seconda delle caratteristiche e dimensioni, le diverse tipologie di intervento riservate ad ERP (edilizia agevolata, sovvenzionata e convenzionata), stabilendo le modalità e i requisiti per l’assegnazione delle aree ERP per edilizia convenzionata, lo schema di convenzione, il prezzo di cessione e il canone di locazione degli alloggi a costruirsi; pertanto, il carattere generale e la mancanza di disposizioni autonomamente lesive non hanno imposto la notifica individuale della predetta delibera, evidenziando così l’inammissibilità dell’impugnazione, proposta oltre un anno dalla sua adozione.

Ugualmente tardiva, secondo il TAR, è l’impugnazione della delibera del Commissario Straordinario del Comune di Terlizzi n. 30 del 16.12.2002, impugnata a distanza di circa 3 anni dalla adozione; tale delibera, assunta con i poteri del consiglio comunale contiene la disciplina di dettaglio per favorire l’attuazione delle disposizioni pianificatorie nelle zone di espansione a mezzo strumenti di iniziativa privata. Non assume rilievo, per il TAR, la circostanza che la delibera commissariale n. 30/02 fosse stata impugnata tempestivamente con altro ricorso, atteso che tale giudizio risulta definito con sentenza di improcedibilità per carenza di interesse, con conseguente definitività della disciplina dettata con la suddetta delibera.

Nel merito, il TAR ha giudicato infondata la domanda del Consorzio ricorrente, volta a contrastare l’assoggettamento di una porzione delle aree del comparto a edilizia residenziale pubblica, poiché l’interesse fatto valere con il ricorso di primo grado sarebbe in contrasto con la legge e con la pianificazione generale del Comune di Terlizzi che stabilisce che nelle zone C deve essere prevista una quota di edilizia residenziale pubblica, successivamente fissata con delibera commissariale n. 30/02 nella misura del 40% della volumetria complessiva necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel decennio 20012011.

Secondo gli appellanti la sentenza sarebbe erronea, atteso che essa afferma che la localizzazione nelle zone C delle aree di edilizia residenziale pubblica era stata effettuata direttamente dal P.R.G.; se il Comune avesse osservato il procedimento corretto avrebbe dovuto procedere alle notifiche individuali ai proprietari dei suoli vincolati.

Inoltre, secondo gli appellanti, la sentenza sarebbe erronea anche nella parte in cui ha dichiarato inammissibile per tardività il ricorso avverso la delibera commissariale n. 30 del 16.12.2002.

Gli appellanti, infine, riproponevano le censure di primo grado avverso le delibere n. 30 del 2002 e n. 81 del 2004.

Si costituiva l’appellato chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 28 giugno 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio, in via preliminare, di dover chiarire che, in materia di localizzazione di aree da destinare all’Edilizia Residenziale Pubblica, il presupposto giuridico per la localizzazione in zone C dell’ERP, in assenza di P.E.E.P., è che le aree siano indicate con apposita delibera dell’organo politico comunale (Consiglio comunale) e che la strumentazione generale urbanistica locale sia stata definitivamente approvata; presupposti che ricorrono entrambi nel caso di specie, atteso che le aree in questione sono state individuate con deliberazione del Commissario straordinario n. 30/2002 ed il vigente piano urbanistico è stato definitivamente approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 1051 del 4.8.2000, entrando in vigore il 30.9.2000, in data antecedente all’adozione dell’impugnata deliberazione commissariale.

Come ha correttamente rilevato il TAR, il Comune appellato non ha proceduto all’individuazione ed approvazione di un vero e proprio piano di zona ex lege 167/62, ma solamente di un programma costruttivo ERP, in attuazione di quanto previsto dallo strumento urbanistico generale, il quale aveva stabilito, per le zone C, l’allocazione di interventi di edilizia residenziale pubblica secondo lo schema previsto dall’art. 51 della legge 865/71 per i Comuni che non fossero provvisti di piani ex lege 167/62.

Appare dunque legittima la scelta comunale di procedere ai sensi dell’art. 51 della legge 865/71.

Per quanto concerne, invece, il P.P.A., il Collegio osserva che l’attuazione dei programmi di ERP è consentita anche in assenza di P.P.A. ai sensi dell’art. 22, comma 2, della legge 179/92 (come sostituto dall’art. 1, comma 10, della legge n. 136/99), che prevede l’attuazione dei suddetti programmi in aree esterne ai suddetti piani di zona di cui alla legge 167/62, purché destinate dallo strumento urbanistico vigente, come detto, all’edificazione a carattere residenziale e gli interventi siano convenzionati con i Comuni secondo i criteri definiti dalla Regione ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 10/1977, come nel caso di specie.

In sintesi, secondo il Collegio, non occorreva alcun preventivo P.P.A., come invece ritengono gli appellanti; P.P.A. del quale lo stesso Comune, con l’impugnata deliberazione Commissariale n. 30/2002, tiene conto affermando esplicitamente "di non dare corso alla redazione del P.P.A. per l’attuazione del P.U.G. in virtù della sospensione prevista dalla legge regionale n. 20/2001".

Lo stesso Comune, pertanto, ha ritenuto espressamente di non dotarsene in attuazione dell’art. 9 della legge regionale n. 20/2001, che ha attribuito ai Comuni una discrezionale facoltà di adozione del P.P.A., avendone sospeso l’obbligo.

In conclusione, la contestata previsione di una quota di ERP nelle zone C del vigente P.R.G. anche in assenza del P.E.E.P. o di un P.P.A. è in linea sia con quanto disposto dal citato art. 51 della legge 865/71 (secondo cui i programmi costruttivi di ERP possono essere approvati anche in assenza di P.E.E.P., purché le aree siano individuate con apposita deliberazione consiliare e il P.R.G. sia stato definitivamente approvato: circostanze che si verificano nel caso di specie); sia con quanto disposto dall’art. 22, comma 2, della legge 179/92 (come sostituto dall’art. 1, comma 10, della legge n. 136/99), che consente l’attuazione dei programmi di ERP anche in assenza di P.P.A; sia, infine, con quanto disposto dall’art. 9 della L.R. n. 20/2001, che ha sospeso l’obbligo di adozione di P.P.A., tant’è che il Comune non ha dato corso alla sua adozione.

Il Collegio rileva ancora che, tra gli atti gravati, vi è la deliberazione consiliare n. 81/2004 che aveva disciplinato il tipo di intervento edilizio relativamente all’edilizia residenziale pubblica (agevolata, convenzionata e sovvenzionata) nelle diverse maglie di zona C del vigente p.r.g.

Gli appellanti lamentano l’illegittimità di siffatta previsione; tuttavia, tale delibera avrebbe dovuto essere impugnata, siccome immediatamente lesiva degli interessi delle cooperative ricorrenti, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla scadenza del termine di pubblicazione (2.1.2005), ossia entro il 3.3.2005; invece il ricorso al TAR è stato notificato il 27.2.2006, oltre un anno dopo.

Né si può sostenere che detta delibera avrebbe dovuto essere notificata agli appellanti (e, quindi, non essendo stata notificata, non sarebbe mai decorso il termine di legge) ai fini dell’impugnazione, atteso che trattasi di atto amministrativo a contenuto generale con cui il Comune aveva dettato la disciplina urbanistica (come, del resto, si legge anche a pag. 9 e ss. dello stesso ricorso) per l’adozione dei piani attuativi di iniziativa privata nelle zone C (piani di lottizzazione e di comparto), sicché l’efficacia di tale provvedimento si è perfezionata con la pubblicazione all’albo pretorio, senza che occorresse alcuna notifica individuale ai singoli proprietari delle aree interessate.

Peraltro, il ricorso è inammissibile anche con riguardo all’impugnata deliberazione del Commissario straordinario n. 30/2002 del 16.12.2002, diventata esecutiva il 29.12.2002, con cui l’autorità commissariale aveva previsto l’insediamento nelle zone di espansione C dell’edilizia residenziale pubblica, atteso che le previsioni urbanistiche ivi contenute trovano fondamento nell’impugnata deliberazione n. 30/2002 che, come detto, avrebbe dovuto essere impugnata dalle cooperative appellanti nel termine perentorio previsto dalla legge.

Nel merito, l’atto di appello ripropone le censure contenute nel ricorso di primo grado, censure che il Collegio ritiene infondate.

In relazione al primo motivo, basato sull’assunto per cui, non essendo dotato il Comune di un P.E.E.P. ed essendo stato in precedenza sospeso anche il P.P.A. con deliberazione commissariale n. 30/2002, non vi sarebbero i presupposti urbanistici per l’adottata localizzazione nelle zone C dell’ERP, in quanto in base alle n.t.a del p.r.g. la previsione di una quota di ERP non sarebbe possibile in assenza di PEEP e di PPA (art. 2.27 n.t.a.), si è già detto: la contestata previsione di una quota di ERP nelle zone C del vigente P.R.G. anche in assenza del P.E.E.P. o di un P.P.A. è in linea con quanto disposto dalla normativa vigente.

In primo luogo, con l’art. 51 della legge 865/71 (secondo cui i programmi costruttivi di ERP possono essere approvati anche in assenza di P.E.E.P., purché le aree siano individuate con apposita deliberazione consiliare e il P.R.G. sia stato definitivamente approvato: circostanze che si verificano nel caso di specie); in secondo luogo, con quanto disposto dall’art. 22, comma 2, della legge 179/92 (come sostituto dall’art. 1, comma 10, della legge n. 136/99), che consente l’attuazione dei programmi di ERP anche in assenza di P.P.A; infine, con quanto disposto dall’art. 9 della L.R. n. 20/2001, che ha sospeso l’obbligo di adozione di P.P.A., tant’è che il Comune non ha dato corso alla sua adozione.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Con tale motivo gli appellanti affermano che gli atti urbanistici impugnati obbligano i proprietari, da un lato, a cedere volontariamente i relativi suoli ove vogliano conseguire l’approvazione dei piani lottizzatori, dall’altro, alla progettazione dei piani di zona in ogni compatto, configurandosi così un procedimento atipico e, dunque, illegittimo, che contrasterebbe con la legge 167/62.

In realtà, il motivo di ricorso è inconferente, atteso che la normativa applicabile nel caso di specie non è l’invocata legge 167/62, che disciplina i piani di zona da attuare mediante la procedura espropriativa, bensì la legge 17992, come modificata dalla legge 136/99 (art. 1, Co. 10), che disciplina gli interventi di edilizia agevolata o convenzionata nelle maglie di zona di espansione residenziale (legge regionale 6/79): dunque, la procedura urbanistica oggetto di impugnativa è svincolata dalla legge 167/62.

Quanto alla cessione delle aree da parte dei proprietari, essa si verifica per mero automatismo, in conseguenza dell’effetto perequativo derivante dal criterio di comparto ex art. 15 L. R. 6/79 che, imponendo un’eguale ripartizione degli oneri e degli utili fra i proprietari del comparto, assicura a ciascun proprietario la percentuale di volumetria del 48% per la edilizia residenziale libera e del 20% per la edilizia commerciale nell’ambito dello stesso comparto; dunque, la cessione a titolo oneroso delle aree è limitata al solo 32% dell’intera maglia edificatoria; inoltre, trattandosi di interventi convenzionati, gli stessi sono disciplinati, come detto, dalla L.R. n. 6/79, che impone prescrizioni per le abitazioni aventi tali caratteristiche di tipo agevolato e convenzionato.

Il terzo motivo di ricorso, afferente al preteso sovradimensionamento degli interventi di ERP, è inammissibile per difetto di interesse, non potendo rivenire dall’accoglimento del motivo alcun vantaggio concreto ed attuale in favore degli appellanti, i quali otterrebbero un beneficio, in realtà, proprio da tale ipotizzato sovradimensionamento.

Ugualmente inammissibile è il quarto motivo di ricorso, relativo ai criteri di dimensionamento ed analisi del fabbisogno abitativo previsti dalla deliberazione commissariale n. 302002, in quanto tardivamente impugnata, atteso che le contestazioni degli appellanti vertono sulla stima del fabbisogno con riguardo al decennio 20022011, stima contenuta nella relazione dell’ing. C. e fatta propria dalla deliberazione del Commissario straordinario nella delibera citata.

Infondati sono i successivi motivi di ricorso, riproposti in appello.

Infatti, in primo luogo, l’ente comunale, divenuto proprietario dei suoli a seguito di stipula di convenzione di lottizzazione, ha la piena facoltà e discrezionalità di assegnare i lotti ai soggetti attuatori (imprese) per la realizzazione di alloggi da cedere in proprietà o in fitto, attingendo da graduatorie approvate dall’Amministrazione comunale per i cittadini che ne hanno fatto richiesta, all’evidente scopo di evitare eventuali speculazioni di mercato ovvero a fini sociali.

Analoghe considerazioni valgono con riguardo alla delibera n. 66/2005.

Del pari infondate sono le censure relative all’asserita illegittimità delle due deliberazioni nn. 65 e 66 del 2005, trattandosi di specifiche prescrizioni (divieto di presenza di due componenti lo stesso nucleo familiare nel consiglio di amministrazione di una cooperativa; consiglio di amministrazione composto dagli stessi soci; divieto di partecipazione di un socio in consigli di amministrazione di cooperative diverse) volte a garantire trasparenza ed imparzialità nella procedura di assegnazione dei lotti.

Conclusivamente, alla luce del complesso delle argomentazioni svolte, si deve ritenere infondato l’appello, che deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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