Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-12-2011, n. 27684 Azioni giudiziarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In parziale accoglimento, per quanto ancora qui rileva, del gravame principale proposto dall’Inail nei confronti di L.P.A., la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 3 – 12.4.2007, riconobbe l’inabilità temporanea assoluta dell’appellato (in dipendenza dell’infortunio sul lavoro occorsogli il 24.3.1998), limitatamente al periodo 25.7 – 9.8.2002 e rigettò la domanda di rimborso delle spese mediche. A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne:

– quanto all’indennità per inabilità, che, dovendosi far riferimento all’indennità giornaliera per inabilità temporanea, intendendosi per tale uno stato di inabilità che non consente di recarsi al lavoro, la sola indennità che poteva essere riconosciuta era quella relativa al secondo intervento del giugno 2002, periodo indicato dal CTU dal 9.6.2002 al 9.8.2002 e riconosciuto dall’Istituto solo fino al 24.7.2002;

– quanto alle spese mediche, che dette spese, in primo grado, non erano state quantificate e neppure indicate, avendo il ricorrente prodotto fotocopie poco leggibili di visite mediche effettuate dal gennaio 2002 in poi; mancando l’indicazione e la conseguente prova delle spese mediche sostenute, la condanna generica pronunciata in primo grado era quindi errata.

Avverso tale sentenza della Corte territoriale, L.P.A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L’Inail ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 66, e vizio di motivazione, il ricorrente deduce che, come risultava dai chiarimenti resi in udienza dal CTU, quest’ultimo, nelle sue conclusioni, aveva fatto erroneo riferimento alla capacità psico – fisica dell’assicurato e non già alla capacità lavorativa, sicchè, come messo in rilievo dal CT di parte e ritenuto anche dal primo Giudice, la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere che un lavoratore con riduzione temporanea del 50% della sua integrità psico – fisica non poteva in assoluto svolgere un’attività lavorativa nell’ambito industriale.

1.1 Il motivo, pur essendo stato formulato anche per violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 66, non specifica l’eventuale errore di diritto, del resto in effetti non ravvisabile, in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale, che si è limitata ad affermare, condivisibilmente, che per inabilità temporanea deve intendersi quella che non consente di recarsi al lavoro. La doglianza si incentra quindi essenzialmente sul vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata.

Il motivo è tuttavia – anzitutto e con carattere assorbente – inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo state ivi trascritte, nel loro puntuale contenuto, le osservazioni a chiarimenti date dal CTU e sulla base delle quali, in tesi, la Corte territoriale avrebbe dovuto ravvisare la dedotta inabilità temporanea.

Il motivo, peraltro, è altresì inammissibile perchè si risolve in una censura sul merito della valutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in questa sede di legittimità, prospettando e richiedendo una diversa valutazione delle emergenze probatorie. Costituisce infatti orientamento consolidato di questa Corte che il ricorrente per cassazione che lamenti un vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata è tenuto ad indicare quali sono i vizi e le contraddizioni nel ragionamento del giudice di merito che non consentono l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione e non può limitarsi a sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta da tale giudice, poichè la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale e di sostituire una propria valutazione a quella data dal giudice del merito, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte da quel giudice (cfr, ex plurimis, Cass. nn. 27464/2006; 8718/2005; 12467/2003).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla pronuncia sulla questione delle spese mediche, deducendo che:

– nel ricorso ex art. 442 c.p.c., gli esborsi sostenuti successivamente al rimborso per spese mediche del 3.3.2000 erano stati indicati come pari ad Euro 2.212,21 ed, evidentemente, la Corte territoriale non aveva considerato tale deduzione e la copiosa documentazione allegata;

– pur in mancanza della relativa prova, avrebbe potuto trovare accoglimento una richiesta di condanna generica.

2.1 Il ricorrente, in ulteriore violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non ha ivi trascritto l’esatto contenuto delle conclusioni assunte nel ricorso introduttivo del giudizio, nè della documentazione asseritamente prodotta a prova delle spese mediche sostenute, il che necessariamente conduce al rilievo dell’inammissibilità del motivo.

Ciò in quanto, anche in relazione alla prospettata legittimità di una condanna alle spese soltanto generica, la condivisa giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la separazione del giudizio sull’an da quello sul quantum può avvenire solo ad espressa istanza della parte interessata, con la conseguenza che se l’attore ha chiesto la condanna del convenuto per somma determinata o determinabile, il giudice non può d’ufficio rinviare a separato processo la liquidazione della somma dovuta, limitandosi alla condanna generica, ma deve decidere anche in ordine al quantum, accogliendo la domanda, se sorretta da prova, o respingendola in caso contrario (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11418/1991; 2124/1994; 4487/2000). 3. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile. Non è luogo a provvedere sulle spese di lite, trovando applicazione, ratione temporis, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo previgente la novella di cui al D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, essendo stato il ricorso introduttivo del giudizio depositato anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *