T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-08-2011, n. 7042 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Roma – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, con l’impugnato atto dell’11 gennaio 2010, ha informato la P.P. che l’eventuale regolarizzazione delle opere eseguite o in corso di esecuzione per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è subordinata alla formalizzazione di una apposita domanda corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnicoamministrativa.

Di talché, la Società interessata ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 2, 4 e 5, l. 225/1992 e ss.mm.ii. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001, convertito nella l. 401/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 1, lett. aa) dell’OPCM 3489/2005 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 118 e 120 Cost. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento di atti, difetto dei presupposti e illogicità della motivazione.

Il Commissario delegato avrebbe avuto il potere di definire gli interventi in deroga alle previsioni urbanistiche vigenti.

L’assunto in base al quale l’operato del Commissario delegato è illegittimo sarebbe destituito di fondamento in quanto la stessa normativa che conferisce al Commissario il potere di deroga indicherebbe tutti gli articoli di riferimento.

A seguito della dichiarazione di "grande evento" dei campionati mondiali di nuoto, si sarebbe determinato, in forza del principio di sussidiarietà, uno spostamento delle ordinarie categorie delle competenze con la conseguente avocazione in capo al Commissario di tutti i compiti che, nel regime ordinario, ricadono nell’ambito dei poteri degli enti a ciò normalmente preposti.

Il limite al potere del Commissario delegato non sarebbe neanche riconducibile alla necessità di un’espressa deroga all’art. 13 d.P.R. 380/2001, atteso che la competenza delineata da tale norma è di carattere generale e non può costituire principio sovrano dell’ordinamento invalicabile da parte di un Commissario delegato munito dei poteri di cui all’art. 5, co. 2, l. 225/1992.

L’art. 5, co. 5, l. 225/1992 richiede l’indicazione delle principali norme cui si intende derogare e non già l’indicazione di tutta la normativa a cui si intende derogare in maniera specifica e puntuale, sicché il mancato riferimento all’art. 13 d.P.R. 380/2001 nelle previsioni di cui all’OPCM 3489/2005 non potrebbe costituire un limite alla derogabilità della norma da parte del Commissario delegato.

Il potere commissariale avrebbe avuto precisi limiti nel solo caso in cui vi fosse stata l’esigenza di derogare alle previsioni urbanistiche di piano o di regolamento perché, essendo toccate specifiche prerogative dell’ente locale in merito all’assetto del territorio, sarebbe stata espressamente richiesta, dall’art. 1, co. 2, lett. aa), OPCM n. 3489/2005 e successive modifiche, l’intesa con l’assessore all’urbanistica al Comune di Roma su conforme parere della Giunta comunale, ma, al di fuori di tale limitazione, dovrebbe fondatamente riconoscersi al Commissario delegato un ampio potere esteso anche al rilascio dell’autorizzazione edilizia.

La fonte del potere di sostituzione sarebbe ravvisabile nell’art. 120, co. 2, Cost.

Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 2, l. 225/1992 e dell’art. 5 bis d.l. 343/2001, conv. in l. 401/2001, nonché dell’OPCM 30 giugno 2009. Eccesso si potere per illogicità, travisamento, carenza di istruttoria, errore nei presupposti e difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato sarebbe altresì illegittimo poiché adottato in violazione dell’OPCM del 30 giugno 2009. La straordinarietà del grande evento legittimerebbe le disposizioni che conferiscono al Commissario delegato il potere straordinario di derogare alla disciplina generale in tema di rilascio di titoli abilitativi.

L’art. 13 T.U. disciplinerebbe unicamente quale sia l’organo competente al rilascio del permesso di costruire in un regime ordinario, vale a dire in una situazione priva dei caratteri che connoterebbero il caso in esame.

Posto che l’ambito di applicazione della disciplina in questione risponderebbe ad un’esigenza di straordinarietà, l’intesa sarebbe stata comunque raggiunta con il provvedimento di raggiunta intesa in data 8 maggio 2008, con cui il Commissario delegato ha autorizzato i lavori di implementazione dell’impianto sito in Roma – via Vajna, 21, da parte della P.P..

Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, co. 6 bis e 9, l. 241/1990 e ss.mm.ii. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990 e ss.mm.ii. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta, carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.

L’effetto sostitutivo che la determinazione assunta dal Commissario delegato ha sul permesso di costruire sarebbe confermata dalla disciplina specifica dell’istituto della conferenza di servizi, che costituisce un modulo procedimentale adottato nel caso in cui, nell’ambito di un procedimento amministrativo, debba essere effettuato un esame contestuale di diversi interessi pubblici.

La determinazione conclusiva della conferenza di servizi confluirebbe, infatti, in un provvedimento finale, conforme ad essa, che sostituisce ogni altra decisione di competenza delle amministrazioni partecipanti.

Il Comune di Roma si sarebbe impegnato, pur non essendo ciò necessario per gli ampi poteri di deroga attribuiti al Commissario delegato, a manifestare il proprio assenso alle opere di edilizia privata da realizzare per il regolare svolgimento dei mondiali di nuoto, considerate la memoria di Giunta Comunale del 6 luglio 2009, di presa di atto del nuovo Piano delle Opere e di espressione del parere favorevole sulle singole opere indicate nel piano medesimo, e la nota del 6 luglio 2009 in cui l’Assessore ai Lavori Pubblici e Periferie sanciva l’intesa.

La determinazione conclusiva della Conferenza di servizi confluirebbe in un provvedimento finale, conforme ad essa, che sostituisce ogni altra decisione di competenza delle amministrazioni partecipanti.

L’atto impugnato, inoltre, sarebbe carente di motivazione.

Con deliberazione n. 196, adottata nella seduta del 30 giugno 2010, la Giunta Comunale del Comune di Roma ha ribadito l’interesse pubblico degli impianti sportivi di proprietà comunale indicati nella stessa delibera facendo propri i relativi progetti, i cui lavori sono stati autorizzati dal Commissario delegato ai sensi di quanto disposto dall’art. 7 d.P.R. 380/2001.

Di talché, essendo stati esclusi da tale determinazione gli impianti di proprietà privata, sebbene questi fossero stati autorizzati dal Commissario delegato al pari degli impianti di proprietà comunale, la ricorrente ha proposto i seguenti motivi aggiunti:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti, disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà.

Il Comune di Roma avrebbe erroneamente interpretato il regime derogatorio previsto dall’ordinamento in merito all’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni (art. 7 d.P.R. 380/2001), restringendone l’applicabilità ai soli impianti sportivi di proprietà del Comune ampliati o realizzati per i mondiali di nuoto 2009.

L’art. 14 d.P.R. 380/2001 prevederebbe un potere di deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici per manufatti sia pubblici, è cioè gestiti da enti pubblici o di proprietà dei medesimi, sia di interesse pubblico, ossia gestiti da titolari indifferentemente pubblici o privati, ma destinati a soddisfare comunque esigenze della collettività.

Sarebbe illogico e contraddittorio che gli impianti sportivi di proprietà privata, destinati anch’essi a soddisfare esigenze della collettività, non possano usufruire della deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici generali o di quella prevista per il rilascio dei titoli abilitativi, alla luce della obiettiva importanza sul piano sociale della attività svolta dagli stessi sia in occasione dei mondiali di nuoto, sia, in generale, per la promozione dello sport nel territorio.

Ogni intervento compreso nel piano delle opere per i mondiali di nuoto 2009 dovrebbe essere considerato d’interesse pubblico in quanto realizzato per un’iniziativa rispondente a tale interesse, a prescindere dalla circostanza che sia posto in essere su strutture di proprietà pubblica o privata.

Con successivo atto del 15 dicembre 2010, il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma Capitale, con riferimento all’istanza per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria presentato, ha comunicato alla P.P. S.r.l. che, ai sensi, del d.P.R. 380/2001 e della normativa vigente, è dovuto il pagamento della somma complessiva di Euro 5.884.000,00, di cui Euro 259.000,00 a titolo di contributo afferente il costo di costruzione ed Euro 5.625.000,00 a titolo di oblazione dell’art. 22 l.r. Lazio n. 15/2008.

Di talché, la ricorrente ha proposto gli ulteriori motivi aggiunti:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 1, lett. aa) dell’OPCM 29 dicembre 2005 n. 3489 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. Eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti, illogicità e contraddittorietà.

Il Comune, con l’atto impugnato, avrebbe riconosciuto la conformità ai parametri urbanistici dell’opera realizzata dalla P.P. ed avrebbe ravvisato tale compatibilità alla luce delle OPCM attributive dei poteri al Commissario delegato, sicché smentendo il precedente orientamento manifestato nella nota impugnata con il ricorso originario, avrebbe confermato la legittimità di dette ordinanze presidenziali nonché dei poteri commissariali in virtù dei quali è stato concesso alla ricorrente di costruire l’impianto.

Il decreto del Commissario delegato sostituirebbe, a tutti gli effetti, il permesso di costruire in sanatoria persino estinguendo, ai sensi dell’art. 45, co. 3, d.P.R. 380/2001 i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti.

Il Comune, contraddittoriamente, avrebbe rilasciato in sanatoria un titolo già esistente.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 L.R. 15/2008. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, co. 1, e 17, co. 3, lett. c), d.P.R. 380/2001 e s.m.i. Eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti, illogicità e contraddittorietà.

La concessione del permesso in sanatoria ed il conseguente pagamento dell’oblazione ex art. 22 l.r. n. 15/2008 presupporrebbero la sussistenza di un abuso edilizio penalmente accertato, circostanza allo stato da escludere nella fattispecie.

La realizzazione dell’impianto della P.P. non necessiterebbe di alcun permesso di costruire in sanatoria, con conseguente insussistenza dell’obbligo di pagamento della relativa oblazione.

Nel caso di specie sussisterebbe entrambi i requisiti di cui all’art. 17, co. 3, lett. c), d.P.R. 380/2001 per l’esenzione dal contributo di costruzione.

Il Comune di Roma ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio chiedendo, con articolate memorie, l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.

Il C.C.A. si è costituito in giudizio chiedendo ogni necessaria pronuncia accertativa in merito alla regolarità e conformità urbanistica dei titoli abilitativi all’edificazione rilasciati dal Commissario delegato ai Mondiali di nuoto Roma 2009.

All’udienza pubblica del 6 luglio 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione

Motivi della decisione

1. Il Comune di Roma – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, con atto dell’11 gennaio 2010, ha comunicato alla Società ricorrente che – poiché l’istanza inoltrata dalla stessa non è riconducibile ad una richiesta di permesso di costruire in sanatoria, o comunque di titolo abilitativo previsto per la peculiare fattispecie – l’eventuale regolarizzazione delle opere eseguite o in corso di esecuzione per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è subordinata alla formalizzazione di una apposita domanda corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnicoamministrativa.

In proposito, l’amministrazione comunale ha richiamato sia il contenuto del decreto di sequestro preventivo in cui il Giudice per le Indagini Preliminari della Procura presso il Tribunale Ordinario di Roma ha ritenuto che gli interventi realizzati in base al provvedimento di autorizzazione rilasciato dal Commissario delegato sono da considerare "privi di titolo" in quanto realizzati in "mancanza del prescritto permesso di costruire", sia la circostanza che il Tribunale del Riesame ha sostanzialmente condiviso le argomentazioni del G.I.P., convalidando il decreto impugnato e precisando, in merito alla presunta "equipollenza dell’atto finale della procedura autorizzatoria, posta in essere dal Commissario Delegato, ad un valido permesso di costruire", che la competenza per il rilascio del predetto permesso resta, anche nel caso particolare in questione, all’Ente preposto alla gestione del territorio.

L’atto impugnato ha altresì evidenziato che l’Avvocatura Comunale ha ritenuto che gli interventi debbano essere considerati come realizzati in assenza del titolo autorizzativo, distinguendo però le singole fattispecie in funzione del diverso regime giuridico della proprietà e dei diversi rapporti pubblico/privato intercorrenti tra le società realizzatrici ed il Comune di Roma.

2. Il Collegio rileva in primo luogo che tale atto, impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, ha carattere provvedimentale in quanto è direttamente ed immediatamente lesivo della sfera giuridica della Società ricorrente.

Infatti, a prescindere dalla sua formulazione, il contenuto è chiaro e, sia pure implicitamente, qualifica come abusivi gli interventi edilizi realizzati dalla P.P. per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009", informando, proprio in ragione dell’attuale assenza di un titolo abilitativo, che l’eventuale regolarizzazione delle opere è subordinata alla presentazione di una domanda di sanatoria.

Diversamente, è inammissibile la domanda di accertamento dell’equipollenza o della validità a tenere luogo del permesso di costruire del provvedimento di raggiunta intesa dell’8 maggio 2008 e del decreto del 30 giugno 2009 emesso dal Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" di approvazione del nuovo Piano delle Opere.

L’azione di accertamento, infatti, postula la natura di diritto soggettivo della posizione giuridica dedotta in giudizio che, nel caso di specie, ha invece natura di interesse legittimo.

D’altra parte, l’interesse sostanziale dedotto in giudizio dalla ricorrente si concreta proprio nell’accertamento della liceità e della legittimità dell’intervento edilizio realizzato per lo svolgimento dei campionati del mondo di nuoto e tale "bene della vita" potrebbe essere conseguito con l’eventuale accoglimento dell’azione di annullamento dell’atto dell’11 gennaio 2010 che ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati.

In definitiva – considerato che, con il provvedimento di raggiunta intesa dell’8 maggio 2008 (integrato in data 11 luglio 2008 e in data 12 giugno 2009), il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009", secondo quanto previsto dall’ ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3489 del 29 dicembre 2005 e ss.mm.ii., acquisiti i necessari pareri di competenza da parte delle amministrazioni che esprimono parere in merito, ha autorizzato i lavori di implementazione dell’impianto sportivo sito in Roma, Via Vajna, 21, da parte della P.P. ed ha richiamato nel contempo l’osservanza delle prescrizioni delle condizioni contenute nelle espressioni di parere citate nei "considerato", quelle specificate nei pareri resi nella Conferenza di Servizi del 28 settembre 2007 dalle amministrazioni partecipanti e quelle pervenute dagli enti non partecipanti alla Conferenza che, sulla scorta degli elaborati progettuali e unitamente al verbale della Conferenza di servizi suddetta, formano parte integrante del decreto – il thema decidendum della controversia è costituito dalla verifica della idoneità o meno del provvedimento di raggiunta intesa dell’8 maggio 2008 a fungere da titolo abilitativo, atteso che l’esito di tale verifica è inevitabilmente destinato a riflettersi sul giudizio di legittimità del provvedimento impugnato che, ritenendo assente un idoneo titolo abilitativo, ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati.

3. L’azione di annullamento del provvedimento comunale dell’11 gennaio 2010 è infondata e va di conseguenza respinta.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 ottobre 2005 ha dichiarato "grande evento" i mondiali di nuoto "Roma 2009" ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001, convertito, con modificazioni, dalla l. 401/2001.

L’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001 prevede che le disposizioni di cui all’art. 5 l. 225/1992, relative allo stato di emergenza ed al potere di ordinanza, si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

Pertanto, nella fattispecie in esame, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, può provvedersi per l’attuazione degli interventi anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, fermo restando che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.

Con ordinanza n. 3489 del 29 dicembre 2005 e successive modificazioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha disposto che il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" provvede, tra l’altro, ad approvare, nel quadro della pianificazione urbanistica decisa dal Comune di Roma informato l’Assessore all’urbanistica del Comune di Roma, il piano delle opere e degli interventi, pubblici e privati, occorrenti, funzionali allo svolgimento del "grande evento", che costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici, oltre che approvazione del vincolo preordinato all’esproprio ed alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità degli interventi previsti. Il Commissario delegato provvede inoltre a definire, nell’ambito del piano delle opere, gli interventi occorrenti per l’adeguata implementazione delle strutture sportive esistenti, di proprietà pubblica o privata, funzionali alla celebrazione del "grande evento", anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e al vigente regolamento edilizio d’intesa con l’assessore all’urbanistica del comune di Roma su conforme parere della Giunta comunale; si prescinde dall’intesa con l’assessore all’urbanistica e dal parere della Giunta comunale di Roma relativamente agli interventi per i quali la deroga alle previgenti previsioni urbanistiche e al previgente regolamento edilizio è contenuta entro i limiti consentiti dall’art. 14, co. 3, d.P.R. 380/2001.

L’art. 5 dell’ordinanza, poi, prevede specificamente che per il compimento delle iniziative previste dall’ordinanza stessa, il commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, è autorizzato a derogare, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, delle direttive comunitarie e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, ad una serie di disposizioni normative, tra cui gli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 del d.P.R. 380/2001.

Il provvedimento di raggiunta intesa adottato dal Commissario delegato in data 8 maggio 2008, ed integrato in data 11 luglio 2008 ed in data 12 giugno 2009, ha considerato che il Comune di Roma si è espresso attraverso la Memoria di Giunta del 12 dicembre 2007 assentendo la realizzabilità dell’impianto con le prescrizioni riportate.

Il Collegio, in primo luogo, rileva su un piano generale che l’art. 5 l. 225/1992, nell’attribuire il potere di ordinanza in deroga alle leggi vigenti, determina un ribaltamento nella gerarchia delle fonti normative presenti nel nostro ordinamento, investendo l’autorità amministrativa del potere di derogare alla norma ordinaria, sia pure nel rispetto dei principi generali.

Ne consegue che l’art. 5 l. 225/1992 deve qualificarsi come norma eccezionale, che necessita di strettissima interpretazione e tale esigenza, se possibile, è ancora più rafforzata nella fattispecie in esame dal fatto che non si versa in una situazione emergenziale, ma si è in presenza di un "grande evento" rientrante nella competenza del Dipartimento della protezione civile, circostanza alla quale le norme di cui all’art. 5 l. 225/1992 si applicano per l’estensione prevista dall’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001.

Il potere di deroga della normativa primaria conferito alla autorità amministrativa, pertanto, è ammissibile subordinatamente non solo al carattere eccezionale e temporaneo della situazione, ma anche all’esigenza che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio.

In sostanza, con riferimento al caso di specie, il Collegio ritiene che l’ordinanza con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ha autorizzato il Commissario delegato, ove indispensabile, a derogare ad una pluralità di disposizioni normative non sia suscettibile di estensione alcuna, anche ove dovesse ritenersi in ipotesi ragionevole la prospettazione per la quale, avendo attribuito il potere di derogare ad una serie di norme, è plausibile ritenere che avrebbe potuto prevedere la deroga anche di altre norme connesse e funzionalmente collegate alle prime.

In altri termini, le norme che il Commissario delegato è stato autorizzato a derogare sono solo e soltanto quelle espressamente indicate nell’OPCM n. 3489/2005, non essendo consentito all’interprete – in ragione del carattere di evidente eccezionalità della norma attributiva del potere di ordinanza, che consente ad una fonte di rango inferiore di derogare ad una fonte normativa superiore – alcuna operazione "estensiva", quantunque quest’ultima sia basata su plausibili argomenti ermeneutici.

Il Collegio, in definitiva, ritiene che quando l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri autorizza il Commissario a derogare a norme di legge, l’interpretazione deve essere esclusivamente letterale, limitata cioè alle norme espressamente ed inequivocabilmente indicate, e non può essere di tipo sistematico, volta cioè ad includere, sebbene in ragione di prospettazioni plausibili, anche norme non specificamente richiamate.

Rilevato ancora in linea di principio che l’esercizio dei poteri derogatori di cui all’art. 5 l. 225/1992 necessita in ogni caso di congrua motivazione, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alle quali si intende derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo ob relationem alle ordinanze presidenziali che hanno previsto la derogabilità di norme di legge, occorre sottolineare che, come detto, l’OPCM n. 3429/2005 ha autorizzato il Commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, a derogare gli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 d.P.R. 380/2001, ma non ha indicato l’art. 13 del Testo unico in materia edilizia, secondo cui il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici.

Ne consegue che al Commissario delegato non è stato attribuito alcun potere di rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dei singoli interventi edilizi in luogo della competente amministrazione comunale.

Tale inconfutabile dato di fatto e di diritto, per tutte le ragioni esposte e legate alla eccezionalità dei poteri di deroga, non può essere superato da alcuna considerazione opposta, sebbene in astratto plausibile.

Parimenti, deve essere disattesa la rilevanza, ai fini della decisione della controversia, dell’argomentazione secondo cui, ai sensi dell’art. 5, co. 5, l. 225/1992, le ordinanze di protezione civile devono contenere l’indicazione delle principali norme, e non di tutte le norme, a cui si intende derogare e ciò in quanto, da un lato, tale previsione non avrebbe comunque reso esente l’Autorità amministrativa dall’onere di indicare espressamente la derogabilità di una norma, quale l’art. 13 d.P.R. 380/2001, così significativa sul piano del riparto delle competenze, dall’altro, l’OPCM n. 3489/2005, mentre non ha indicato tale ultima norma, ha espressamente indicato le altre norme derogabili di cui al d.P.R. 380/2001, che di certo non possono qualificarsi come principali rispetto all’art. 13.

Il descritto percorso argomentativo induce anche a non poter condividere l’assunto secondo cui le opere realizzate non potrebbero essere ritenute abusive fino a quando il titolo autorizzatorio rilasciato dal Commissario delegato non sia annullato dal giudice amministrativo.

Infatti, ai sensi dell’art. 21 septies l. 241/1990, aggiunto dall’art. 14 l. 15/2005, il provvedimento amministrativo viziato da difetto assoluto di attribuzione è nullo e, di conseguenza, deve qualificarsi nullo e non meramente annullabile il titolo abilitativo rilasciato dal Commissario delegato in assenza del relativo potere in data 18 giugno 2008, sicché, correttamente, l’amministrazione comunale, con l’atto impugnato, ha sostanzialmente ritenuto lo stesso tamquam non esset.

In proposito, peraltro, non può condividersi quanto prospettato dall’Avvocatura Generale dello Stato, nella memoria depositata il 3 giugno 2011, circa l’appartenenza del Commissario delegato e del Dirigente Dipartimento Urbanistica del Comune di Roma allo stesso plesso amministrativo, in quanto le due Autorità amministrative – il Commissario delegato ed il Comune di Roma – sono del tutto distinte ed autonome, sicché, nel caso di specie, sussiste un’ipotesi di incompetenza assoluta del Commissario delegato ed un conseguente difetto assoluto di attribuzione.

Né la determinazione dell’amministrazione comunale può ritenersi viziata per avere nel procedimento la stessa assentito, attraverso la memoria di Giunta del 12 dicembre 2007, la realizzabilità dell’impianto con le prescrizioni riportate, atteso che l’atto impugnato non pone in discussione la compatibilità urbanistica dei lavori di ampliamento dell’impianto, ma la competenza al rilascio del titolo abilitativo edilizio e la circostanza che l’amministrazione comunale non sia intervenuta in itinere per adottare atti volti a bloccare l’esecuzione delle opere non impedisce che, sebbene successivamente, possa ritenere gli interventi realizzati in assenza del permesso di costruire.

Con riferimento alle ultime due censure proposte con il ricorso introduttivo del giudizio, è sufficiente rilevare che:

il richiamo della disciplina dettata dall’art. 14 ter l. 241/1990 in materia di conferenza di servizi si rivela non pertinente in quanto, se è vero che l’amministrazione procedente, all’esito dei lavori della conferenza, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, e che la determinazione motivata di conclusione del procedimento sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, deve tuttavia rilevarsi che, nel caso di specie, l’amministrazione procedente non avrebbe potuto essere il Commissario delegato in quanto privo della competenza al rilascio del titolo abilitativo;

l’atto impugnato, quantunque criptico, si presenta sufficientemente motivato in ordine alle ragioni di fatto e di diritto a base della sua adozione.

4. L’azione di annullamento proposta con i primi motivi aggiunti è anch’essa infondata.

Con l’impugnata deliberazione n. 196 del 30 giugno 2010, la Giunta Comunale del Comune di Roma ha ribadito l’interesse pubblico degli impianti sportivi di proprietà comunale indicati nella stessa delibera facendo propri i relativi progetti, i cui lavori sono stati autorizzati dal Commissario delegato ai sensi di quanto disposto dall’art. 7 d.P.R. 380/2001.

L’amministrazione comunale, in particolare, ha fatto presente che gli impianti R.T.S., S., P.C.F., S.C.R. e C.C.A. – in quanto realizzati su aree di proprietà comunale aventi, all’epoca dell’autorizzazione, destinazione urbanistica pubblica, ovverosia soggetta a vincolo espropriativo, annoverabili tra i beni facenti parte del patrimonio indisponibile del Comune, nonché rispondenti ad interessi di carattere generale (non commerciale, né imprenditoriale né industriale) – possono qualificarsi pubblici sotto il duplice profilo soggettivo ed oggettivo e che la natura pubblica delle suddette opere integra imprescindibilmente i presupposti dell’esenzione del contributo di costruzione ex art. 17 d.P.R. 380/2001.

Il Collegio rileva che in modo senz’altro condivisibile il Comune di Roma non ha qualificato come pubblici gli impianti di proprietà privata; qualificazione che avrebbe tra l’altro comportato l’esenzione dal contributo di costruzione.

Infatti, appare del tutto logico richiedere ai fini della qualificazione in termini di pubblicità dell’impianto e di connessi benefici la sussistenza non solo del requisito oggettivo, ma anche del requisito soggettivo dell’area di proprietà comunale.

Ove si accedesse, invece, alla tesi della ricorrente, si perverrebbe alla paradossale e non accettabile conclusione che dovrebbero essere dichiarati pubblici non solo gli impianti sportivi ma tutti gli esercizi aperti al pubblico e destinati a soddisfare esigenze della collettività, sebbene insistano su suoli di proprietà privata e siano destinati alla realizzazione di un utile d’impresa a beneficio di operatori economici privati.

In sostanza, l’estensione, per il solo fatto di essere destinato a soddisfare esigenze della collettività, della qualifica di impianto pubblico – con i connessi benefici in termini, ad esempio, di esenzione dal contributo di costruzione – a qualunque impianto privato che insiste su suolo privato e gestito a fini di lucro da soggetti privati sarebbe incomprensibile su un piano logico prima ancora che giuridico.

Pertanto, si rivela un assunto indimostrato che, ai fini in discorso, ogni intervento compreso nel piano delle opere per i mondiali di nuoto 2009 sarebbe dovuto essere considerato d’interesse pubblico in quanto realizzato per un’iniziativa rispondente a tale interesse, a prescindere dalla circostanza che sia stato posto in essere su strutture di proprietà pubblica o privata.

5. Parimenti infondata è l’azione di annullamento proposta con i secondi motivi aggiunti.

Con l’impugnato provvedimento del 15 dicembre 2010, il Comune di Roma Capitale – in riferimento all’istanza di accertamento di conformità ex art. 22 legge Regione Lazio n. 15/2008, afferente l’impianto realizzato in occasione dei "Mondiali di Nuoto Roma 2009" – ha comunicato alla P.P. S.r.l. che, dall’istruttoria degli uffici competenti, è emerso come l’intervento risulti compatibile con lo strumento urbanistico di riferimento costituito dal Piano delle Opere approvato con decreto del Commissario delegato del 30 giugno 2009.

Ciò, in particolare, sulla base dei poteri attribuiti al Commissario delegato dall’art. 1, co. 2, lett. aa), dell’OPCM 3489 del 29 dicembre 2005, modificato ed integrato con l’OPCM n. 3787 del 30 giugno 2009 per la parte relativa alle facoltà di deroga prevista dall’art. 14 d.P.R. 380/2001, la cui procedura si è perfezionata con la Memoria di Giunta Comunale e la formalizzazione dell’intesa definitivamente espressa dall’amministrazione comunale con nota del 6 luglio 2009.

Pertanto, ha comunicato che, ai sensi del d.P.R. 380/2001 e della normativa vigente, è dovuto il pagamento della somma complessiva di Euro 5.884.000,00, di cui Euro 259.000,00 a titolo di contributo afferente il costo di costruzione ed Euro 5.625.000,00 a titolo di oblazione dell’art. 22 della Legge Regione Lazio n. 15/2008.

La ricorrente, in primo luogo, ha evidenziato la contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione comunale, la quale, con l’atto impugnato, avrebbe riconosciuto la conformità ai parametri urbanistici dell’opera realizzata dalla P.P. ed avrebbe ravvisato tale compatibilità alla luce delle OPCM attributive dei poteri al Commissario delegato, sicché, smentendo il precedente orientamento manifestato nella nota impugnata con il ricorso originario, avrebbe confermato la legittimità di dette ordinanze presidenziali nonché dei poteri commissariali in virtù dei quali è stato concesso alla ricorrente di costruire l’impianto.

L’assunto non può essere condiviso.

A prescindere dalla considerazione che l’adozione dell’atto impugnato con i secondi motivi aggiunti non può evidentemente determinare "ora per allora" l’illegittimità del provvedimento dell’amministrazione comunale dell’11 gennaio 2010 impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, occorre rilevare che la legittimità del provvedimento commissariale sulla cui base è stata accertata la compatibilità dell’intervento realizzato, vale a dire lo strumento urbanistico di riferimento costituito dal Piano delle Opere approvato con decreto del Commissario delegato del 30 giugno 2009, non è mai stata contestata né costituisce oggetto del presente giudizio.

Ne consegue l’infondatezza della tesi secondo cui il Comune avrebbe rilasciato in sanatoria un titolo già esistente.

Con riferimento alle altre censure proposte, il Collegio fa presente che:

la concessione del permesso in sanatoria ed il conseguente pagamento dell’oblazione ex art. 22 l.r. n. 15/2008 non presuppongono la sussistenza di un abuso edilizio penalmente accertato, ma l’accertamento dell’abuso da parte dell’amministrazione comunale competente;

la realizzazione dell’impianto da parte della P.P. non può essere esentato dal pagamento del contributo di costruzione in quanto con la deliberazione n. 196 del 30 giugno 2010, oggetto di impugnativa con i primi motivi aggiunti, il Comune di Roma, con valutazione esente dai vizi di legittimità dedotti, come in precedenza esposto, non ha qualificato come pubblici gli impianti di proprietà privata.

6. All’infondatezza del ricorso introduttivo del giudizio e dei motivi aggiunti segue la complessiva infondatezza del gravame.

7. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 3.000,00 (tremila/00), sono poste a carico della ricorrente ed a favore del Comune di Roma, mentre sono compensate nei confronti degli altri soggetti costituiti in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la Società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 3.000,00 (tremila,00), in favore del Comune di Roma, mentre compensa le spese con riferimento agli altri soggetti costituiti in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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