Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 27-07-2011, n. 29973

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. R.I. venne tratto a giudizio per rispondere: A) del reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, comma 4, e art. 259 c.p., comma 2 e art. 483 cod. pen. perchè, quale legale rappresentante della srl F.lli Rigotti e quale responsabile tecnico, effettuava il trasporto di due vetture incidentate destinate alla demolizione in assenza di formulario; B) del reato di cui all’art. 712 cod. pen. perchè senza accertare la legittima provenienza acquistava una delle due suddette autovetture proveniente dal delitto di appropriazione indebita con il sospetto della illecita provenienza derivante dalla mancanza del certificato di proprietà del veicolo.

2. Il tribunale di Trento, con sentenza emessa il 3 marzo 2009, assolse il R. dai reati contestati per non aver commesso il fatto.

3. A seguito di appello del pubblico ministero, la corte d’appello di Trento, con la sentenza in epigrafe, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarò il R. colpevole dei reati ascrittigli, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia e con la confisca dell’autocarro Iveco.

4. L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen.. Osserva che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto che il comportamento superficiale del dipendente sia sussumibile in una premeditata gestione illecita dei rifiuti. In realtà vi è stata solo la violazione del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 183 e 258, da parte dell’autore materiale B.M., che era l’autista del camion. In ogni caso nella specie le autovetture trasportate non potevano qualificarsi come rifiuti pericolosi. Invero, ai sensi del D.Lgs. n. 209 del 2003 i veicoli possono qualificarsi come fuori uso soltanto al momento della consegna ad un centro di raccolta, mentre in base alle definizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, possono considerarsi rifiuti pericolosi solo i veicoli fuori uso. I veicoli in questione conservavano ancora le loro targhe e non erano ancora stati consegnati ad un centro di raccolta, e quindi non erano veicoli fuori uso. Nemmeno emergeva la volontà di disfarsi degli stessi da parte dei proprietari, che ancora non avevano autorizzato la demolizione. Nella specie, pertanto, non trattandosi di trasporto di rifiuti pericolosi, era ravvisabile un illecito amministrativo, così come sostenuto dal Gip. Sostiene poi che erronea anche la condanna per violazione del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 259, che si riferisce alle spedizioni trasnazionali.

2) travisamento delle emergenze processuali; contraddittorietà della motivazione; violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in ordine alla mancanza dello elemento soggettivo dei reati contestati. Osserva che, trattandosi di delitto, non poteva essere addebitata al R., che era legale rappresentante della società, la responsabilità per un mero errore di un dipendente, di cui egli non era nemmeno a conoscenza.

Motivi della decisione

5. Preliminarmente deve osservarsi che non vi è stata nessuna condanna per il reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 259. Il capo di imputazione, infatti, non si riferiva al comma 1 del suddetto art. 259, ed al reato ivi previsto, bensì soltanto al comma 2 ed alla misura, ivi contemplata, della confisca obbligatoria del mezzo di trasporto in caso di sentenza di condanna o di patteggiamento per i reati di traffico illecito di cui all’art. 259, comma 1, o di trasporto illecito di cui all’art. 256 e art. 258, comma 4. 6. Sempre preliminarmente, per quanto concerne l’imputazione di cui al capo A), deve rilevarsi che il testo del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, comma 4, è stato sostituito dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 35. 11 vecchio testo, vigente al momento del fatto ed applicato dai giudici di merito, stabiliva che "Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’art. 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti" è punito con una sanzione amministrativa e che "si applica la pena di cui all’art. 483 c.p. nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi" ovvero a "chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto". Il nuovo testo stabilisce invece che "le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’art. 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa" mentre "si applica la pena di cui all’art. 483 c.p. a chi, nella predisposizione dì un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico- fisiche dei rifiuti e a chi fa uso dì un certificato falso durante il trasporto". Il testo dell’art. 258, comma 4, attualmente in vigore, quindi, si riferisce alle imprese che trasportano i propri rifiuti e comunque non prevede più l’applicazione della sanzione penale per chi effettua il trasporto di rifiuti pericolosi senza il prescritto formulario o indica nel formulario dati incompleti o inesatti. Contemporaneamente, peraltro, con il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 36, è stato introdotto nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’art. 260 bis, che al comma 7 stabilisce che "il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa" e che "si applica la pena di cui all’art. 483 c.p. in caso di trasporto di rifiuti pericolosi".

Il nuovo reato introdotto da questa disposizione, pertanto, riguarda il trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dalla copia cartacea della scheda Sistri, e non quello non accompagnato dal formulario di cui all’art. 193 o con un formulario con dati incompleti o inesatti.

7. Rileva peraltro il Collegio che in questa sede non è necessario approfondire le questioni derivanti dalla suddetta modifica legislativa e gli eventuali problemi di continuità normativa, in quanto deve ritenersi che la fattispecie oggetto del giudizio già sulla base della disciplina vigente all’epoca del fatto costituiva – in astratto – un illecito amministrativo e non un illecito penale. E ciò perchè, da quanto emerge dalle due sentenze di merito, non risulta che si trattasse di rifiuti pericolosi e che quindi si dovesse applicare la sanzione penale prevista per il trasporto di rifiuti pericolosi dal vecchio testo dell’art. 258, comma 4. 8. Secondo le disposizioni vigenti all’epoca del fatto, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 184, dopo avere distinto tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, comprendeva tra questi alla lett. i), comma 3 (lettera peraltro ora soppressa dal D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 11) "i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti", mentre il comma 5 disponeva che "Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell’elenco di cui all’Allegato D alla parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta" (l’attuale comma 5, come modificato dal D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 11, dispone invece che "L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’art. 183").

9. Ora l’allegato D alla parte quarta considera come rifiuti pericolosi sotto la categoria 16.01.04 i veicoli fuori uso, mentre considera come rifiuti non pericolosi i veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (categoria 16.01) ed i veicoli fuori uso, non contenenti liquidi nè altre componenti pericolose (categoria 16.01.06).

Pertanto, affinchè un veicolo sia considerato pericoloso, è necessario non solo che esso sia fuori uso, ma anche che contenga liquidi o altre componenti pericolose, perchè altrimenti rientra nella categoria 16.01.06 e non è qualificato come pericoloso. Ora, la sentenza impugnata non ha nemmeno in via presuntiva affermato che i veicoli in questione contenessero liquidi o altre componenti pericolose.

10. In ogni modo, anche immaginando che debba presumersi che detti veicoli essendo diretti alla demolizione contenessero tali elementi, resta il fatto che, per stabilire quando un veicolo debba normativamente qualificarsi come veicolo fuori uso, deve farsi riferimento al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso), che, innanzitutto, all’art. 3, comma 1, lett. b), stabilisce che deve intendersi per "veicolo fuori uso", un veicolo a fine vita che costituisce un rifiuto ai sensi della normativa generale sui rifiuti, ossia quando il detentore se ne sia disfatto, o abbia deciso di disfarsene o abbia l’obbligo di disfarsene. L’art. 3, successivo comma 2, poi, specifica che "un veicolo è classificato fuori uso ai sensi del comma 1, lettera b): a) con la consegna ad un centro di raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso … (disposizione sostituita dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 149, art. 2); b) nei casi previsti dalla vigente disciplina in materia di veicoli a motore rinvenuti da organi pubblici e non reclamati; c) a seguito di specifico provvedimento dell’autorità amministrativa o giudiziaria;

d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorchè giacente in area privata, risulta in evidente stato di abbandono".

Nel caso in esame – escluse evidentemente le ipotesi di cui alle lett. b), c) e d) – va ricordato che già il GIP, con il provvedimento di dissequestro, aveva esattamente rilevato che nella specie non sussistevano ancora, al momento del trasporto, le condizioni perchè i veicoli potessero definirsi fuori uso, poichè gli stessi erano ancora funzionanti e dotati di targa, e quindi se anche la loro destinazione in concreto era la rottamazione, era tuttavia ancora possibile che ne venissero distolti, con una sorta di retrocessione. Il giudice di primo grado ha aderito a questa interpretazione, anche in considerazione della ragion d’essere della norma penale, che non è certo destinata alla incriminazione di violazioni meramente formali, quali quella in contestazione.

Deve qui convenirsi sulla soluzione preferita sia dal GIP sia dal giudice di primo grado, in quanto dalle sentenza di merito non emergono gli elementi di fatto richiesti dalla legge per qualificare le autovetture nella specie trasportate come veicoli fuori uso. Il D.Lgs. n. 209 del 2003, citato art. 3, comma 2, lett. a), difatti, prescrive che questa qualifica si acquista "con la consegna ad un centro dì raccolta", consegna che poi può essere fatta o direttamente dal detentore o tramite soggetto autorizzato al trasporto. Come si desume anche dal segno della virgola apposto subito dopo la parola "consegna", il veicolo diventa normativamente veicolo "fuori uso" solo con la materiale consegna al centro di raccolta e non già con la consegna ad un trasportatore autorizzato.

Esattamente il Gip aveva rilevato che, essendo i veicoli ancora funzionanti e muniti di targa, essi avrebbero potuto anche non essere consegnati al centro di raccolta e rimessi in circolazione.

In questo senso del resto si è già pronunciata la giurisprudenza di questa Corte, che ha fatto sempre riferimento alla "materiale consegna a un centro di raccolta" e non alla semplice consegna ad un trasportatore (v. Sez. 3, 23.6.2005, n. 33789, Bedini, m. 232489;

Sez. 3, 13.4.2010, n. 22035, Brilli, m. 247625). D’altra parte, siamo in campo penale e va quindi preferita una interpretazione restrittiva.

Ne consegue che non risulta la prova della sussistenza degli elementi richiesti perchè le due autovetture oggetto del giudizio possano normativamente qualificarsi come "veicoli fuori uso" e, di conseguenza, rientrino nella categoria dei rifiuti pericolosi.

Pertanto, anche alla stregua del vecchio testo del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, comma 4, il fatto costituiva l’illecito amministrativo previsto dal primo periodo della disposizione e non l’illecito penale previsto dal secondo periodo.

11. In ordine alla contestazione di cui al capo A), dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Deve conseguentemente disporsi la trasmissione di copia degli atti relativi a tale illecito alla Provincia di Trento, autorità competente per l’illecito amministrativo. Consegue anche la caducazione della statuizione sulla confisca dell’autocarro Iveco. Gli altri motivi relativi alla sussistenza dello elemento psicologico ed alla riconducibilità dell’illecito (anche) al R., invece che al solo autista B. (come ritenuto dal giudice di primo grado) restano assorbiti ponendo questioni che sono ormai di competenza della autorità amministrativa.

12. E’ fondato anche il secondo motivo di ricorso, perchè effettivamente la motivazione della sentenza impugnata in ordine al reato di cui all’art. 712 cod. pen. è apodittica e manifestamente illogica sulla sussistenza sia dell’elemento oggettivo sia di quello soggettivo di tale reato nonchè sulla riconducibilità del reato stesso al R.. Sul punto invero la sentenza impugnata si è limitata ad affermare che la responsabilità del R. per il reato di cui al capo B) deriva dal fatto che è stata presa in consegna e recapitata presso la sede dell’impresa del R. l’autovettura Alfa Romeo in assenza del certificato di proprietà. E’ palese la manifesta illogicità dell’argomentazione, dal momento che è pacifico che i carabinieri fermarono l’autocarro Iveco lungo il percorso, prima ancora che arrivasse presso la sede dell’impresa di cui è legale rappresentante l’imputato. Non risulta quindi che questi abbia mai ricevuto e preso in consegna l’Alfa Romeo in questione, se non forse quando fu ivi portata dai carabinieri, il che però non equivale ad avere volontariamente ricevuto la cosa. La corte d’appello osserva poi che l’importanza del certificato di proprietà era certamente nota al R., imprenditore commerciale, sicchè la mancanza di tale certificato doveva fargli sorgere il sospetto di una illecita provenienza del veicolo. Anche per questa parte, però, la motivazione è manifestamente illogica perchè non risulta che vi sia la prova che il R. avesse avuto conoscenza della mancanza del certificato di proprietà e che ciò nonostante avesse ricevuto l’auto.

D’altra parte, contrariamente alla sentenza di primo grado (che aveva affermato l’estraneità del R. a tutta la vicenda, riconducibile al solo autista) la corte d’appello ha ritenuto la responsabilità dell’imputato per il delitto contestato al capo A) perchè la presenza nell’azienda di alcuni formulari di accompagnamento già in parte riempiti avrebbe dimostrato una "sistematica assenza di ogni considerazione verso i doveri imposti dalla normativa da parte dell’imprenditore" e cioè una sistematica ed organizzata volontà di organizzare i trasporti con formulari incompleti. Se però dalla presenza di alcuni formulari incompleti la corte d’appello ha desunto la prova di una sistematica effettuazione di trasporti di rifiuti con formulari incompleti, da ciò tuttavia non può anche dedursi una sistematica attività riconducibile al R. di ricezione di autovetture prive del certificato di proprietà e quindi di sospetta provenienza da reato, dal momento che non risulta essere stata rinvenuta nella sede dell’azienda documentazione relativa ad altre vetture prive del certificato di proprietà. In altre parole, la motivazione utilizzata dalla corte d’appello per ricondurre al R. (anzichè al solo autista) la responsabilità per la presenza di un formulario incompleto (motivazione sulla cui congruità non spetta ormai a questa Corte giudicare) non può valere per ricondurre al R. anche la responsabilità per avere ricevuto un’auto priva del certificato di proprietà, ma occorre, a tal fine, la prova di un concorso morale o materiale del R. nella condotta dell’autista che ha materialmente accettato l’auto pur in assenza del certificato di proprietà di cui al capo B), dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata per vizio di motivazione con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Trento per nuovo giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine alla imputazione di cui al capo A) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Annulla la medesima sentenza in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen. con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Trento per nuovo esame.

Dispone trasmettersi copia degli atti relativi all’illecito amministrativo alla Provincia di Trento.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011

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