Cons. Stato Sez. VI, Sent., 05-08-2011, n. 4693

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La presente controversia inerisce al procedimento autorizzatorio ex art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340, avviato su istanza di N. E. s.r.l. e avente ad oggetto (i) la costruzione e l’esercizio di un terminale di ricezione e rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), situato nel Comune di Porto Empedocle, della capacità di 8 miliardi di mc/anno, in grado di ricevere navi metaniere fino a 155.000 mc di capienza, (ii) le relative opere marittime e portuali e (iii) il gasdotto di collegamento alla rete nazionale di gasdotti, secondo il progetto preliminare presentato dall’istante.

2. Con la sentenza qui impugnata, n. 36519/2010, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio accoglieva i ricorsi n. 9017 del 2009 (in riassunzione ex art. 41, comma 5, l. 23 luglio 2009, n. 99, da precedente ricorso proposto dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia), n. 202 del 2010, n. 296 del 2010 e n. 1507 del 2010, tra di loro riuniti, di cui i primi due proposti dal Comune di Agrigento rispettivamente avverso il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 966 del 29 settembre 2008 (avente ad oggetto pronuncia favorevole di compatibilità ambientale dell’impianto) e il decreto conclusivo autorizzatorio n. 122/Gab del 22 ottobre 2009 rilasciato dall’Assessore all’industria della Regione Siciliana di concerto con il Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il terzo dall’Associazione Legambiente Onlus ed altri (Legambiente Comitato Regionale Siciliano Onlus, ARCI Sicilia, Cittadinanza Onlus Assemblea cittadina di Agrigento) avverso il citato decreto autorizzatorio, e il quarto da Codacons e dalla sig.ra Raguccia Teres’Alba avverso lo stesso decreto, il parere regionale di compatibilità ambientale VIA n. 14732 del 28 febbraio 2006, il parere interlocutorio VIA n. 774 del 30 marzo 2006 e il già citato decreto di compatibilità ambientale n. 966 del 29 settembre 2008.

Il Tribunale amministrativo regionale accoglieva, segnatamente, il motivo di ricorso incentrato sull’illegittima pretermissione del Comune di Agrigento dai lavori della conferenza di servizi indetta nell’ambito del procedimento unico ex art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340, ritenendo che il relativo territorio comunale fosse inciso, in via diretta, dall’attraversamento del gasdotto di collegamento alla rete nazionale (sulla base del testuale rilievo che fosse "incontestato, che il tracciato del gasdotto di completamento attraversa – per un tratto significativo – proprio il territorio del Comune di Agrigento"), nonché, in via indiretta, dagli effetti delle opere autorizzate "sulla salute, la sicurezza, il benessere ambientale, lo sviluppo ecosostenibile" della popolazione agrigentina. Il Tribunale amministrativo regionale annullava dunque "l’avversata autorizzazione a costruire ed esercire un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) situato nel Comune di Porto Empedocle, salvi gli ulteriori provvedimenti conseguenti alla riattivazione della procedura amministrativa emendata del vizio rilevato" (v. così, testualmente, la parte dispositiva dell’impugnata sentenza), con assorbimento di ogni altro motivo.

3. Avverso tale sentenza (pubblicata il 14 dicembre 2010, non notificata) interponeva appello (con ricorso notificato il 10, 11, 12 e 15 marzo 2011, depositato il 14 marzo 2011 e rubricato sub n. 1917 del 2011) il Comune di Porto Empedocle, deducendo i seguenti motivi di gravame:

a) l’erronea affermazione dell’obbligo di convocare il Comune di Agrigento per la conferenza di servizi, da escludersi sia alla luce della disciplina speciale che presiede al procedimento speciale delineato dall’art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340 – in quanto il Comune di Agrigento non rientrava né tra i soggetti competenti (ex comma 1 del citato art. 8) per il rilascio dell’autorizzazione, né tra i soggetti tenuti al rilascio di nulla osta o pareri sulla cui base doveva formarsi l’indirizzo della Regione -, sia alla luce della disciplina generale dettata dall’art. 14 l. 7 agosto 1990, n. 241, e s. m.i., per carenza di una situazione legittimante in capo al predetto Comune, non incidendo le opere (né il rigassificatore, né il gasdotto di collegamento previsto nel progetto preliminare) sul relativo territorio;

b) l’erronea affermazione che il territorio del Comune di Agrigento fosse attraversato dal gasdotto di collegamento previsto nel progetto preliminare, risolventesi in vero e proprio travisamento di fatto, nonché l’erroneo assunto che anche i meri effetti indiretti (di natura ambientale ed economicosociale) dell’opera sulla popolazione del confinante Comune di Agrigento dovessero ritenersi sufficienti a radicarne la qualità di parte necessaria della conferenza di servizi, occorrendo a tal fine, secondo la tesi propugnata dall’appellante, che le opere insistessero materialmente sul territorio del Comune confinante;

c) l’erronea mancata valorizzazione del contegno d’inerzia tenuto dal Comune di Agrigento durante l’iter di svolgimento della conferenza di servizi, protrattosi per un intero quinquennio e definito nella riunione conclusiva svoltasi il 20 gennaio 2009, essendo del procedimento autorizzativo stata data notizia su mezzi di stampa a larga diffusione in ambito regionale, ed avendo il Comune formulato specifiche osservazioni oggetto di valutazione e d’istruttoria tecnica da parte della commissione VIA in sede di rilascio del decreto n. 966 del 29 settembre 2008, sicché lo stesso Comune, anche in assenza di formale convocazione alla riunione conclusiva della conferenza di servizi, ben avrebbe potuto chiedere al responsabile unico del procedimento di parteciparvi;

d) l’erronea esclusione della valenza rappresentativa della partecipazione della Provincia di Agrigento e della Regione Siciliana alla conferenza di servizi, in relazione agli interessi della collettività dell’intero territorio provinciale e regionale, ivi comprese le collettività dei Comuni limitrofi a Porto Empedocle;

e) l’erronea affermazione dell’obbligo di convocazione del Comune di Agrigento alla conferenza di servizi e il correlativo erroneo giudizio d’insufficienza della partecipazione procedimentale garantita allo stesso Comune attraverso le osservazioni presentate (il 18 luglio 2007, il 14 settembre 2007 e il 3 ottobre 2007) nell’ambito della procedura VIA, previo svolgimento di apposita riunione straordinaria del Consiglio comunale, nonché attraverso il coinvolgimento nella fase di contrattazione con la Regione Siciliana, Assessorato all’Industria, per la definizione delle misure compensative;

f) l’erronea ritenuta inapplicabilità, alla fattispecie dedotta in giudizio, dell’art. 21octies l. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. mod., attesa l’inidoneità di un eventuale dissenso manifestato dal Comune di Agrigento a influire in modo decisivo sull’esito generale della conferenza, conclusasi con determinazioni unanime delle Amministrazioni coinvolte.

L’appellante Comune di Porto Empedocle chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto dei ricorsi in primo grado.

4. Con separato ricorso (notificato il 12 e 14 marzo 2011, depositato il 28 marzo 2011 e rubricato sub n. 2328 del 2011) interponeva appello N. E. s.r.l., facendo valere un unico complesso motivo – rubricato "Eccesso di potere. Carenza di istruttoria per errore nei presupposti in fatto e in diritto. Travisamento. Manifesta illogicità e irragionevolezza. Violazione del principio di proporzionalità. Ingiustizia grave e manifesta." -, col quale censurava l’erronea valutazione in fatto relativa alla circostanza, che il gasdotto di collegamento (della lunghezza di 7,320 km) oggetto del progetto preliminare posto a base dei vari giudizi di compatibilità ambientale, delle determinazioni della conferenza di servizi e del decreto autorizzativo attraverserebbe il territorio comunale di Agrigento, trattandosi di giudizio in fatto smentito dalle risultanze istruttorie, escludenti siffatto attraversamento. Secondo la prospettazione dell’appellante, tale erroneo giudizio in fatto sarebbe riconducibile a una lettura travisata del materiale di causa da parte del Tribunale amministrativo regionale, incorso in una presumbile equivocazione sulla documentazione grafica riguardante altro progetto di gasdotto di collegamento (della lunghezza di 13,930 km), con diverso tracciato, presentato dal gestore della rete nazionale di gasdotti Snam Rete Gas e oggetto di separato procedimento di autorizzazione non ancora concluso, il quale – a differenza dal gasdotto di collegamento oggetto del progetto preliminare autorizzato, interamente insistente sul territorio comunale di Porto Empedocle – attraversa i territori comunali di Agrigento, Porto Empedocle, Raffadali e Joppolo Giancaxio. L’appellante N. E. s.r.l. si doleva della consequenziale erronea declaratoria d’illegittimità della pretermissione del Comune di Agrigento dalla conferenza di servizi svoltasi nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica ex art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340, per difetto del presupposto di fatto dell’insistenza materiale delle opere autorizzate sul territorio comunale, erroneamente ritenuto sussistente nell’impugnata sentenza. Né, secondo l’assunto dell’appellante, a tal fine poteva ritenersi sufficiente un mero interesse indiretto di generico impatto ambientale, come invece – sebbene in modo non del tutto chiaro e univoco – adombrato nella gravata sentenza; interesse indiretto di salvaguardia ambientale in senso lato, da ritenersi peraltro adeguatamente tutelato dalla partecipazione al procedimento autorizzativo, segnatamente alla propedeutica conferenza di servizi, della Provincia di Agrigento e della Regione Siciliana, (anche) quali enti esponenziali degli interessi collettivi facenti capo all’intera comunità provinciale e regionale. L’appellante N. E. s.r.l. assumeva, infine, che il gasdotto di collegamento progettato da Snam Rete Gas s.p.a., oggetto del procedimento separato dalla stessa avviato, non poteva considerarsi alla stregua di opera annessa del rigassificatore, costituendo opera diversa e separata, oggetto di procedimento separato e autonomo, non ancora concluso – nel cui ambito le garanzie partecipative del Comune di Agrigento sarebbero state pienamente salvaguardate -, inidoneo a incidere sulla legittimità del procedimento di autorizzazione unica oggetto del presente giudizio. Chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto dei ricorsi in primo grado.

4. Con atti depositati entrambi l’11 aprile 2011, si costituiva nell’ambito di ciascuno dei due giudizi di gravame l’appellato Comune di Agrigento, contestando la fondatezza degli appelli, chiedendone il rigetto e riproponendo ad ogni modo espressamente i motivi dei ricorsi di primo grado (n. 9017 del 2009 e n. 202 del 2010).

5. Con separati atti, depositati il 6 aprile 2011, in entrambi i giudizi si costituivano le parti appellate Associazione Legambiente Onlus, Legambiente Comitato Regionale Siciliano Onlus, ARCI Sicilia, Cittadinanza Onlus Assemblea cittadina di Agrigento (pure ricorrenti in primo grado), contestando la fondatezza degli appelli e chiedendone il rigetto. Omettevano di riproporre, negli atti di costituzione, i motivi proposti in primo grado e dichiarati assorbiti nell’impugnata sentenza, riproponendoli per la prima volta solo nelle memorie difensive depositate il 12, 24 e 26 maggio 2011.

6. L’appellato Codacons (pure ricorrente in primo grado) si costituiva in entrambi i giudizi, con atti depositati il 5 maggio 2011, contestando la fondatezza degli appelli e chiedendone la reiezione senza riproporre i motivi di ricorso in primo grado dichiarati assorbiti dal Tribunale amministrativo regionale, riproposti espressamente solo nelle memorie depositate il 13 maggio 2011.

7. Con atto notificato l’8 maggio 2011 e depositato il 22 maggio 2011 si costituiva l’Avvocatura generale dello Stato per le Amministrazioni statali e regionali resistenti in primo grado, deducendo in via di appello incidentale la violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. per l’asserita mancata deduzione, a suffragio dei ricorsi di primo grado, del profilo di legittimazione procedimentale del Comune di Agrigento legata al passaggio sul suo territorio del gasdotto di completamento, e censurando l’erronea applicazione degli artt. 8 l. 24 novembre 2000, n. 348, e 14 l. 7 agosto 1990, n. 241, in punto di tutela delle garanzie partecipative del Comune di Agrigento, nonché l’erroneo giudizio di fatto a base della pronuncia di annullamento. Chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto dei ricorsi in primo grado.

8. Con atto depositato il 13 aprile 2011 si costituiva la Camera di Commercio, Industria e Artigianato della Provincia di Agrigento (unitamente agli altri soggetti meglio precisati in epigrafe), la quale aveva spiegato intervento autonomo nel giudizio di primo grado nell’ambito del ricorso n. 296 del 2010, contestando la fondatezza degli appelli, chiedendone il rigetto e riproponendo espressamente i motivi dedotti nell’atto d’intervento in primo grado.

9. Si costituivano, altresì, il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Agrigento (nei cui confronti era stata disposta l’integrazione del contraddittorio in primo grado) e l’associazione Italia Nostra Onlus (intervenuta ad adiuvandum in primo grado nel ricorso n. 296 del 2010), contestando la fondatezza degli appelli e chiedendone il rigetto.

10. Con atti ritualmente notificati alle controparti, depositati il 9 maggio 2011, spiegava intervento ad adiuvandum la Confindustria Sicilia, aderendo agli interposti appelli e chiedendone l’accoglimento.

11. Su istanza dei difensori degli appellanti principali – presentata a fronte dell’eccezione di mancata integrità del contraddittorio nei confronti dell’UNESCOCommissione Nazionale Italiana, ritualmente evocata in giudizio in primo grado ma ivi non costituita, e della Provincia di Agrigento, nei cui confronti pure era stata ordinata l’integrazione del contraddittorio in primo grado e la quale ivi pure non si era costituita -, con decreto presidenziale dell’11 maggio 2011 gli appellanti principali venivano autorizzati ai sensi dell’art. 52, comma 2, Cod. proc. amm. ad eseguire la notifica dei ricorsi d’appello ai suddetti litisconsorti, con qualunque mezzo idoneo, al che lo stesso giorno 11 maggio 2011 veniva eseguita la notifica a mezzo fax.

12. All’udienza del 14 giugno 2011 – a tale data era stata differita l’udienza pubblica di discussione, già fissata al 31 maggio 2011, per consentire l’adempimento sub 11., nel rispetto dei termini di difesa -, su eccezione della difesa del Comune di Agrigento, la quale segnalava la tardività della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza, perfezionata il 16 maggio 2011, e la conseguente violazione del termine di trenta giorni di cui al combinato disposto degli artt. 71, comma 5, e 119, comma 2, Cod. proc. amm., la causa veniva rinviata al 19 luglio 2011, con contestuale avviso alle parti presenti o da aversi per presenti.

13. All’udienza pubblica del 19 luglio 2011, rilevata d’ufficio (ex art. 73, comma 3, Cod. proc. amm.) la questione d’irricevibilità dell’appello incidentale proposto dall’Avvocatura generale dello Stato per tardività del relativo deposito – rilievo d’ufficio, seguito dalla dichiarazione subordinata dell’Avvocatura generale dello Stato di convertire l’appello incidentale in memoria adesiva agli appelli principali -, le due cause venivano trattenute in decisione, previa richiesta delle parti di dare lettura del dispositivo della sentenza (ex art. 119, commi 5 e 7, Cod. proc. amm.). La parte dispositiva della sentenza veniva pubblicato lo stesso giorno 19 luglio 2011.

14. Premesso che i due ricorsi in appello vanno riuniti e trattati congiuntamente a norma dell’art. 96, comma 1, Cod. proc. amm., trattandosi di impugnazioni proposte contro una stessa sentenza, e che la presente controversia, rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 119, comma 1 lett. l), Cod. proc. amm., è soggetta al rito abbreviato disciplinato dal citato art. 119, in via pregiudiziale di rito s’impongono i seguenti rilievi.

14.1. Va, in primo luogo, dichiarata l’irricevibilità dell’appello incidentale proposto dall’Avvocatura generale dello Stato (in rappresentanza e difesa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali, del Ministero delle infrastrutture e trasporti, e dell’Amministrazione regionale della Sicilia).

A fronte di sentenza non notificata e pubblicata il 14 dicembre 2010, al momento della notificazione dell’atto d’appello incidentale, in data 8 aprile 2011, il termine (lungo) d’impugnazione di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza ex artt, 119, comma 2, e 92, comma 3, Cod. proc. amm. (rispettivamente ex art. 119, comma 6, Cod. proc. amm.) era ormai ampiamente decorso, sicché l’appello incidentale va qualificato come tardivo ai sensi del combinato disposto degli artt. 96 Cod. proc. amm. e 334 Cod. proc. civ..

A norma dell’art. 96, comma 5, Cod. proc. amm. l’impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 Cod. proc. civ. deve essere proposta entro sessanta giorni – nel caso di specie, tenuto conto della dimidiazione dei termini nel rito abbreviato ex art. 119, comma 2, Cod. proc. amm., entro trenta giorni – dalla data di perfezionamento, nei confronti dell’appellante incidentale, della notificazione dell’appello principale, e depositata (unitamente alla prova dell’avvenuta notificazione) entro il termine di dieci giorni – nel caso di specie, dimidiato a cinque giorni – dal perfezionamento dell’ultima notificazione dello stesso appello incidentale.

Orbene, nel caso in esame l’Avvocatura generale dello Stato ha, bensì, rispettato il termine di trenta giorni dalla notificazione, nei confronti della medesima, degli appelli principali – notificati alla stessa rispettivamente il 10 e il 12 marzo 2011 (con la precisazione che la notificazione dell’impugnazione principale non può ritenersi equivalente alla notificazione della sentenza, attesa la diversità di funzione delle due notifiche) -, risultando la notificazione dell’appello incidentale perfezionata, nei confronti di tutti i destinatari, l’8 aprile 2011, ma ha provveduto a depositare l’atto solo in data 22 aprile 2011, e dunque oltre il termine di cinque giorni ex artt. 96, comma 5, e 119, comma 2, Cod. proc. amm., con conseguente irricevibilità dell’appello incidentale.

L’irricevibilità dell’appello incidentale in esame va affermata anche sotto il profilo che nel caso di specie l’impugnazione incidentale doveva comunque essere proposta, nei confronti delle parti vittoriose in primo grado (diverse dalle impugnanti principali), nei termini ordinari (ossia, al più tardi entro il termine di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza, non notificata), essendo le Amministrazioni rappresentate dall’Avvocatura generale dello Stato risultate soccombenti nel giudizio di primo grado e cointeressate rispetto agli appellanti principali; in siffatta costellazione processuale – essendo l’interesse all’impugnazione sorto per effetto della statuizione di merito e non dalla proposizione dell’appello principale – non sussiste alcuna dipendenza dall’impugnazione principale che legittimi la proposizione dell’appello incidentale oltre il termine di cui all’art. 92, comma 3, Cod. proc. amm. (nella specie dimidiato a tre mesi).

In virtù della dichiarazione subordinata di conversione, resa dall’Avvocato dello Stato all’udienza del 19 luglio 2011, l’atto contenente l’appello incidentale può essere considerato alla stregua di memoria adesiva agli appelli principali, con conseguente utilizzabilità processuale delle sole argomentazioni difensive a sostegno dei motivi d’appello già dedotti nelle impugnazioni principali, mentre non possono trovare ingresso i motivi autonomi fatti valere nell’appello incidentale (nella specie, il motivo di ultrapetizione, di cui sopra sub 7.).

14.2. In accoglimento di correlativa eccezione formulata dagli appellanti principali nelle memorie difensive va, poi, affermata l’inammissibilità della riproposizione dei motivi assorbiti nell’impugnata sentenza, espressamente formulata dalle parti appellate Associazione Legambiente Onlus, Legambiente Comitato Regionale Siciliano Onlus, ARCI Sicilia, Cittadinanza Onlus Assemblea cittadina di Agrigento e Codacons non già negli atti di costituzione depositati entro il termine di costituzione di trenta giorni dal perfezionamento della notificazione degli appelli principali, ma solo nelle memorie difensive depositate in seguito (v. sopra sub 5. e 6.).

Le menzionate parti appellate sono, invero, incorse nella decadenza comminata dall’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., che ha introdotto un preciso e rigoroso termine decadenziale per la riproposizione in sede di appello delle questioni, eccezioni e motivi non esaminati o assorbiti nella sentenza appellata, con memoria da depositare entro il termine per la costituzione in giudizio. La previsione normativa è volta ad accelerare l’enucleazione del thema decidendum in grado d’appello in funzione di un ordinato svolgimento del processo, garantendo per un verso la tempestiva instaurazione del contraddittorio sulle questioni riproposte, e consentendo per altro verso all’organo giudicante di aver presente, dopo la fase introduttiva della costituzione delle parti, il quadro completo delle questioni allo stesso devolute, sicché la previsione decadenziale non può che essere ancorata al termine per la prima costituzione in giudizio, di cui al combinato disposto degli artt. 38 e 46, comma 1, Cod. proc. amm. (nella specie dimidiato ex art. 119, comma 2, Cod. proc. amm.), e non già al termine ultimo di trenta giorni (rispettivamente di quindici giorni nel rito abbreviato) prima del giorno dell’udienza per la presentazione di memorie (di cui all’art. 73 Cod. proc. amm.), come sostenuto dalle parti appellate.

Né, a fronte della chiarezza del disposto normativo e della sottostante ratio giustificatrice, ricorrono i presupposti per una rimessione in termini per errore scusabile, richiesta dalle menzionate parti appellate nelle memorie difensive di replica.

I motivi posti a suffragio dei ricorsi in primo grado rubricati sub n. 296 del 2010 e n. 1507 del 2010, non esaminati e dichiarati assorbiti dall’impugnata sentenza – ivi compreso il motivo d’illegittimità costituzionale dell’art. 41 l. 23 luglio 2009, n. 99 (nelle more, peraltro, abrogato dall’art. 4, comma 1, punto 43, dell’all. 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 e "sostituito" dall’art. 135, comma 1 lett. f), Cod. proc. amm.; v. al riguardo Cons. Stato, Ad. plen., 13 luglio 2011, n. 12), che devolve alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, "tutte le controversie, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie, comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti", disponendone (col comma 5) l’applicabilità "anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge" con onere di riassunzione dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione di legge -, esulano dunque dal devolutum, in quanto non riproposti tempestivamente ai sensi dell’art. 102, comma 2, Cod. proc. amm.

14.3. L’appellato Comune di Agrigento ha, invece, osservato il termine ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., formulando espressa e specifica dichiarazione di riproposizione dei motivi assorbiti sin dall’atto di tempestiva costituzione in giudizio (v. sopra sub 4.).

La stessa considerazione vale per la Camera di Commercio, Industria e Artigianato della Provincia di Agrigento e per le altre parti costituite assieme alla stessa, meglio indicate in epigrafe, le quali erano intervenute in primo grado con atto d’intervento "autonomo" nell’ambito del ricorso n. 296 del 2010, ad impugnazione del decreto autorizzatorio n. 122/GAB del 22 ottobre 2009, pubblicato mediante avviso in G.U.R.S. n. 56 dell’11 dicembre 2009 (v. sopra sub 8.). Sebbene le predette parti fossero cointeressate rispetto alle originarie ricorrenti e dunque legittimate a proporre il ricorso principale, l’atto d’intervento risulta essere stato notificato a tutte le parti necessarie (nonché depositato) nei termini previsti dall’art. 21 l. 6 dicembre 1971, n. 1034, sicché lo stesso si è sostanzialmente convertito in ricorso autonomo, con la conseguenza che anche nel presente grado d’appello i relativi motivi, espressamente riproposti nell’atto di costituzione, non risultano subordinati a quelli delle associazioni ricorrenti in primo grado, assorbiti e non riproposti, e vanno dunque affrontati nel merito.

15. Con ciò delimitato l’ambito oggettivo del devolutum, si osserva nel merito che i motivi di gravame dedotti negli appelli principali, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono fondati e meritano accoglimento.

15.1. In linea di diritto, giova premettere che la disciplina applicabile ratione temporis al procedimento autorizzatorio in esame, sfociato nel decreto n. 122/Gab del 22 ottobre 2009, rilasciato dall’Assessore all’industria della Regione Siciliana di concerto con il Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su richiesta di autorizzazione presentata da N. E. s.r.l. in data 318 agosto 2004, si rinviene nell’art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340, il quale sotto la rubrica "Utilizzo di siti industriali per la sicurezza e l’approvvigionamento strategico dell’energia" testualmente statuisce:

"1. L’uso o il riutilizzo di siti industriali per l’installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell’energia, della sicurezza e dell’affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell’offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministero dell’ambiente, d’intesa con la regione interessata. Ai fini della procedura di cui al presente articolo, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. Il soggetto richiedente l’autorizzazione deve allegare alla richiesta di autorizzazione un progetto preliminare.

2. Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato svolge l’istruttoria nominando il responsabile unico del procedimento che convoca la conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificata dalla presente legge. L’istruttoria si conclude in ogni caso nel termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta.

3. Il soggetto richiedente l’autorizzazione, contemporaneamente alla presentazione del progetto preliminare di cui al comma 1, presenta al Ministero dell’ambiente uno studio di impatto ambientale attestante la conformità del progetto medesimo alla vigente normativa in materia di ambiente. Il Ministero dell’ambiente nel termine di sessanta giorni concede il nulla osta alla prosecuzione del procedimento, ove ne sussistano i presupposti.

4. Qualora l’esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, delle proposte e delle opposizioni formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale. Decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.

5. Nei casi disciplinati dal presente articolo, il procedimento si conclude con un unico provvedimento di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle opere annesse, adottato con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro dell’ambiente, d’intesa con la regione interessata. In assenza del nulla osta di cui al comma 3, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri che provvede ai sensi dell’articolo 14quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 12 della presente legge".

Il citato art. 8 è stato abrogato dal comma 33 dell’art. 27 l. 23 luglio 2009, n. 99, con l’espressa previsione che è "fatta salva la sua applicazione ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge per i quali non è esercitata l’opzione di cui al comma 32 del presente articolo" (ossia, l’opzione del proponente di applicare la nuova disciplina).

Tale disciplina è stata integrata dal d.l. 1 ottobre 2007, n.159, convertito con modificazioni nella l. 29 novembre 2007, n.222, il cui art. 46, rubricato "Procedure di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto", testualmente statuisce:

"1. L’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, anche situati al di fuori di siti industriali, è rilasciata ai sensi dell’articolo 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340, a seguito di valutazione dell’impatto ambientale ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Nei casi in cui gli impianti siano ubicati in area portuale o ad essa contigua, il giudizio è reso anche in assenza del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici di cui all’articolo 5, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, che deve essere espresso nell’ambito della conferenza di servizi di cui al citato articolo 8 della legge n. 340 del 2000. In tali casi, l’autorizzazione è rilasciata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la regione interessata. L’autorizzazione costituisce variante anche del piano regolatore portuale".

Secondo il d.P.R. 5 novembre 1949, n. 1182 (recante "Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana nelle materie relative all’industria ed al commercio"), "le attribuzioni del Ministero dell’industria e del commercio, sono esercitate, nel territorio della Regione siciliana, dalla Amministrazione regionale a norma e nei limiti dell’art. 20 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455". Nell’ordinamento autonomistico siciliano la competenza ad adottare il provvedimento autorizzatorio conclusivo ex art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340, spetta dunque all’Assessore regionale all’industria (anziché al Ministro dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’ambiente e della Tutela del territorio e del mare.

Per quanto concerne la procedura di valutazione di compatibilità ambientale – la quale a norma dell’art. 1, comma 60, l 23 agosto 2004, n. 239 sul riordino del settore energetico, "nei casi previsti dalle norme vigenti", si applica anche "alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto ivi comprese le opere connesse, fatte salve le disposizioni di cui… all’articolo 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340" -, va rilevato che secondo la previsione dell’art. 52 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (nelle more abrogato, ma applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice), "i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell’interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all’epoca della presentazione di detta istanza" (v. anche art. 35, comma 2ter, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui "le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento"), sicché la procedura VIA nel caso in esame resta assoggettata alla disciplina previgente dell’art. 6 l. 8 luglio 1986, n. 349 (si rammenta che il Codice dell’ambiente, di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, è entrato in vigore solo il 31 luglio 2007, dunque a procedura già pendente).

Il procedimento di autorizzazione unica delineato dall’art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340, nel quale s’innestano il subprocedimento di compatibilità ambientale e la conferenza di servizi volta all’acquisizione dei pareri ed avvisi degli enti portatori di interessi pubblici coinvolti, secondo il modulo generale disciplinato dalla l. 7 agosto 1990, n. 241 – richiamata dal comma 2 del citato art. 8 senza ulteriore specificazione -, è teso a conseguire in tempi il più possibile ravvicinati l’atto finale del procedimento autorizzatorio dell’impianto di rigassificazione e delle opere annesse, inerente a un settore strategico per l’economia nazionale quale quello delle infrastrutture energetiche.

Il coinvolgimento delle Amministrazioni procedenti, rispettivamente delle Amministrazioni portatrici di interessi pubblici toccati dalle opere, passa pertanto attraverso vari livelli di partecipazione: (i) il modulo procedimentale dell’intesa o concertazione tra la Regione Siciliana, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella fase conclusiva del procedimento; (ii) il modulo della conferenza di servizi con richiamo alla disciplina generale contenuta nella l. n. 241 del 1990, nella fase istruttoria del procedimento; (iii) il modulo della valutazione della compatibilità ambientale (nella specie, soggetta alla disciplina dell’art. 6 l. 8 luglio 1986, n. 349), che si inserisce quale fase subprocedimentale nel procedimento autorizzatorio.

Il principio di collaborazione tra le Amministrazioni si attua quindi con particolare intensità nei rapporti tra quelle procedenti (Regione, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e Ministero dell’ambiente e della Tutela del territorio e del mare), tra le quali deve necessariamente essere raggiunta un’intesa, e in maniera relativamente minore con le altre Amministrazioni interessate, cui deve essere consentito di partecipare al procedimento e di esprimere il proprio parere in sede di conferenza di servizi, a valenza meramente istruttoria.

Quanto all’individuazione della cerchia dei soggetti portatori di interessi pubblici, la cui partecipazione sia necessaria e indefettibile nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 2 del citato art. 8, nel silenzio della legge (che, come sopra esposto, si limita a rinviare in modo generico alla disciplina della l. n. 241 del 1990), ritiene il Collegio che, vista la natura materiale dell’opera del cui impatto qui legittimante si tratta (impianto di rigassificazione e opere connesse, da considerare distintamente – per le ragioni che si vedranno – dall’ipogea infrastruttura energetica lineare), la stessa debba essere limitata agli enti locali territoriali, il cui territorio sia materialmente occupato dal rigassificatore e opere connesse, oggetto della richiesta di autorizzazione (di cui, per la parte a questi fini necessaria, al progetto preliminare di cui al comma 1 dell’art. 8 l. 24 novembre 2000, n. 340); mentre è da escludere quale situazione di legittimazione partecipativa necessaria, per un siffatto tipo di intervento, la titolarità di interessi pubblici o collettivi toccati solo in senso riflesso dalle opere per cui quel tipo di procedimento è necessario e facenti capo ad amministrazioni la cui partecipazione al procedimento autorizzatorio non sia espressamente prescritta dalla legge (v. in tal senso, in fattispecie analoghe, Cons. Stato, VI, 23 dicembre 2005, n. 7387; VI, 4 giugno 2004, n. 3505; VI, 30 gennaio 2004, n. 316).

A una tale conclusione conducono non solo lo stesso art. 8 (che definisce la funzione dell’installazione degli impianti de quibus come "destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell’energia, della sicurezza e dell’affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell’offerta"), ma soprattutto ragioni di certezza del diritto e di economia e semplificazione procedimentale: opinando diversamente, ed astraendo da rilevanza e concretezza degli interessi giuridici incisi (circa i quali è diverso il caso di impianti di altro carattere, su cui cfr. i principi di cui a Cons. Stato, VI, 31 marzo 2011, n. 2001), la platea dei soggetti qualificabili come parti necessarie della conferenza di servizi di cui al comma 2 del citato art. 8 si allargherebbe a dismisura e sorgerebbe un’insormontabile situazione d’incertezza sui soggetti da coinvolgere nelle conferenze di servizi propedeutiche al provvedimento finale.

Del resto, non è senza significato che così si stabilisca testualmente nella disciplina di procedimenti di autorizzazione unica in settori specifici di questo genere, quale, a titolo esemplificativo, il procedimento di autorizzazione unica ex art. 1 d.l. 7 febbraio 2002, n. 7 (recante "Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale" e convertito in l. 9 aprile 2002, n. 55), per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW e le opere indispensabili all’esercizio degli stessi, rilasciata dal Ministro delle attività produttive, dove il legislatore ha previsto l’obbligo di richiedere il parere motivato dei soli enti territoriali (comuni e provincie), "nel cui territorio ricadono le opere" (sulla legittimità costituzionale di tale disciplina, v. Corte cost., 13 gennaio 2004, n. 6).

15.2. Dalle considerazioni sopra svolte deriva la fondatezza dei motivi d’appello che investono l’impugnata sentenza nella parte in cui afferma – seppur in modo ambiguo e apparentemente in via incidentale – l’illegittimità della pretermissione del Comune di Agrigento dalla conferenza di servizi, in considerazione degli "effetti indiretti della realizzanda opera (quali, ad esempio, quelli sul flusso delle correnti e per l’effetto sulle spiagge)" e del "dato per cui è sostanzialmente inevitabile che un’opera dal rilievo e dall’impatto certamente significativi come quella in questione "interessa" una popolazione alla stessa così prossima come quella residente nel Comune di Agrigento" (v. p. 9 dell’impugnata sentenza, cui adde il riferimento agli impatti indiretti dell’opera sulla popolazione agrigentina, a pp. 10 e 14 della sentenza), non essendo siffatti interessi, per le ragioni innanzi esposte, giuridicamente idonei a radicare in capo al Comune di Agrigento – confinante col Comune di Porto Empedocle, sul cui territorio insiste l’impianto – una posizione di legittimazione partecipativa necessaria alla conferenza di servizi propedeutica al rilascio dell’autorizzazione unica.

15.3. Il fulcro della ratio decidendi che sorregge l’impugnata statuizione affermativa dell’illegittimità della pretermissione del Comune di Agrigento dalla conferenza di servizi è, tuttavia, costituito dal rilievo in fatto che deve ritenersi "incontestato, che il tracciato del gasdotto di completamento attraversa – per un tratto invero significativo – proprio il territorio del Comune di Agrigento" (v. p. 9 dell’impugnata sentenza), sicché il territorio comunale sarebbe direttamente inciso dall’opera autorizzata; giudizio di fatto, attaccato dagli appellanti principale come frutto di una lettura travisata del materiale istruttorio.

15.3.1. Giova, al riguardo, puntualizzare che in un primo momento, nel progetto preliminare oggetto del gravato provvedimento autorizzatorio, N. E. s.r.l. aveva previsto un gasdotto di collegamento dell’impianto di rigassificazione alla rete nazionale dei metanodotti, della lunghezza di 7,320 km, che si diparte dal confine dell’impianto in area marittima fino al punto di interconnessione (c.d. punto di consegna) con la rete nazionale dei gasdotti gestita da Snam Rete Gas s.p.a., ubicato nell’entroterra in contrada Montante in territorio comunale di Porto Empedocle (da tale punto di consegna, previsto nel progetto preliminare presentato da N. E. s.r.l., si sarebbe dovuto dipartire il tratto di competenza Snam Rete Gas s.p.a.). Tale gasdotto forma oggetto del progetto preliminare presentato da N. E. s.r.l. ex art. 8 l. n. 340 del 2000 e del decreto autorizzativo n. 122/Gab del 22 ottobre 2009, gravato nel presente giudizio.

15.3.2. In data 25 marzo 2005 N. E. s.r.l. presentava richiesta a Snam Rete Gas s.p.a. di allacciamento alla rete nazionale, rinnovata in data 30 aprile 2008, affinché, ai sensi del Codice di rete predisposto da Snam Rete Gas s.p.a. ex art. 24, comma 5, d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, approvato con delibera n. AEEG n. 75/03, venisse concordato il punto di consegna (v. cap. 6, punto 1.1.1., del Codice di rete, secondo cui "….Snam Rete Gas ed il richiedente dovranno concordare l’ubicazione del Punto di Consegna/Riconsegna sottoscrivendo il relativo verbale…"), e il gestore della rete nazionale (ossia, Snam Rete Gas s.p.a.) elaborasse e determinasse il tracciato del metanodotto di collegamento alla rete nazionale, ai sensi del Codice di competenza esclusiva del gestore di rete.

Nella specie, nel corso di tale procedura come punto di consegna veniva individuato il confine dell’impianto in area portuale (non più nell’entroterra, in Contrada Montante, come da progetto preliminare predisposto da N. E. s.r.l. nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica ex art. 8 l. n. 340 del 2000), e Snam Rete Gas s.p.a. elaborava il progetto del tracciato del gasdotto di collegamento, della lunghezza di 13,930 km, che attraversa il territorio dei comuni di Agrigento, Porto Empedocle, Raffadali e Joppolo Giancaxio, presentando relativa richiesta di autorizzazione il 21 settembre 2009, previa istanza per la valutazione di compatibilità ambientale (accompagnata da studio d’impatto ambientale) presentata in data 21 luglio 2009.

Trattasi di procedimento autorizzativo separato e distinto da quello relativo al terminale di rigassificazione e al progetto di tracciato in tale contesto proposto da N. E. s.r.l., che trova la sua fonte di disciplina speciale nell’art. 52quinques d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, rubricato "Disposizioni particolari per le infrastrutture lineari energetiche facenti parte delle reti energetiche nazionali" e contenuto nel Capo II (intitolato "Disposizioni in materia di infrastrutture lineari energetiche" del Titolo III ("Disposizioni particolari") del citato decreto presidenziale.

L’intero gasdotto di collegamento progettato da Snam Rete Gas s.p.a., tutt’ora in corso di autorizzazione, in forza di decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 ottobre 2010 (pubblicato in G.U. n. 263 del 10 novembre 2010), nelle more è stato incluso nella rete nazionale gasdotti ai sensi dell’art. 9 d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164.

Il metanodotto di collegamento alla rete nazionale rappresenta opera distinta, formante oggetto di autonomo procedimento autorizzatorio promosso su istanza di Snam Rete Gas s.p.a. (e non di N. E. s.r.l.) – nel cui ambito, specie nella fase VIA, gli enti locali territoriali (tra cui il Comune di Agrigento), nel cui territorio ricadono le opere, potranno far valere i propri interessi partecipativi (con la precisazione, che ogni relativa questione esula dall’ambito oggettivo del presente giudizio) -, soggetto alla sopra richiamata disciplina speciale improntata alla realizzazione, con lo strumento della dichiarazione di pubblica utilità, delle c.d. infrastrutture lineari energetiche.

15.3.3. Orbene, pur ferme tali considerazioni in diritto, rilevato che l’oggetto del provvedimento di autorizzazione e del presente giudizio è comunque costituito esclusivamente dal gasdotto di cui sopra sub 15.3.1., oggetto del progetto preliminare presentato da N. E. s.r.l. nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica ex art. 8 l. n. 340 del 2000, vale a base di tutto osservare che, in accoglimento delle correlative censure formulate dagli appellanti principali, il giudizio in fatto di cui sopra sub 15.3. deve ritenersi affetto da error in iudicando di natura prettamente fattuale.

Infatti, sulla base di una valutazione sistematica e onnicomprensiva delle risultanze istruttorie, non si può che pervenire alla conclusione che il gasdotto oggetto del progetto preliminare (e dell’autorizzazione unica) insiste interamente nel territorio del Comune di Porto Empedocle, e senza attraversare quello del Comune di Agrigento.

Tale inferenza probatoria viene, segnatamente, suffragata dai seguenti elementi istruttori plurimi, precisi e concordanti:

– dalla cartografia di progetto del gasdotto di collegamento di N. E. (doc. 13 del relativo fascicolo di parte) emerge in modo chiaro che il tracciato del gasdotto insiste interamente sul territorio comunale di Proto Empedocle, lambendo solo per due brevi tratti la linea di confine col territorio comunale di Agrigento (e dunque senza attraversarlo);

– il parere VIA n. 774 del 30 marzo 2006, a p. 12 recita testualmente che "…l’impianto di Porto Empedocle sarà allacciato alla rete SNAM in località Contrada Montante, con una tubazione del diametro DN (48"). La condotta si sviluppa per una lunghezza complessiva di circa 7,320 Km all’interno del territorio comunale di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento…";

– la certificazione della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Agrigento del 1 giugno 2011, a chiarimento della precedente nota del 20 maggio 2011 (relativa al diverso progetto di Snam Rete Gas s.p.a.) recita testualmente: "…1) con la nota n. 9671 del 03.03.2006 veniva rilasciato parere al progetto preliminare del metanodotto presentato dalla Ditta N. E., il cui tracciato in base agli elaborati depositati presso i nostri Uffici, ricade interamente nel territorio del Comune di Porto Empedocle e non anche di Agrigento; 2) con la nota n. 9671 del 15.10.2010 veniva rilasciata l’autorizzazione paesaggistica a condizione, ex art. 146 del D.Lgs. 42/2004 alla Snam Rete Gas, per il Metanodotto Allacciamento Terminale GNL N. E. – Porto Empedocle DN900 (36") P=75bar, il cui tracciato in base agli elaborati depositati presso i nostri uffici, attraversa per una lunghezza di circa 13,930 Km i territori dei comuni di Porto Empedocle, AgrigentoMontaperto, Joppolo Giancaxio, Raffadali".

Con riguardo a quest’ultima certificazione, prodotta in data 1 giugno 2011 dalla difesa di N. E. s.r.l., si deve affermare l’ammissibilità processuale della relativa produzione documentale, trattandosi di documento formato solo nelle more del giudizio di gravame e funzionale a chiarire il tenore di precedente certificazione della stessa Soprintendenza, prodotta dalle controparti pure per la prima volta nel presente grado.

L’univocità delle evidenziate risultanze istruttorie, escludenti l’attraversamento del territorio comunale di Agrigento da parte del gasdotto di collegamento di cui sopra sub 15.3.1., consentono di ricondurre il passaggio testuale, contenuto a p. 25 del parere VIA statale n. 774 del 30 marzo 2006 (e apparentemente contrastante con il sopra citato passaggio testuale a p. 12 dello stesso parere), secondo cui "…la quasi totalità della territorio attraversato dalla linea di condotta ricade nei comuni di Agrigento e Porto Empedocle…", a mero errore materiale, mentre i riferimenti a fasce di rispetto archeologico e aree soggette a vincoli paesistici attraversate dal gasdotto in esame, contenuti nei vari pareri VIA e soprintendentizi e invocati dalle parti appellate a sostegno dell’assunto dell’attraversamento del territorio comunale di Agrigento, per la loro equivocità, genericità e quindi inconcludenza in relazione alla questione di fatto in esame, sono inidonei a intaccare la sopra enunciata inferenza probatoria cui è pervenuto questo Collegio.

15.4. Sulla base di quanto sopra resta, pertanto, smentito il giudizio in fatto, contenuto nell’impugnata sentenza – peraltro enunciato in modo apodittico, senza riferimento a concreti e specifici elementi istruttori -, secondo cui "il tracciato del gasdotto di completamento attraversa – per un tratto invero significativo – proprio il territorio del Comune di Agrigento", non spiegabile altrimenti che con l’equivocazione tra progetto presentato da N. E. s.r.l. (oggetto dell’autorizzazione unica gravata nel presente giudizio) e progetto presentato da Snam Rete Gas s.p.a., oggetto di separato procedimento autorizzatorio tutt’ora pendente ed esulante dall’ambito oggettivo della presente controversia.

15.5. Va, poi, osservato, che il progetto sub 15.3.1. è stato positivamente valutato nel parere VIA regionale del 28 febbraio 2006, nel parere VIA statale n. 774 del 30 marzo 2006, nel parere del Ministero per i beni e le attività culturali del 27 marzo 2008, nel parere della Commissione VIA del Ministero dell’ambiente n. 20 dell’11 aprile 2008, nonché, infine, nel decreto VIA statale n. 966 del 29 settembre 2008, previa pubblicazione dell’avviso relativo all’istanza di VIA e al correlativo deposito del progetto e dello studio d’impatto ambientale per la pubblica consultazione, avvenuta il 7 maggio 2005, il 7 ottobre 2005 e l’ 11 ottobre 2006 sui quotidiani "La Stampa" e "La Sicilia", e che il Comune di Agrigento in data 18 luglio 2007, 14 settembre 2007 e 3 ottobre 2007 aveva presentato proprie osservazioni, espressamente tenute in considerazione (accanto alle osservazioni pervenute dalla cittadinanza e da varie associazioni) nel decreto VIA statale n. 966/2008 (v. p. 4 del decreto).

Risultano, con ciò, rispettate le garanzie partecipative del Comune di Agrigento e della popolazione nell’ambito delle fasi di rilascio delle valutazioni di compatibilità ambientale, in conformità alla disciplina applicabile alla fattispecie sub iudice (su cui v. sopra sub 15.1.).

15.6. Per completezza, si rileva che i lavori della conferenza di servizi si sono snodati attraverso una serie di riunioni (svoltesi il 22 dicembre 2004, il 26 novembre 2008, il 19 dicembre 2008 e il 20 gennaio 2009) ripartite in un arco temporale di oltre quattro anni, sicché il Comune di Agrigento, seppur pacificamente non convocato, indubbiamente avrebbe potuto farsi parte attiva, domandare di intervenirvi e chiedere la partecipazione quanto meno alla seduta conclusiva, nell’ottica di una collaborazione leale con le Amministrazioni procedenti.

A tale considerazione va aggiunto che la partecipazione alla conferenza di servizi da parte della Provincia di Agrigento e della Regione (quest’ultima, non solo quale amministrazione procedente, ma anche quale ente esponenziale degli interessi della popolazione interessata dal progetto), deve essere letta anche in chiave di rappresentanza degli interessi della comunità provinciale e regionale (dove è compresa la cittadinanza di Agrigento).

15.7. Quanto ai rapporti tra l’opera costituita dal terminale/impianto di rigassificazione e il gasdotto di collegamento alla rete nazionale dei metanodotti gestita da Snam Rete Gas s.p.a., ribadisce il Collegio che un metanodotto a terra a servizio di un impianto marino di rigassificazione, sebbene la conduttura fosse unita all’impianto da un vincolo funzionale/teleologico, costituisce un’opera distinta che assolve alla funzione specifica di distribuzione della materia energetica (nella specie, il gas metano) attraverso la rete nazionale, non già un’opera "connessa", legata in modo inscindibile al terminale/impianto di rigassificazione (v. sul punto, in fattispecie analoghe, Cons. Stato, V, 11 maggio 2010, n. 2825; VI, 22 novembre 2006, n. 6831), essendo in astratto configurabili altre forme e mezzi di distribuzione.

A parte le rilevazioni sopra svolte in punto di fatto, sul piano giuridico è invero dirimente la già accennata considerazione che il metanodotto in esame – che, come il suo carattere materiale mostra, va a comporre un tratto dell’esistente rete energetica nazionale – costituisce una c.d. infrastruttura energetica lineare, come tale soggetta ad una specifica e distinta disciplina procedimentale (art. 52quinques d.P.R. n. 327 del 2001; v. sopra sub 15.3.2.). Il che esclude che, ai sensi dell’art. 1, comma 60, l n. 239 del 2004, questo gasdotto di collegamento sia da qualificare come "opera connessa" al rigassificatore, perché rappresenta una tipologia di opera diversa da quell’impianto e dalle opere a quello strutturalmente connesse (come ad es. le opere portuali e i relativi servizi). Invero, il concetto di "connessione" dell’opera va, in ragione delle finalità di valutazione della compatibilità ambientale della norma di quell’art. 1, comma 60, inteso in senso strutturale e non già latamente funzionale, perché diversamente si tratterebbe – ben oltre le finalità della legge – di valutare l’impatto non già della materialità di un’opera, ma di un’intera scelta strategica. Distinto è dunque il regime giuridico, che qui interessa, di rigassificatore e opere strutturalmente connesse da un lato, del gasdotto di collegamento da un altro. Il che, se non toglie che i relativi procedimenti possano in concreto essere cumulati e trattati insieme (come qui è stato fatto) – purché siano garantiti gli strumenti minimi di tutela degli interessi pubblici coinvolti, previsti dalla disciplina speciale, onde evitarne l’elisione – da un altro non estende per ciò solo, in una siffatta evenienza, limitazioni, obblighi e doveri dell’uno a limitazioni, obblighi e doveri dell’altro; così come lascia aperta la possibilità di distinti contrarii actus che seguano le rispettive discipline. Ne deriva (e questa considerazione di base va collegata a quanto sopra esaminato) che qui, per ciò che attiene l’infrastruttura energetica lineare, gli atti necessari e le perimetrazioni della rilevanza degli interessi rimangono solo quelli propri di tale tipologia, e non vi si estendono quelli del rigassificatore e opere, nel senso detto, connesse.

Pertanto, per un verso la presentazione del progetto relativo al gasdotto di collegamento unitamente a quello relativo all’impianto, nell’ambito del progetto preliminare presentato da N. E. s.r.l. e autorizzato col gravato decreto regionale n. 122/GAB del 22 ottobre 2009, non ne muta la natura di opera separata e scindibile sia sul piano ontologico che su quello giuridico; per altro verso l’individuazione del c.d. punto di consegna e la determinazione del tracciato del gasdotto di collegamento del nuovo impianto alla rete nazionale ad opera di Snam Rete Gas s.p.a., per ciò che attiene la presente controversia, lungi dal costituire strumento di elisione delle garanzie partecipative degli enti territoriali il cui territorio è attraversato dal nuovo tracciato (garanzie, che dovranno seguire le forme e i moduli procedimentali previsti dalla normativa speciale relativa alle infrastrutture energetiche lineari), costituisce semplice espressione della dinamica connotante le sequenze autorizzative di un’iniziativa complessa quale quella in esame, scaturita dall’applicazione della disciplina regolatoria specifica (v. la sopra citata delibera AEEG n. 75/03) che presiede alla procedura di individuazione del c.d. punto di consegna e di determinazione del tracciato del gasdotto di collegamento alla rete nazionale.

Il procedimento sub 15.3.2., avviato su istanza di Snam Rete Gas s.p.a., è dunque inidoneo a incidere sulla legittimità del procedimento sub 15.3.1., avviato da N. E. s.r.l. e costituente oggetto del presente giudizio, restandone autonomo, separato e distinto, mentre l’eventuale futuro abbandono del progetto del gasdotto di collegamento, proposto da N. Energia s.r.l. nell’ambito del progetto preliminare ex art. 8, comma 1, l. n. 340 del 2000, non implica la necessità di una rinnovazione come contrarius actus del procedimento autorizzativo relativo al terminale/impianto, attesa l’evidenziata distinzione e scindibilità delle rispettive opere. Infatti, in applicazione di elementari principi di economia procedimentale e di conservazione, non vi è alcun obbligo di reiterazione del procedimento, già legittimamente espresso su un precedente livello progettuale relativo a due opere scindibili (nella specie, sul progetto preliminare, comprensivo di impianto e gasdotto di collegamento), laddove il successivo livello (definitivoesecutivo) ne rappresenti un mero adeguamento in minus.

Concludendo sul punto, la presentazione del progetto sub 15.3.2. ad opera di Snam Gas s.p.a. non influisce sulla legittimità del decreto autorizzativo gravato nel presente giudizio, avente ad oggetto il diverso progetto sub 15.3.1. di N. E. s.r.l..

16. Orbene, passando alla disamina dei motivi di ricorso di primo grado, dichiarati assorbiti nell’impugnata sentenza e tempestivamente riproposti dal Comune di Agrigento (v. sopra sub 4.) e dalla Camera di Commercio della Provincia di Agrigento (assieme alle relative parti affiliate; v. sopra sub 8.), si osserva che gli stessi, incentrati sulla pretesa violazione della normativa comunitaria e nazionale in materia di procedura VAS e sull’asserito coinvolgimento materiale del territorio comunale sotto profili diversi da quello dell’attraversamento del gasdotto di collegamento e degli impatti indiretti (compreso il lamentato impatto visivo sulla Valle dei Templi e sulla Casa di Pirandello, peraltro smentito dalle fotografie ante operam e i rendering post operam, come accertato a p. 26 del parere VIA n. 20 del 2008 e a p. 25 del parere VIA n. 774 del 2006), sono infondati per le ragioni di cui appresso:

(i) Per quanto esposto sopra sub 15.1., l’approvazione del progetto si sottrae ratione temporis alla procedura VAS (a prescindere dal rilievo che non si tratta di procedimento pianificatorio, bensì autorizzativo di una singola opera).

(ii) Quanto alla denunziata violazione della Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, "Sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale", ratificata in Italia con l. n. 108 del 2001, le modalità di pubblicazione funzionali alla garanzia partecipativa del pubblico, che hanno trovato attuazione nel caso di specie (v. sopra sub 15.5.), sono indubbiamente rispettose di tale disciplina.

(iii) Le censure dedotte avverso la collocazione dell’impianto (per la parte sita sulla terra ferma) in area a destinazione industriale insistente sul territorio comunale di Porto Empedocle, oltre a non essere sorrette da idonea situazione legittimante, si dirigono avverso strumento di pianificazione risalente agli anni 80, che aveva impresso all’area una vocazione industriale, intaccando dunque in modo inammissibile una situazione pianificatoria ormai consolidata. Identici rilievi valgono per la lamentata incidenza sui piani di sviluppo del porto di Porto Empedocle, in ispecie sul piano regolatore portuale, a prescindere dal rilievo in diritto che a norma dell’art. 46 d.l. n. 159 del 2007, convertito in l. n. 222 del 2007, l’autorizzazione unica costituisce comunque variante del piano regolatore portuale, nella specie peraltro risalente agli anni 60 e a tutt’oggi rimasto parzialmente inattuato.

(iv) Né trova riscontro istruttorio la paventata insistenza di aree di cantiere nel territorio agrigentino (v. p. 13 del parere VIA n. 774 del 2006), mentre irrilevante appare il luogo di ubicazione delle discariche dei materiali di risulta e delle cave di prelevazione dei materiali di costruzione, trattandosi di strutture comunque autorizzate all’esercizio di siffatte attività a prescindere dal rigassificatore (i relativi motivi, peraltro, non risultano formulate in modo chiaro e univoco sin dal ricorso introduttivo di primo grado). Identico rilievo di mancato riscontro istruttorio vale per l’asserita previsione di ripascimento delle spiagge del "Caos" e di "San Leone" in territorio comunale agrigentino (v., in particolare, p. 30 del parere VIA n. 774 del 2006, e pp. 6, 8 e 9 del parere n. 20 del 2008) e dei riflessi sulla viabilità nelle fasi di cantiere (v. p. 13 del parere VIA n. 774 del 2006).

17. Per le esposte ragioni, in accoglimento degli appelli principali e in riforma dell’impugnata sentenza i ricorsi in primo grado devono essere respinti.

Considerata la natura della controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti, tra di loro riuniti, accoglie gli appelli principali (ricorsi nn. 1917 e 2328 del 2011) e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge i ricorsi di primo grado (n. 9017 del 2009 e nn. 202, 296 e 1507 del 2010 Tribunale amministrativo regionale per il Lazio); dichiara irricevibile l’appello incidentale; dichiara le spese di causa del doppio grado interamente compensate fra tutte le parti..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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