Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-07-2011) 27-07-2011, n. 30002 Persona offesa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 17 dicembre 2003, il tribunale di Pesaro dichiarò P.G. e L.M.T. colpevoli dei reati di cui: A) alla L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, nn. 4 e 8, per avere favorito e sfruttato la prostituzione di B.J., con l’aggravante della violenza e minaccia; B) all’art. 605 cod. pen. per avere in una occasione sequestrato la detta B., e li condannò alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed Euro 700,00 di multa ciascuno, oltre pene accessorie. Il tribunale assolse invece gli imputati dal contestato reato di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 4 (per illegale detenzione e porto di una pistola) perchè il fatto non sussiste e dichiarò estinto per prescrizione il reato di cui all’art. 697 cod. pen. (per illegale detenzione di 18 proiettili cal.

7,65).

Proposero appello il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pesaro ed i due imputati.

La corte d’appello di Ancona, con la sentenza in epigrafe, rigettò l’appello degli imputati, in parziale accoglimento di quello del PM dichiarò gli imputati colpevoli anche del reato di detenzione e porto di una pistola, aumentò la pena ad anni 4 e mesi sette di reclusione ed Euro 800,00 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

La L. propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge in riferimento alla valutazione della teste B. in relazione ai reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e di sequestro di persona. Lamenta che la corte d’appello ha acriticamente richiamato la sentenza di primo grado senza esaminare e valutare gli specifici motivi di impugnazione. In particolare non ha sottoposto a vaglio la dedotta inattendibilità delle dichiarazioni della B. in riferimento alla condotta della L., a cui non aveva fatto cenno nel corso della denunzia.

2) violazione di Legge dell’art. 62 bis cod. pen. per erronea mancata concessione delle attenuanti generiche.

3) violazione degli artt. 192 e 194 cod. proc. pen. per erronea valutazione della attendibilità del teste V.. Lamenta che la sua responsabilità in ordine al reato di sequestro di persona è stata sostanzialmente basata sulle dichiarazioni del V., che erano costellate da innumerevoli contraddizioni e del tutto inattendibili, anche per la personalità del teste.

4) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla colpevolezza della L. per i reati ascritti ed in relazione alla ritenuta attendibilità della Beqiri ,.s.n.p.i.c.l.s.i.

s.l.c.c.l.d.s.l.d.b.

s.e.c.a.s.s.e.t.n.f.e.n. f.

I.Palermo p.a.s.v.r.p.c.d.

e.a.d.l.p.e.m.o.m.

i.d.m.L.c.l.c.d.e.

p.d.p.d.c.d.

a.a.c.l.e.d.s.b.s.

u.s.c.s.c.l.c.e.

l.r.d.t.d.a.g.e.a.d.

t.a.d.e.l.d.u.m.a.d.i.f.

E.e.a.e.s.r.p.e.

i.i.r.a.d.a.L. c.s.s.a.e.c.N.e.s.

c.c.l.d.d.Valpiani e.i.

i.c.n.r.p.e.i.

Va. un teste sentito come imputato di reato connesso. Nemmeno sono stati considerati gli elementi costituiti: dalla accoglienza delle persona offesa presso l’abitazione degli imputati; il ruolo di baby sitter; la sua piena e completa libertà, le immagini che la ritraggono in atteggiamento sereno e sorridente anche durante la festa per il compleanno del bambino degli imputati (che non potevano essere precostituite come alibi per un futuro processo); le contraddizioni nelle deposizioni della B. a seguito delle contestazioni ex art. 500 cod. proc. pen.. Non si è considerato che, in ordine al presunto episodio del sequestro di persona, i due dichiaranti hanno riferito cose, date, auto diverse, numero diverso di partecipanti, eventi successivi diversi. Lamenta che è rimasto privo di valutazione il movente prospettato dagli imputati per la presentazione della denunzia.

Motivi della decisione

I ricorsi sono fondati perchè effettivamente la sentenza impugnata non ha esaminato le pur specifiche, articolate e dettagliate eccezioni e contestazioni proposte con l’impugnazione ed è sorretta da motivazione in parte mancante e in parte manifestamente illogica.

La corte d’appello è partita dall’apodittico presupposto della sostanziale calunniostà ed infondatezza delle doglianze degli imputati e dall’opposto presupposto della presunzione di attendibilità e credibilità, fino a prova contraria, delle dichiarazioni della persona offesa. Si tratta di un assunto erroneo, idoneo ad inficiare l’intera motivazione, dal momento che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, le dichiarazioni della persona offesa, pur essendo idonee a fornire da sole la prova della responsabilità dell’imputato, devono tuttavia essere valutate con particolare rigore ed approfondimento, saggiandone l’attendibilità alla luce di tutti gli elementi acquisiti al processo e di eventuali riscontri esterni, e non possono invece – come ritenuto dalla corte d’appello – essere aprioristicamente assunte come senz’altro attendibili e credibili fino a prova contraria.

La giurisprudenza di questa Corte, invero, ha affermato che "La dichiarazione della parte lesa, allorchè risulti contrastata da più elementi probatori, deve essere valutata con estremo rigore e il contenuto della stessa, a fronte degli elementi di contrasto, per essere positivamente apprezzato e utilizzato a fini probatori, deve essere sottoposto a verifica dettagliata e non accettato con generica giustificazione argomentativa, specie per l’evidente interesse accusatorio che inevitabilmente è connaturato alla testimonianza resa da persona portatrice di interessi confliggenti con quelli dell’imputato" (Sez. 1, 8.3.2000, n. 7027, Di Telia, m. 216180); che "La deposizione della persona offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, purchè sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità" (Sez. 1, 24.6.2010, n. 29372, Stefanini, m. 248016); che "l’attendibilità della persona offesa deve essere valutata globalmente, tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo" (Sez. 3, 11.5.2000, n. 21640, P.M. 247644).

Nella specie la corte d’appello ha omesso qualsiasi approfondita valutazione sulla attendibilità della persona offesa alla luce degli altri elementi acquisiti al processo, limitandosi a rilevare che l’attendibilità si ricavava dal fatto che la stessa si era presentata in dibattimento per confermare le accuse, affrontando un viaggio dall'(OMISSIS), mentre di solito in analoghi processi celebrati dinanzi alla corte d’appello di Ancona mai le parti offese cittadine straniere erano comparse in dibattimento. Si tratta evidentemente di motivazione apparente e manifestamente illogica perchè l’attendibilità delle dichiarazioni andava valutata dal loro contenuto in relazione agli altri elementi probatori acquisiti e non in base ad un comportamento della persona offesa che di per sè poteva avere significato equivoco.

La sentenza impugnata ha poi ritenuto del tutto irrilevante l’attività di baby sitter e di domestica svolta dalla B., perchè queste attività fungevano da copertura per le persone estranee e non erano incompatibili con l’attività di meretricio ed ha altresì ritenuto irrilevanti e plausibili con il reato contestato le numerose foto ed i filmini che mostravano atteggiamenti apparentemente sereni ed improntati alla normalità della B. in occasione di riunioni con familiari ed amici degli imputati, e ciò perchè doveva verosimilmente trattarsi di atteggiamenti di copertura documentati per i terzi e per un eventuale futuro utilizzo difensivo, a cui la B. era costretta per la sua condizione di sudditanza psicologica. Si tratta di una motivazione del tutto apparente, apodittica e manifestamente illogica, in quanto non è spiegato per quale ragione dovesse ritenersi che le attività di baby sitter e di domestica costituissero unicamente una copertura nei confronti degli estranei e perchè la donna dovesse fare "buon viso a cattivo gioco" mostrandosi serena e sorridente sia ai testi escussi sia in tutte le foto e filmati che la ritraevano con gli imputati in momenti felici.

Nemmeno è spiegato su cosa si basa l’opinione della corte che gli imputati sarebbero stati così lungimiranti da assumere la B. come baby sitter già a scopo difensivo, presupponendo nel futuro lo svolgimento di un processo.

Va ancora ricordato che con l’atto di appello gli imputati avevano, tra l’altro, dedotto: che il comportamento della B. risultante dalle testimonianze e documentato dalla foto e dai film contrastava con il suo racconto circa la vita che avrebbe condotto nel periodo di convivenza con gli imputati; che l’affidamento alla stessa del figlio degli imputati contrastava con una presunta attività di meretricio;

che l’attività lavorativa degli imputati di gestione di un pub bar non consentiva un contemporaneo svolgimento di attività di accompagnamento di prostitute e tanto meno una attività di controllo del lavoro delle stesse; che le numerose testimonianze di coloro che avevano visto la B. in giro per la città con il bambino contrastavano con il racconto della stessa di essere stata costretta a vivere segregata; che la deposizione della B. era stata piena di contraddizioni; che il tribunale non aveva valutato le contestazioni effettuate dalla difesa ai sensi dell’art. 500 cod. proc. pen.; che nella denunzia originaria la B. non aveva fatto cenno ad una attività di favoreggiamento da parte della L.;

che la stessa B. aveva detto che, appena giunta in Italia, era stata indotta alla prostituzione da tale La. e che era scappata perchè la cosa non le piaceva, sicchè non si comprendeva perchè non si fosse comportata allo stesso modo in una analoga situazione.

Ora, tutte queste specifiche ed articolate contestazioni non sono state prese in considerazione e valutate dalla corte d’appello che le ha semplicemente ignorate limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado senza motivare sulla critiche avanzate contro la stessa.

Per quanto riguarda poi i reati di sequestro di persona e di detenzione e porto illegale di una pistola, in ordine ai quali ha assunto una importanza determinante la deposizione del V., va rilevato che gli imputati con l’impugnazione avevano eccepito: che il V. stesso aveva dichiarato di avere visto l’episodio solo dallo specchietto retrovisore dell’auto; che la deposizione del V. era stata costellata da innumerevoli contraddizioni; che il medesimo era risultato incerto sulla data del fatto e sul numero dei partecipanti; che lo stesso si era rifiutato di rispondere alle domande della autorità giudiziaria; che il V. aveva dichiarato di avere visto la L. per la prima volta al processo sicchè non poteva essere costei a guidare l’auto come sostenuto invece dalla B.; che il V. e la B. avevano riferito date diverse circa l’episodio, numero diverso di partecipanti ed auto di tipo diverso; che la B. aveva riferito che dopo il sequestro si era incontrata con il V. la sera stessa, mentre il V. aveva detto di avere incontrato la donna solo dopo una settimana; che non era stato valutato il movente che secondo gli imputati avrebbe spinto la B. ed il suo compagno dell’epoca V. a sporgere denuncia.

Anche queste censure non sono state prese in considerazione e valutate dalla corte d’appello che si è limitata ad affermare apoditticamente che non vi erano ragioni obiettive per svalutare le dichiarazioni del V., dato che eventuali imprecisioni in ordine all’episodio di sequestro di persona si giustificavano con le modalità di osservazione attraverso lo specchietto retrovisore dell’auto.

Anche in ordine al reato di cui al capo B), pertanto, la sentenza impugnata è in realtà priva di motivazione. Ugualmente generica ed apodittica è la motivazione sulla sussistenza del reato di porto e detenzione illegale di una pistola, basata unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, senza confutare le ragioni per le quali il giudice di primo grado aveva ritenuto insussistente la prova di questo reato e senza spiegare le ragioni per le quali i proiettili rinvenuti a casa degli imputati dovevano ritenersi compatibili con la pistola in questione.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata per mancanza e manifesta illogicità della motivazione con rinvio alla corte d’appello di Perugia per nuovo esame.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla la sentenza impugnata con rinvio alla corte d’appello di Perugia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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