T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-08-2011, n. 7044 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente ha partecipato alla selezione indetta nel 2007 dal Ministero della Giustizia per la nomina a magistrato onorario presso il Tribunale (GOT).

In particolare, ha presentato domanda alla Corte di Appello di Bologna, indicando, quale sede per l’esercizio delle funzioni, tra le altre, il Tribunale di Bologna.

In esito all’istruttoria di propria competenza, il Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Bologna, dopo avere rilevato "che dalle informazioni acquisite agli atti a norma dell’art. 2, co. 5 lett. c) d.m. 26.9.2007, risulta che il candidato è stato sottoposto a procedimenti penali anche per gravi reati" riteneva che "pur trattandosi di fatti non recenti (l’ultima denuncia risale al 1996), i procedimenti penali cui è stato sottoposto, tenuto conto della dichiarata attività imprenditoriale svolta dall’aspirante, possono ingenerare il timore di parzialità nell’amministrazione della giustizia".

La domanda veniva quindi respinta, senza tuttavia motivare specificamente in ordine alla difformità rispetto al rapporto informativo del Prefetto di Ravenna, il quale, con nota del 3 aprile 2008, aveva espresso favorevole alla nomina, per non esservi incompatibilità o, comunque, circostanze ostative.

Nel frattempo, il dr. B. si classificava al primo posto nelle graduatorie dei Tribunali di Forlì e Ferrara, ed al secondo posto nelle graduatorie dei Tribunali di Bologna e Ravenna.

In data 19 giugno 2009, presentava le proprie controdeduzioni al Consiglio Giudiziario, mettendo in luce:

– con riferimento ai procedimenti penali evocati, che tutti si erano conclusi con la piena assoluzione, essendo stata esclusa la sussistenza del fatto ovvero la sua configurabilità come reato;

– con riferimento all’attività imprenditoriale pretesamente svolta, che, allo stato, egli esercitava esclusivamente l’attività di conduttore diretto di alcuni terreni agricoli di sua proprietà, ubicati in provincia di Ravenna. In ogni caso, non sussisteva alcuna relazione tra i procedimenti penali cui era stato sottoposto e l’attuale attività.

Il Consiglio Giudiziario, peraltro, confermava le proprie determinazioni, rilevando che i pregressi procedimenti penali inerenti l’esercizio di un’attività imprenditoriale, pur conclusi con sentenza assolutoria, erano indicativi di una attività "suscettibile di ingenerare il timore di parzialità nell’amministrazione della giustizia".

Avverso il complesso dei surrichiamati provvedimenti, parte ricorrente deduce:

1) Illegittimità per violazione di legge, per violazione dell’art. 5, comma 4, d.n. 29.11.2007; illegittimità per violazione di legge, per violazione dell’art. 3, comma 2, d.m. 26 settembre 2007, n. 27862. Eccesso di potere sotto il profilo dell’erroneità dei presupposti e del travisamento dei fatti; difetto di istruttoria; eccesso di potere per contraddittorietà e carenza di motivazione.

Il Consiglio Giudiziario è tenuto a verificare, tra l’altro, l’inesistenza di fatti e circostanze che, tenuto conto dell’attività svolta dagli aspiranti, e delle caratteristiche dell’ambiente, possano ingenerare il timore di parzialità nell’amministrazione della giustizia.

Nel caso di specie, parte ricorrente evidenza che, non solo i procedimenti penali evocati dal Consiglio Giudiziario si sono conclusi con il proscioglimento, ma che gli stessi non avevano alcuna attinenza con l’attività economica attualmente esercitata.

2) Illegittimità per violazione di legge, per violazione dell’art. 5, comma 4, d.n. 29.11.2007; illegittimità per violazione di legge, per violazione dell’art. 3, comma 2, d.m. 26 settembre 2007, n. 27862; eccesso di potere per travisamento dei fatti.

I procedimenti penali di cui trattasi riguardano attività diverse da quella di coltivatore diretto cui, attualmente, il ricorrente si dedica.

In particolare, il procedimento penale concluso dinanzi al Tribunale di Ravenna con sentenza n. 9/2000 (depositata in data 12.1.2000) anch’essa pienamente assolutoria ("perché il fatto non sussiste") era collegato alla carica, in passato ricoperta, di presidente della "Vigil Service", società consortile a r.l., di cui peraltro egli non fa più parte dal 1996. Trattasi, comunque, di società che ha ormai da tempo cessato ogni attività.

3) Illegittimità per violazione di legge, per violazione dell’art. 3 l. n. 241/90, eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con un precedente atto; illogicità e manifesta ingiustizia, carenza di motivazione.

Senza alcuna chiara ragione, il Consiglio Giudiziario si è discostato dalle conclusioni del Prefetto di Ravenna.

Si sono costituite, per resistere, le amministrazioni intimate.

Con ordinanza n. 4695del 15.10.2009, è stata respinta l’istanza cautelare.

Le parti hanno depositato memorie.

Il ricorso è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 22 giugno 2011.

2. Il ricorso è fondato nei termini che si vanno di seguito a precisare.

2.1. La tutela dei primari valori di imparzialità, indipendenza e prestigio dell’esercizio della funzione giurisdizionale, prescinde dal riscontro circa l’imputabilità soggettiva di specifici fatti negativi ascritti a colui che all’esercizio di tale funzione aspiri.

Di tale esigenza, nel caso di specie, vi è un chiaro riflesso nell’art. 3, comma 2, del d.m. 26 settembre 2007 (recante i criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari di tribunale) che, tra gli elementi che i Consigli Giudiziari debbono considerare, ai fini delle proposte di nomina, annovera anche l’ "inesistenza di fatti e circostanze che, tenuto conto dell’attività svolta dagli aspiranti e delle caratteristiche dell’ambiente, possano ingenerare il timore di parzialità nell’amministrazione della giustizia" (lett. c).

Pertanto, la circostanza che il dr. B., in tutti i procedimenti penali nei quali è rimasto coinvolto, sia stato sempre prosciolto, non esclude, di per sé, che una diversa valutazione possa essere condotta al distinto fine di apprezzare l’esistenza di elementi suscettibili di determinare una ripercussione sfavorevole sull’immagine del magistrato onorario.

Tuttavia, nel caso di specie, pare al Collegio che il Consiglio Giudiziario non si sia dato alcuna pena di formulare una motivazione esplicita dell’esclusione della candidatura del ricorrente, in particolare estrapolando dal contesto storico, presente o passato, quegli elementi che, unitamente alle vicende oggetto dei processi penali ai quali egli è stato sottoposto, risultino tali da ledere, ovvero anche soltanto porre in pericolo, i suddetti valori di indipendenza, prestigio ed imparzialità.

Né ovviamente è dato al Collegio di rinvenire siffatte motivazioni in quelle delle sentenze con le quali tali procedimenti sono stati definiti, poiché, in tal modo, verrebbe a sovrapporsi a valutazioni che sono proprie ed esclusive dell’autorità amministrativa.

La motivazione del provvedimento amministrativo è finalizzata a consentire al cittadino la ricostruzione dell’ iter logico e giuridico mediante il quale l’amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento, controllando, quindi, il corretto esercizio del potere ad esso conferito dalla legge e facendo valere, eventualmente nelle opportune sedi, le proprie ragioni.

Nel caso di specie, è tuttavia impossibile ricostruire detto percorso logico, trattandosi, a tacer d’altro, di apprezzamenti caratterizzati da ampia discrezionalità, come reso evidente dal fatto che altra Autorità intervenuta nel procedimento (il Prefetto di Ravenna) è giunto a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle del Consiglio Giudiziario.

Allo stato non è dunque dato comprendere perché permangano dubbi o incertezze sull’idoneità del dr. B. non solo a svolgere in modo imparziale le funzioni giudiziarie, ma anche a non arrecare alcuna lesione oggettiva al prestigio dell’Ordine Giudiziario.

3. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso, assorbita ogni altra censura, deve essere accolto.

Sembra tuttavia equo, in ragione del carattere formale delle censure accolte, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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