Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 27-07-2011, n. 29988 Impiego, detenzione, vendita di sostanze alimentari vietate, alterate e private dei propri elementi nutritivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 27 settembre 2010, il Giudice monocratico del Tribunale di Taormina ha ritenuto P.D. responsabile del reato previsto dalla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d (così modificata l’originaria imputazione ex art. 444 cod. pen.) e l’ha condannato alla pena di giustizia.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che, poichè l’alimento era contaminato da escherichia coli, la condotta avrebbe dovuto essere sussunta nella ipotesi della L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. c con la conseguenza che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto per mancato superamento dei limiti stabiliti per le cariche microbiche;

– che il metodo di analisi del prodotto ha dato un risultato solo in termini di probabilità e non è stato conforme a quanto stabilito dall’art. 14 del regolamento di attuazione della L. n. 283 del 1962;

– che l’imputato, amministratore di una impresa di notevoli dimensioni, non può essere chiamato a rispondere del reato in quanto aveva predisposto una organizzazione aziendale e dato deleghe di funzioni.

La prima deduzione del ricorrente è meritevoli di accoglimento.

Deve precisarsi come il Giudice abbia ritenuto accertato in punto di fatto, avendo come referente le indagini del consulente di ufficio, che il campione di alimento per cui è processo presentasse cariche microbiche, derivanti da escherichia coli, in quantità stimata molto probabile di quattro batteri per ogni chilogrammo di campione; le indagini sul punto condotte dal consulente dell’imputato non sono state reputate significative perchè non estese alla ricerca della escherichia coli.

Il Giudice ha avuto cura di precisare come l’alimento non fosse dannoso per la salute e, per tale considerazione, ha derubricato l’originario delitto contestato dall’accusa nella contravvenzione L. n. 263 del 1962, ex art. 5.

La presenza di microrganismi estranei alla composizione naturale dell’alimento è stata valutata dal consulente di ufficio superiore ai valori tollerati e questo tema non è stato approfondito nella sentenza in esame; ciò in quanto, il Giudice ha superato la problematica sui limiti consentiti per le cariche microbiche reputando che lo stato dell’alimento fosse causato da carenze igieniche e fosse "insudiciato dalla presenza di escherichia coli".

Con tale motivazione non si sono tenute nel debito conto le distinzioni tra le fattispecie di reati enucleate dall’art. 5, Legge citata. L’ipotesi prevista dalla lett. d) riguarda sostanze insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o, comunque, nocive, mentre quella della lett. c) concerne la presenza negli alimenti di cariche microbiche superanti i limiti consentiti;

per il perfezionamento di questa ultima ipotesi di reato non è sufficiente una analisi quantitativa del prodotto, essendo necessaria l’indagine sul superamento dei limiti di tollerabilità (ex plurimis:

Cass. Sez. 3 sentenza 46764/2005). Di conseguenza il Giudice doveva ritenere applicabile al caso la previsione dell’art. 5 sub e della norma con la ulteriore conseguenza che l’indagine doveva essere estesa alla verifica della condizione richiesta per la rilevanza penale della condotta.

Per questa violazione di legge, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Messina per un nuovo esame.

La residua deduzione non è fondata.

Della eventuale detenzione del prodotto non conforme alla normativa, deve rispondere l’imputato, quale titolare dell’albergo ove l’alimento è stato reperito, per le deficienze organizzative dell’impresa (evidenziate nella impugnata sentenza) e per la mancata vigilanza sull’operato dei dipendenti in assenza di una valida delega.

Sul punto, si osserva che il titolare di una impresa, in presenza di una pluralità di adempimenti che non è in grado di ottemperare, può trasferire le sue funzioni e connesse responsabilità penali ad altre persone dotate di valida delega ; essa deve essere chiara (in modo che il soggetto conosca le mansioni attribuitigli) effettiva e conferente al delegato (che deve essere persona tecnicamente idonea) autonomia gestionale ed economica.

Ora dalla testimonianza trascritta nell’atto di ricorso, si evince che vi era un responsabile nel settore cucina, ma non munito di delega avente i requisiti su sintetizzati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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