T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 05-08-2011, n. 2097 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I fatti sono incontestati e pertanto si rinvia alle ricostruzioni di cui agli atti delle parti.

Il Sig. P. presentava, in data 3.9.2009, allo Sportello Unico per l’Immigrazione di Milano, istanza di regolarizzazione del Sig. Mohamed Ibrahim Elimam Elsayed, ex art. 1ter, L.102/2009, in quanto quest’ultimo lavorava come suo collaboratore domestico.

In data 23.2.2010 le parti sottoscrivevano il contratto di soggiorno.

Detto contratto veniva annullato, con il provvedimento impugnato, essendo emersa, nel corso degli accertamenti, una condanna, a carico del ricorrente, per il reato di cui all’ art. 14, comma 5ter, del D. Lgs. n. 286 del 1998.

Ritiene parte ricorrente che tale reato, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, non dovrebbe essere considerato ostativo ad una conclusione favorevole della procedura di emersione, visto che non sarebbe riconducibile né alla previsione dell’art. 380 c.p.p. – che riguarda i reati con una pena edittale superiore a quella prevista per il reato commesso dal ricorrente sopra richiamato, pur prevedendo l’arresto obbligatorio in flagranza – né alla previsione di cui all’art. 381 c.p.p. – che riguarda i reati con una pena edittale assimilabile a quella del reato di immigrazione clandestina, con la differenza rispetto a quest’ultimo della previsione dell’arresto facoltativo in flagranza.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento, anche alla luce del precedente di questo Tribunale (sentenza n. 771/2011 sez. IV).

Va infatti evidenziato che l’Adunanza Plenaria con due sentenze del Consiglio di Stato nn. 7 e 8 del 10.5.2011 ha definitivamente chiarito che il delitto di cui all’art 14 comma 5 ter DPR 286/1998 non è ostativo alla emersione dei lavoratori stranieri di cui all’art 1 ter della L. 102/09, visto che il suddetto reato appare incompatibile con la disciplina comunitaria delle procedure di rimpatrio (di cui alla Direttiva 2008/115/CE).

In tal senso decisiva appare anche la decisione della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 28..4.2011, che dopo aver richiamato il principio di proporzionalità ed efficacia nell’uso delle misure coercitive, ha affermato che "gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo conformemente all’art. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista all’art. 14, comma 5 ter, del decreto legislativo n. 286/1998, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale. Essi devono, invece, continuare ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti".

Per tali ragioni è illegittimo il provvedimento con cui si nega l’emersione in caso di condanna per il reato di cui all’art 14 comma 5 ter DPR 286/1998.

In conclusione il ricorso deve essere accolto, e, per l’effetto, deve essere annullato l’atto impugnato.

In ragione della complessità della controversia, le spese possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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