Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-06-2011) 27-07-2011, n. 29984

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 8.10.2010 la Corte di Appello di Napoli, in accoglimento dell’appello del PM, ha applicato a D.N. la misura di sicurezza dell’assegnazione a una colonia agricola o di lavoro per la durata di un anno ed ha confermato la condanna alla pena di anni 3 di reclusione Euro 2.000 di multa inflittagli nel giudizio di primo grado per il delitto di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 110 c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 e art. 4 per avere in più occasioni, sfruttato e favorito la prostituzione di Z. A.L. accompagnandola e prelevandola dal luogo ove si prostituiva, accordandole protezione, imponendole tempi e modi dell’esercizio dell’attività.

Riteneva la Corte, richiamando le argomentazioni della sentenza di primo grado, che la sussistenza del delitto de quo fosse saldamente ancorata alle conversazioni telefoniche intercettate e alle annotazioni di servizio con videoriprese.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato eccependo la nullità della sentenza perchè non gli era stato notificato l’appello del PM e denunciando violazione di legge e mancanza di motivazione sull’affermazione di responsabilità confermata con argomentazioni incoerenti e sganciate dalle acquisizioni processuali da cui emergeva che egli aveva saltuariamente accompagnato la donna di cui si era invaghito senza percepire alcuna somma, sicchè doveva essere assolto dal reato di sfruttamento della prostituzione con la riduzione della pena inflittagli.

Aggiungeva che illegittima era l’irrogazione della misura di sicurezza per la mancata contestazione di aggravanti (la rubrica richiamava la L. Merlin, art. 4 ma non specificava alcuna delle aggravanti dalla stessa previste).

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

L’eccezione procedurale è infondata.

Con disposizione innovativa, rispetto al codice di rito abrogato, l’art. 584 c.p.p. dispone che l’atto di impugnazione (nella specie del PM) deve essere notificato alle altre parti private (nella specie, l’imputato), senza ritardo.

Trattasi di un adempimento che ha quale destinataria, come testualmente dispone la norma stessa e come riconosce la giurisprudenza, esclusivamente, la parte in senso stretto e non il suo difensore (Cassazione 9/6/1995, Cuciniello).

La disposizione è volta a garantire alla parte, che non abbia proposto impugnazione, la possibilità di avvalersi del gravame incidentale, per contrastare così le pretese avanzate nei suoi confronti dall’impugnante principale, dando piena attuazione al principio di cui alla Legge Delega, art. 2, n. 3, sulla partecipazione al giudizio delle parti pubblica e privata, su base paritaria (Cassazione Sezione 5, n. 11017/1999 RV. 214485).

Nella specie, in punto di fatto, risulta dagli atti che, avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 30.10.2007 con cui l’imputato è stato condannato per il reato di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8, era stato proposto appello sia dal PM (per l’applicazione della misura di sicurezza) sia dall’imputato e che la prima impugnazione era stata notificata al D. a mani della figlia.

All’udienza dell’8.10.2010, era stata eccepita l’irritualità della notifica dell’impugnazione del PM, per la totale incapacità d’intendere e di volere della persona che aveva ricevuto l’atto, ma il tribunale aveva respinto l’eccezione rigettata sul presupposto che la notifica risultava essere stata ritualmente eseguita e che l’imputato aveva proposto autonomo ricorso.

Tanto premesso, va osservato che "l’omesso notifica dell’atto di appello della pubblica accusa alla parte privata o viceversa non e causa di nullità di ordine generale nè da luogo all’inammissibilità del gravame, comportando unicamente la mancata decorrenza del termine per la proposizione, da parte del soggetto interessato, dell’eventuale appello incidentale, se consentito" Sezione 3, n. 3266/2009 RV. 245859).

Il motivo sulla conferma dell’affermazione di responsabilità per il favoreggiamento della prostituzione non è puntuale poichè solleva erronee censure, in fatto, su questioni sulle quali i giudici d’appello hanno congruamente motivato con argomentazioni irreprensibili segnalando esaurientemente gli elementi che depongono sicuramente a carico dell’imputato.

Non è quindi censurabile l’accertata attività favoreggiatrice costituita dall’abituale accompagnamento e prelievo della donna dal luogo d’esercizio della prostituzione e dal controllo che l’imputato esercitava sull’operato della donna, con la sicura consapevolezza dell’attività svolta.

In tema di reati contro la moralità pubblica e il buon costume, le condotte di sfruttamento e di favoreggiamento dell’altrui prostituzione possono concorrere tra loro in quanto hanno per oggetto condotte autonome e distinte, essendo lo sfruttamento finalizzato a trarre vantaggi economici o altre utilità giuridicamente rilevanti per l’agente, laddove il favoreggiamento è finalizzato ad agevolare l’attività di meretricio a prescindere da un eventuale profitto economico o altra utilità in favore dell’agente (Cassazione Sezione 3, n. 40539/2007 RV. 238005).

Nella specie, avendo gli stessi giudici d’appello riconosciuto che non è emerso quali proventi D. abbia tratto da detta attività, non era configurabile il delitto di sfruttamento, sicchè sul punto la sentenza deve essere annullata senza rinvio.

La misura di sicurezza, prevista dall’art. 538 c.p., è applicabile a tutte le ipotesi delittuose previste dalla L. Merlin che corrispondono a quelle delle abrogate disposizioni del codice penale alle quali la misura di sicurezza poteva o doveva essere applicata.

Nell’ipotesi del favoreggiamento dell’altrui prostituzione, l’applicazione della misura di sicurezza è facoltativa in caso di favoreggiamento generico, già previsto dall’art. 531 c.p., mentre è obbligatoria in caso di favoreggiamento aggravato (Sezione 3, n. 10893/1986) RV. 173972).

La corte territoriale ha ritenuto che l’applicazione fosse obbligatoria perchè il favoreggiamento era aggravato, ma questo non emerge dal capo d’imputazione in cui è menzionato la L. n. 75 del 1958, art. 4 senza concreta indicazione alcuna aggravante.

Trattandosi di applicazione della misura facoltativa, la totale mancanza di motivazione sul punto impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per nuovo esame anche per la determinazione della pena a seguito dell’esclusione del reato di sfruttamento della prostituzione.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di sfruttamento della prostituzione perchè il fatto non sussiste e con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli in punto di determinazione della pena e di applicazione della misura di sicurezza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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