Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 27-07-2011, n. 29972

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Lecce confermò la sentenza emessa il 28 aprile 2009 dal giudice del tribunale di Lecce, sezione distaccata di Tricase, che aveva dichiarato N. H.N.S. colpevole del reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), per avere eseguito interventi edilizi, limitatamente ad un manufatto di mq. 120, senza permesso di costruire, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.

Ritenne la corte d’appello che non si era trattato di un intervento di recupero e di consolidamento dell’originario fabbricato, ma della demolizione di un preesistente rudere e di una costruzione ex novo.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Osserva che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto che vi sia stata una ricostruzione previa demolizione di un manufatto precedente, la quale implica una prima fase di demolizione ed una successiva fase autonoma di ricostruzione, sia pure temporalmente prossima. Occorre quindi che vi sia una integrale demolizione del manufatto per un tempo apprezzabile cui deve seguire la ricostruzione. Nella specie non vi è invece alcuna prova che ciò sia avvenuto e sul punto la sentenza impugnata è totalmente priva di motivazione, basandosi solo su una ipotesi o una impressione formulata dal teste. La corte d’appello non ha poi tenuto conto dei dati probatori acquisiti e le specifiche emergenze indicate nell’atto di gravame, consistenti nella relazione dell’ing. L. e nell’allegata documentazione fotografica nonchè nella deposizione del professionista, da cui emerge la prova che non vi era stata una ricostruzione previa demolizione, bensì un intervento di recupero e consolidamento delle murature esterne in pietra a secco attuato mediante il metodo del cuci e scuci, che ha comportato il riutilizzo delle medesime pietre. Vi è stato pertanto un intervento di mantenimento (in luogo della completa rimozione) delle residue parti murarie della vecchia struttura edilizia mentre è assolutamente da escludersi la integrale demolizione.

2) violazione degli artt. 521, 533 e 604 cod. proc. pen.. Lamenta violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza perchè con il capo di imputazione gli era stato contestata la realizzazione di una nuova struttura di circa mq. 120 addossata ad una struttura preesistente, intesa chiaramente come recente costruzione in area di sedime libera. La ricostruzione con contestuale mantenimento di originarie parti strutturali non può essere ritenuta fatto identico.

3) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sulla qualificazione del manufatto preesistente quale rudere, effettuata solo sulle impressioni di un teste. Il rudere infatti è un organismo del quale non si può valutare la esistenza e consistenza, mentre non si può qualificare come rudere un edificio di cui è possibile procedere con un sufficiente grado di certezza alla ricognizione delle sue parti strutturali in modo da individuarlo nelle sue parti essenziali. La corte d’appello ha omesso di compiere questa indagine. Invero, dalla documentazione acquisita il manufatto preesistente risultava esattamente individuabile nella sua ampiezza e consistenza, sì da potere esprimere dei precisi riferimenti volumetrici e di superficie. L’intervento quindi non poteva in alcun modo essere considerato come nuova costruzione. L’eventuale mutamento della sagoma, per l’inserimento di un quarto muro perimetrale, non consente comunque di qualificare l’intervento come nuova costruzione, ma al più come ristrutturazione edilizia, peraltro mai contestata.

Motivi della decisione

Il secondo motivo è infondato perchè con il capo di imputazione era stata contestata all’imputato la realizzazione di "un fabbricato" e non già, come si sostiene nel ricorso, di "una nuova struttura" o di una "nuova realizzazione" intesa come recente costruzione in area di sedime dove nulla in precedenza era stato realizzato (mentre è poi del tutto irrilevante quanto indicato negli atti di polizia giudiziaria e non riportato nel capo di imputazione). In ogni caso, non è riscontrabile alcuna limitazione o compromissione del diritto di difesa.

Sono invece fondati il primo ed il terzo motivo. E’ innanzitutto erronea l’affermazione della corte d’appello secondo cui con la realizzazione del quarto muro di chiusura vi è stata una modifica della sagoma della struttura preesistente. Con la costruzione del quarto muro, infatti, vi è semmai stata una modificazione del prospetto o della facciata del manufatto, ma non della sagoma, per la quale deve intendersi "la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale" (Sez. 3, 18.3.2004, n. 19034. Calzoni, m. 228624).

Inoltre, con l’atto di appello l’imputato aveva specificamente eccepito (sulla base di documentazione fotografica e della relazione del suo consulente) che nella specie non vi era stata una demolizione del precedente manufatto con successiva ricostruzione, bensì solo un intervento di recupero e di consolidamento della murature esterne in pietra attuato con il metodo del cuci e scuci e la riutilizzazione delle medesime pietre, e quindi in sostanza di un intervento di mantenimento delle parti murarie della vecchia struttura edilizia senza alcuna demolizione, tanto meno integrale.

L’imputato aveva altresì specificamente eccepito che non poteva parlarsi di rudere, dal momento che il manufatto in questione era sufficientemente individuabile nelle sue parti essenziali, ed in particolare nella sua ampiezza e consistenza, in modo tale da poterne con precisi riferimenti valutare volumetria e superficie, non solo con riferimento al vano in muratura e copertura a volta, ma anche all’adiacente fabbricato in pietra a secco e copertura a falda inclinata con struttura portante in legno e ricopertura in embrici, copertura che risultava evidente nei tratti iniziali e di imposta, per la presenza di parte degli embrici sui muri perimetrali e l’innesto sul muro dell’adiacente vano in muratura.

Orbene, la sentenza impugnata ha sostanzialmente omesso di esaminare queste eccezioni e di motivare adeguatamente sul loro rigetto. In particolare, non ha spiegato le ragioni per le quali si dovrebbe ritenere che nella specie si trattasse di un vero e proprio rudere (nonostante gli elementi indicati con l’atto di impugnazione), limitandosi a parlare di modifica della sagoma e della sagoma esterna (facendo di nuovo riferimento ad una erronea nozione di sagoma) e della volumetria (ma senza specificare perchè questa sarebbe stata variata). La sentenza impugnata, inoltre, non ha per nulla motivato sull’eccezione che non si era trattato di una previa demolizione con successiva ricostruzione. Nè ha preso in considerazione la circostanza che anche secondo la pubblica amministrazione non vi era stata alterazione di volumi e superfici rispetto al preesistente.

La sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Lecce per nuovo giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Lecce per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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