Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 27-07-2011, n. 29987 Impiego, detenzione, vendita di sostanze alimentari vietate, alterate e private dei propri elementi nutritivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 3 maggio 2010, il Giudice monocratico del Tribunale di Torino ha ritenuto C.M. responsabile del reato previsto dalla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b) e l’ha condannato alla pena di giustizia. Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha ritenuto provato in fatto che l’imputato avesse collocato delle confezioni di olio, destinate alla vendita, in un sito non protetto dalla diretta esposizione della luce solare; la situazione di inadeguatezza del luogo di stoccaggio, sia pure temporaneo, del prodotto concretava gli estremi della cattiva conservazione dell’olio rilevata anche dal numero di perossidi presenti ed accertati dal consulente tecnico.

L’elemento di colpa a carico dell’indagato è stata individuato nel non avere predisposto misure organizzative di fronte ad una situazione prevedibile (necessità di spostare il prodotto per una infiltrazione di acqua, già da tempo presente nel magazzino ove era collocato).

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto ed illogicità della motivazione, in particolare, rilevando:

=che le bottiglie di olio erano coperte da una tettoia ed inserite in scatole di cartone per cui non erano attinte direttamente dal sole come precisato dai testi escussi;

=che la collocazione all’aperto e la caduta di acqua piovane nel magazzino, che aveva determinato lo spostamento del prodotto, era avvenuta poco prima della visita dei Nas per cui non è evidenziabile la colpa ritenuta dal Giudice;

= che, dai rilievi del consulente tecnico, risulta che l’alimento non era pericoloso per la salute per cui la condotta non ha rilevanza penale.

Non sussistono incertezze sulla ricostruzione storica dei fatti posti alla base del processo ed accertati dal Giudice di merito in esito alla espletata istruzione dibattimentale (ed avendo come referente le dichiarazioni degli operatori del Nas, le foto agli atti e le ammissioni dello stesso imputato); il giorno 19 settembre 2008 l’olio (a causa di infiltrazioni di acqua nel locale ove era collocato) imballato in scatole di cartone o con film plastico era stato trasportato in via transitoria sotto una struttura in area aperta e coperta parzialmente da una tettoria.

In tale contesto, la circostanza che ha condotto il Giudice a concludere per la sussistenza dello elemento materiale del reato e per una cattivo stato di conservazione della merce è stato individuato nella esposizione del prodotto non al sole, ma alla luce diretta.

A conforto di tale conclusione, il Giudice ha osservato, seguendo i chiarimenti del Consulente tecnico, che il numero dei perossidi presenti nell’olio (che sono un indicatore dello irrancidimento ossidato del prodotto ed un parametro che indica il suo stato di conservazione) aumenta con la esposizione alla luce. Tanto è sufficiente per concludere che si è perfezionata la fattispecie di reato (almeno per la parte del prodotto non imballato) che non richiede, per la sua integrazione, che le sostanze alimentari siano alterate o depauperate o contaminate, ma solo che siano avviate al consumo con metodi di conservazione, dettati da prescrizioni normative o da regole di comune esperienza, non adeguati per garantirne la igiene e la commestibilità (Sezioni Unite sentenza 443/2001).

Pertanto, si presentano irrilevanti le censure del ricorrente sulla non nocività del prodotto (circostanza non messa in discussione dal Giudice) dal momento che non è stata contestata la degradazione dell’olio o la sua pericolosità per la salute del consumatore, ma, si ripete, la modalità inidonea di conservazione sia pure per un arco temporale non prolungato.

Nè rileva l’osservazione, pur esatta, del ricorrente secondo il quale il reato è di danno perchè l’evento dannoso deve individuarsi nella lesione del bene giuridico rappresentato dal cd. ordine alimentare ovvero dalla sfera di tranquillità del consumatore sulla circostanza che il prodotto gli giunga con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura (Cass. Sez. 3 sentenza 35828/2004).

L’elemento psicologico è stato – e correttamente – individuato nella incuria e nella mancanza di misure organizzative per fare fronte ad una situazione (necessità di spostare il prodotto da tempo nota) oggettivamente prevedibile.

Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *