Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-12-2011, n. 27677 Pensione di anzianità e vecchiaia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.S. è titolare di una posizione assicurativa presso la gestione lavoratori autonomi e presso la gestione lavoratori dipendenti, quest’ultima incrementata per la rivalutazione dei periodi di esposizione all’amianto fino a raggiungere l’ammontare di 2080 contributi settimanali. L’inps ha liquidato al G. la pensione di anzianità applicando il criterio del cumulo dei periodi assicurativi, L. n. 233 del 1990, ex art. 16 con il limite massimo di 2080 settimane, ricomprendendo in detto limite sia la contribuzione accreditata presso il fondo lavoratori dipendenti sia quella accreditata nella gestione speciale.

Il G. ha lamentato l’illegittimità di tale criterio di calcolo ed ha chiesto la condanna dell’Inps alla corresponsione del trattamento pensionistico liquidato sulla base dell’intera contribuzione complessivamente accreditata (pari a 2310 contributi settimanali, di cui 2080 nel fondo lavoratori dipendenti e 230 nella gestione speciale), e non solo su quella del massimale delle 2080 settimane. Il Tribunale di Bergamo ha respinto la domanda con sentenza che è stata riformata dalla Corte d’appello di Brescia, che ha ritenuto che, nell’ipotesi di pensione di anzianità liquidata ai sensi della L. n. 233 del 1990, art. 16 mediante il cumulo delle quote calcolate per ogni gestione, il limite delle 2080 settimane contributive operi nell’ambito di ciascuna delle gestioni presso cui sono stati versati i contributi, ma non rispetto al cumulo delle stesse quote.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’inps affidandosi ad un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso G. S.. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo si denuncia violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13 e L. n. 233 del 1990, art. 16 chiedendo a questa Corte di stabilire se "in ipotesi di pensione liquidata in virtù di contribuzione cd. mista cumulata ai sensi della L. n. 233 del 1990, art. 16 ove la contribuzione accreditata nel fondo pensioni lavoratori dipendenti risulti incrementata a seguito dell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, la pensione stessa debba essere liquidata entro il limite complessivo massimo delle 2080 settimane di contribuzione". 2.- Il ricorso è fondato. Il quesito formulato dall’Istituto ricorrente deve trovare risposta affermativa alla stregua dei principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "ove il lavoratore sia titolare di una posizione assicurativa presso varie gestioni dei lavoratori autonomi, ovvero presso una di queste e la gestione per i lavoratori dipendenti, il limite massimo di quaranta anni di contribuzione (pari a 2080 settimane) utilmente valutabile opera non solo nell’ambito di ciascuna delle gestioni presso cui sono versati i contributi ma anche rispetto al cumulo delle quote calcolate per ogni gestione. Tale conclusione, pur non espressamente affermata dalla L. n. 233 del 1990, art. 16 risponde ad una interpretazione logico-sistematica, atteso che la norma, nel prevedere il cumulo dei periodi assicurativi versati nelle diverse gestioni, riconduce il sistema pensionistico ad una concezione unitaria, caratterizzata da regole uniformi che si traducono in un cumulo contributivo effettivo e non meramente virtuale, con la liquidazione di una pensione unica e non di pensioni diverse collegate funzionalmente; nè, per contro, può assumere valore ostativo la circostanza che, per uno dei trattamenti, la liquidazione sia effettuata con il sistema cd. retributivo, la cui introduzione è avvenuta in contemporanea all’adozione, sia per il fondo lavoratori dipendenti che per i fondi speciali dei lavoratori autonomi, del limite massimo di anni di contribuzione, destinato ad operare, attraverso la tendenziale valorizzazione dei livelli di retribuzione degli anni più favorevoli, proprio quale limite ai benefici pensionistici conseguenti all’applicazione del sistema retributivo" (Cass. n. 1939/2011, Cass. n. 24355/2010, Cass. n. 17237/2010, Cass. n. 11193/2009, Cass. n. 18569/2008).

3.- Da tale principio il Collegio non ha ragione di discostarsi, costituendo lo stesso applicazione della regola più generale per cui nel regime dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nonostante la sua articolazione in diverse gestioni, ogni assicurato può conseguire la liquidazione di una sola pensione, mediante la valorizzazione dei contributi versati nelle varie gestioni, anche se con modalità diverse.

Peraltro, una diversa interpretazione dell’art. 16, qui denunciato, si tradurrebbe in una ingiustificata disparità di trattamento, poichè otterrebbe una più favorevole pensione il lavoratore che possa cumulare ai quarant’anni di contribuzione nel fondo per i lavoratori dipendenti altri periodi di contribuzione presso un fondo dei lavoratori autonomi, rispetto al lavoratore che invece possegga analogamente più di quarant’anni di contributi, ma tutti nel fondo per i lavoratori dipendenti. Inoltre, l’applicabilità del limite di quarant’anni anche nella particolare ipotesi di lavoratori occupati in attività comportanti esposizione all’amianto è stata già, parimenti, affermata da questa Corte (cfr. Cass. n. 17528/2002), dovendo, al riguardo, considerarsi che il beneficio connesso a tale pregressa esposizione assolve solo la funzione di agevolare ed accelerare il conseguimento del naturale obiettivo previdenziale (appunto, la pensione, nell’ambito del limite di quarant’anni).

4.- In conclusione, il ricorso va accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata e la decisione della causa nel merito (art. 384 c.p.c., comma 2) sulla base dei principi di diritto sopra enunciati, con il rigetto della domanda proposta dall’originario ricorrente.

5.- Sussistono giusti motivi, desumibili anche dall’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale, anche di legittimità, all’epoca del giudizio di merito, in una con la complessità delle questioni trattate, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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