T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-08-2011, n. 7035 Trasferimenti d’ufficio e su richiesta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 1°3 giugno 2009, depositato il successivo 16 giugno, la dr.ssa S.T., magistrato distrettuale ex lege 13 febbraio 2001, n. 48, in servizio presso la Corte di Appello di Bari con funzioni giudicanti dal 26 gennaio 2006, ha impugnato la delibera 16 aprile 2009 del plenum del Consiglio Superiore della Magistratura con la quale il dott. F.B., magistrato ordinario che ha conseguito la II valutazione di professionalità, con funzioni di magistrato distrettuale requirente presso la Procura Generale di Bari, è stato trasferito, a sua domanda, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani con funzioni di sostituto, in esito alla procedura concorsuale pubblicata in data 16 gennaio 2009, cui la ricorrente ha infruttuosamente partecipato.

L’impugnazione è stata estesa agli atti connessi, meglio indicati in epigrafe.

In punto di fatto, narra la ricorrente di aver conseguito, in forza dei parametri di valutazione assunti nella procedura di cui trattasi, pubblicati in data 23 febbraio 2009, il punteggio di14,38, ovvero il più alto tra gli aspiranti al posto di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani, laddove al dr. Buquicchio risultavano assegnati 14 punti.

Paventando la possibile applicazione alla fattispecie del divieto di tramutamento di funzioni infradistrettuale, di cui all’art. 13 del d.lgs 5 aprile 2006, n. 2006, espone la ricorrente di aver fatto pervenire alla III Commissione del CSM osservazioni endoprocedimentali, volte a sostenere la non estensibilità in via analogica del divieto ai magistrati distrettuali.

Disattendendo tale interpretazione, la III Commissione proponeva però il trasferimento del dr. dott. Buquicchio nella posizione messa a concorso, ed il plenum del CSM deliberava in tal senso nella seduta di cui all’impugnata deliberazione.

Ritenendo illegittima e lesiva della propria sfera giuridica la deliberazione in parola, nonché ulteriormente rappresentato che le proprie istanze di accesso agli atti della procedura non sono state tempestivamente ed integralmente evase, e rilevato che alla predetta delibera del plenum del 16 aprile 2009 risultano allegati nuovi parametri valutativi, in forza dei quali la ricorrente ha conseguito il punteggio pari a 13, laddove al controinteressato venivano confermati 14 punti, l’interessata ha formulato avverso gli atti impugnati le doglianze di seguito descritte nei titoli e, sinteticamente, nel contenuto.

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006 – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost..

Ricostruita la disciplina normativa inerente la figura del magistrato distrettuale, istituita al fine di fronteggiare situazioni di temporanea assenza di magistrati dal servizio, sostiene la ricorrente che il divieto di tramutamento di funzioni infradistrettuale risponde ad una ratio che non può concernere i magistrati distrettuali, non potendo sussistere nei loro confronti, per la temporaneità e la diversità delle assegnazioni (di ufficio giudiziario e di materia), la contiguità tra organi giudicanti e requirenti che il divieto in parola si propone di scongiurare. A conferma della tesi, la ricorrente espone che, per espressi disposti di legge: le piante organiche dei magistrati distrettuali presso ogni Corte di Appello sono ripartite esclusivamente in base alle funzioni giudicanti o requirenti, senza alcun criterio ratione materiae, il che comporta che i magistrati distrettuali giudicanti sono indifferentemente assegnati in sostituzione di magistrati giudicanti penali, civili, del lavoro nonché presso uffici giudiziari sempre differenti; che il divieto di tramutamento di funzioni infradistrettuale non si applica laddove il magistrato abbia svolto negli ultimi cinque anni esclusivamente funzioni civili o del lavoro. Conclude la ricorrente che interpretazione opposta a quella propugnata lederebbe il principio costituzionale di uguaglianza, che fa divieto di disciplinare in modo identico situazioni opposte. Per l’ipotesi, la ricorrente spiega eccezione di incostituzionalità dell’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006.

2) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 10 e 22 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del regolamento interno del CSM – violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo.

La ricorrente lamenta la mancata evasione delle due istanze di accesso agli atti della procedura per cui è causa, lesiva delle prerogative difensive dell’interessata.

Esaurita l’illustrazione delle doglianze, la ricorrente ha domandato l’annullamento degli atti impugnati.

Si è costituito in resistenza l’intimato plesso amministrativo.

Si è costituito in resistenza anche il controinteressato dr. B., sostenendo l’infondatezza delle doglianze formulate dalla ricorrente e rilevando che la ricorrente non ha impugnato i nuovi parametri valutativi pure menzionati in gravame, che lo vedono prevalere, da cui la spiegata eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

Con impugnativa in via incidentale, il controinteressato denunzia altresì l’erronea applicazione nei suoi confronti dei criteri per l’attribuzione del punteggio, lamentando la mancata attribuzione a se di un ulteriore punto.

Con il primo atto di motivi aggiunti, notificato in data 16 giugno 2009, depositato il successivo 30 giugno, parte ricorrente, rappresentato la perdurante mancata ostensione di tutti gli atti della procedura richiesti nelle proprie istanze di accesso, torna a lamentare la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006 e dell’art. 3 Cost., sviluppando ulteriormente la censura già interposta in ricorso in relazione all’inapplicabilità del divieto di tramutamento di funzioni infradistrettuale ai magistrati distrettuali.

Con lo stesso atto la ricorrente lamenta ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. 241/90, l’eccesso di potere per manifesta illogicità, contraddittorietà, carenza e illogicità della motivazione, perplessità, difetto istruttorio. Ciò in quanto l’errore in cui è incorso in CSM ritenendo applicabile alla fattispecie il ridetto art. 13 involve, secondo la ricorrente, in illogicità, contraddittorietà e carenza dell’iter motivazionale degli atti gravati.

Con ulteriore doglianza (violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 10 e 22 della l. 241/1990 – violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del regolamento interno del CSM – violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo) la ricorrente denunzia nuovamente la mancata ostensione di tutti gli atti della procedura richiesti, ed il conseguente pregiudizio a lei derivatone sia nella fase della partecipazione al procedimento sia nella presente sede giudiziale.

Con memoria depositata in data 4 luglio 2009 la resistente amministrazione eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire nonché la infondatezza della tesi della inapplicabilità del divieto de quo ai magistrati distrettuali.

Con il secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 2 ottobre 2009, depositato il 12 ottobre successivo, parte ricorrente ha esteso l’impugnazione ai provvedimenti, nelle more del giudizio intervenuti, in forza dei quali, in recepimento della gravata delibera 16 aprile 2009 del CSM, il dr. Buquicchio è stato trasferito ed immesso nelle funzioni.

Avverso tali atti la ricorrente reitera le tre censure già precedentemente formulate (violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006 e dell’art. 3 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. 241/90, eccesso di potere per manifesta illogicità, contraddittorietà, carenza e illogicità della motivazione, perplessità, difetto istruttorio; violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 10 e 22 della l. 241/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del regolamento interno del CSM, violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo).

Le parti private hanno affidato a memorie ed a repliche lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

Il ricorso è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza dell’8 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. Si controverte in tema di applicabilità ai magistrati distrettuali, istituiti dall’art. 4 della legge 13 febbraio 2001, n. 49, delle incompatibilità territoriali di cui all’art. 13 del d. lgs. 5 aprile 2006, n. 160, e s.m.i., per i passaggi di funzione da giudicante a requirente e viceversa.

La questione è proposta dalla dr.ssa S.T., magistrato distrettuale in servizio presso la Corte di Appello di Bari, con funzioni giudicanti, dal 26 gennaio 2006, che si è vista preferire, in applicazione della ridetta disposizione, il dott. F.B., magistrato distrettuale requirente presso la Procura Generale di Bari, nella procedura concorsuale per il trasferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani con funzioni di sostituto.

Resistono il Ministero della giustizia, il Consiglio Superiore della Magistratura e il controinteressato dr. B., che ha anche formulato impugnativa incidentale.

2. In via pregiudiziale, in relazione alle richieste istruttorie formulate dalla parte ricorrente, osserva il Collegio che la causa è matura per la decisione, essendo presenti nel fascicolo di giudizio tutti gli atti a tal fine rilevanti.

Al riguardo, rileva, infatti, il Collegio dalla delibera 16 aprile 2009 del plenum del CSM, depositata in estratto, nonché dalla delibera di pari data della III Commissione del CSM, recepita dal plenum, in atti, che la domanda di trasferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, con funzioni di sostituto, avanzata dalla ricorrente in esito alla vacanza pubblicata con telefax n. 844 del 16 gennaio 2009, ha avuto negativa considerazione esclusivamente in ragione dell’incompatibilità territoriale della ricorrente ex art. 13, d. lgs. 160/06, rilevata dal CSM con un iter argomentativo sintetico ma di estrema chiarezza.

Involvendo, pertanto, la disamina della questione proposta esclusivamente la verifica della correttezza o meno dell’applicazione della disposizione alla fattispecie di interesse della ricorrente, ovvero un problema interpretativo di vigenti disposizioni dell’ordinamento giudiziario, il Collegio non ravvisa quale ulteriore atto del procedimento possa contribuire all’apprezzamento della vicenda contenziosa in trattazione.

3. Dalla considerazione che precede consegue anche la reiezione delle eccezioni di inammissibilità del gravame prospettate dalle parti resistenti.

Quanto all’eccezione di carenza di interesse sollevata dal controinteressato, si osserva infatti che, poiché, come sopra rilevato, il mancato trasferimento della ricorrente risulta dipendere dalla rilevata sussistenza di un incompatibilità territoriale, e non dall’attribuzione definitiva alla medesima di un determinato punteggio (inferiore a quello dell’eccepente), è del tutto irrilevante nel presente giudizio che la ricorrente non abbia impugnato i nuovi parametri valutativi, pur essendo stata edotta della loro sopravvenienza.

Per gli stessi motivi appena esposti, non può essere seguita neanche l’eccezione di carenza di interesse spiegata dalla resistente amministrazione, pure basata sull’inferiorità del punteggio conseguito dalla ricorrente rispetto a quello attribuito al controinteressato.

Non pare, comunque, superfluo precisare sul punto che resta del tutto ininfluente nel presente contenzioso la circostanza che la sussistenza di un incompatibilità territoriale sia stata rilevata successivamente ovvero contestualmente all’attribuzione dei punteggi.

4. Le conclusioni raggiunte ai punti che precedono sono propizie per chiarire immediatamente la palese infondatezza delle doglianze con le quali, in più parti del ricorso e dei motivi aggiunti, la ricorrente ha lamentato che la mancata integrale ostensione di tutti gli atti nei quali si è concretizzata la procedura concorsuale per cui è causa, dalla medesima ripetutamente richiesti al CSM, ha leso le prerogative difensive da lei esercitabili prima in sede procedimentale poi nella presente sede giudiziale.

Ed infatti osserva il Collegio:

– quanto alla partecipazione in sede amministrativa, che la ricorrente risulta essere stata posta in grado di far pervenire osservazioni procedimentali anteriormente alla definitiva determinazione del CSM e pertinenti con la rilevanda incompatibilità. Tali osservazioni sono state infatti richiamate – e confutate – nella gravata delibera finale, e la stessa ricorrente riferisce di averle presentate nel corso del procedimento sia in ricorso che nei motivi aggiunti;

– quanto alla difesa in giudizio, la tesi interpretativa fatta propria dalla gravata delibera finale del CSM è stata contrastata sia con il ricorso sia con i motivi aggiunti con puntuali argomentazioni che – in disparte la loro eventuale fondatezza – affrontano il cuore della questione controversa.

Di talchè nessuna lesione di prerogative difensive risulta essersi concretizzata a danno della ricorrente.

5. Escluso, secondo quanto sopra, che le vicende dell’esperito accesso possano concretizzarsi in vizi di legittimità degli atti impugnati ovvero richiedere incombenti istruttori, si passa ad esaminare nel merito i due i filoni argomentativi utilizzati dalla ricorrente avverso l’impianto che sostiene gli atti gravati.

In particolare, con una prima censura sostiene la ricorrente che al magistrato distrettuale, figura istituita al fine di fronteggiare situazioni di temporanea assenza di magistrati dal servizio, non può applicarsi il divieto di tramutamento di funzioni infradistrettuale di cui al ridetto art. 13 del d. lgs 160/06, poiché tale divieto risponde ad una ratio che non può concernere i magistrati distrettuali, non potendo sussistere nei loro confronti, per la temporaneità e la diversità delle assegnazioni (di ufficio giudiziario e di materia), la contiguità tra organi giudicanti e requirenti che il divieto in parola si propone di scongiurare.

Con ulteriore doglianza la ricorrente afferma che l’errore in cui sarebbe incorso in CSM, ritenendo applicabile ai magistrati distrettuali il ridetto art. 13, involve in illogicità, contraddittorietà e carenza dell’iter motivazionale degli atti impugnati.

Atteso che la seconda censura si pone in evidente continuità logica e condizione servente rispetto alla prima, di cui è destinata a seguire la sorte, conviene riservare ai due motivi una unitaria trattazione.

6. Il CSM, nell’esaminare l’istanza presentata dalla ricorrente, magistrato distrettuale in servizio presso la Corte di Appello di Bari, con funzioni giudicanti, dal 26 gennaio 2006, per il trasferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani con funzioni di sostituto, ha rilevato quanto segue:

"…contrariamente a quanto sostenuto dall’interessata, le incompatibilità territoriali di cui all’art. 13 del d. lvo 160/06, in assenza di espressa esclusione… si applicano anche ai magistrati distrettuali giudicanti o requirenti, individuando quale sede di servizio la sede del capoluogo di distretto, a prescindere dalle applicazioni volta per volta disposte presso gli uffici dei differenti circondari; nel caso di specie la contiguità regionale tra la sede di servizio del magistrato, determinata come detto nella sede del capoluogo di distretto, e la sede richiesta non consente di procedere al trasferimento del magistrato senza incorrere in una evidente violazione di legge".

Il rilievo è esente da mende.

6.1. Osserva il Collegio che la determinazione in esame risponde innanzitutto perfettamente alla lettera dell’art. 13 del d. lgs. 160/06, che, nel regolare le incompatibilità territoriali di cui trattasi, non introduce alcuna eccezione in riferimento ai magistrati distrettuali.

Recita, infatti, il comma 2 dell’art. 13: "Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non é consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed é disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima".

6.2. Né può sostenersi che la mancata previsione di una eccezione al divieto di cui all’art. 13 in discorso, quale quella pretesa dalla ricorrente, possa dipendere dal carattere programmatico o tendenziale della disposizione, ovvero da una qualche lacuna normativa, derivante da una successiva modifica dell’ordinamento giudiziario.

Si oppongono, infatti, ad una siffatta tesi:

a) il carattere prescrittivo e tassativo delle regole introdotte, testimoniato dall’apposizione di un divieto a carattere generale ("Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non é consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni");

b) la circostanza che, laddove il legislatore ha inteso prevedere la possibilità di deroghe, vi ha provveduto con una puntuale disposizione.

Recita, infatti, il comma 4 dell’art. 13 in parola: "Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro…".

Recita, altresì, il comma 6 dell’art. 13: "6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa";

c) la circostanza che le due eccezioni previste al comma 4 sono state poi anche puntualmente conformate dal comma stesso, laddove la disposizione prosegue esponendo che "Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento";

d) la puntuale conformazione delle deroghe di cui al punto che precede, che fa escludere con ogni evidenza che, anche pel caso di deroga espressa al divieto, possa residuare nei tramutamenti e trasferimenti di cui si discute una qualche potestà discrezionale in capo all’Organo di autogoverno della magistratura, al quale, pertanto, non può non restare precluso, a maggior ragione, anche il potere di introdurre in via di apprezzamento discrezionale deroghe non previste dalla norma;

e) la circostanza che, all’atto della introduzione della vigente formulazione delle sopra considerate disposizioni dell’art. 13, per effetto dell’art. 2 della l. 30 luglio 2007, n. 111, la figura dei magistrati distrettuali era stata introdotta e disciplinata da un lasso di tempo tale (dalla l. 13 febbraio 2001, n. 48), che rende implausibile che al legislatore del 2007 possa essere sfuggita la necessità o l’opportunità di una eventuale difforme regolazione della materia nei loro confronti.

6.3. La interpretazione propugnata negli atti gravati risponde, poi, perfettamente alla ratio dell’art. 13 del d. lgs. 160/06.

Se, infatti, come ammette la stessa ricorrente, detta disposizione rappresenta una avanzata guarentigia della terzietà del magistrato, in diretta applicazione di canoni costituzionali, ed in ragione della territorialità della funzione, non si apprezzano le ragioni in forza delle quali da tale guarentigia dovrebbero essere tenuti indenni i magistrati distrettuali.

Questi, infatti, seppur destinati a sostituire temporaneamente altri magistrati assenti dal servizio ovvero a supplire a scoperture di organico in via parimenti temporanea, sono collocati nel ruolo organico della magistratura, a seguito di concorso con le procedure ordinarie (art. 8, l. 48/2001) ed appartengono stabilmente ad una determinata pianta organica, puntualmente collegata al territorio, dovendo essa essere presente in ogni Corte di Appello (art. 4, comma 1, l. 48/2001).

Il capoluogo del distretto di Corte di Appello ove il magistrato distrettuale esercita le sue funzioni è espressamente considerato dalla legge la sua sede di servizio, e ciò, si specifica, ad ogni effetto di legge (art. 4, comma 5, l. 48/2001).

Ed esclusivamente in tale ambito territoriale i magistrati distrettuali sono chiamati a svolgere le proprie funzioni sostitutive (art. 4, comma 1, l. 48/2001).

Non è, altresì, privo di conseguenze, ai fini della disamina della presente controversia, che in tale pianta organica, per espressa disposizione di legge, richiamata dalla stessa ricorrente, i magistrati distrettuali destinati alla sostituzione di magistrati cui sono attribuite funzioni giudicanti devono essere tenuti distinti dai magistrati distrettuali destinati alla sostituzione di magistrati cui sono attribuite funzioni requirenti (art. 4, comma 4, l. 48/2001).

Il che testimonia – contrariamente a quanto ritenuto in gravame ed in via decisiva ai fini dell’apprezzamento dell’infondatezza del ricorso – che, pur nella insussistenza di un criterio ratione materiae nella temporanea assegnazione alle concrete funzioni giurisdizionali, alla destinazione del magistrato distrettuale non è estranea la summa divisio tra le funzioni giudicanti e quelle requirenti, che ispira la guarentigia territoriale di cui all’art. 13 del d. lgs. 160/06 nella vigente formulazione.

Il magistrato distrettuale non può, conseguentemente, non restare astretto ad ogni disposizione che, come appunto l’art. 13 in parola, tale divisione implichi.

7. Alla luce di quanto sin qui considerato, la tesi della ricorrente che il divieto di tramutamento di funzioni infradistrettuale di cui all’art. 13 del d. lgs. 160/06 non trovi applicazione nei confronti dei magistrati distrettuali risulta priva di qualsiasi conforto normativo.

Nessuna illogicità, contraddittorietà o carenza motivazionale è rilevabile, pertanto, negli atti impugnati, che hanno rilevato l’applicabilità della disposizione alla fattispecie con argomentazioni chiare e pertinenti.

Alla natura prescrittiva della disposizione considerata consegue anche la impossibilità di seguire la ricorrente nel tentativo di pervenire in questa sede ad un apprezzamento delle specifiche funzioni svolte, al fine di valutare se sussista, in concreto, la contiguità tra funzione giudicante e requirente che l’art. 13 in parola si propone di scongiurare.

Sul punto, ad abundantiam, può aggiungersi che la propugnata rimessione ad una valutazione caso per caso delle condizioni per l’applicazione del divieto di cui trattasi determinerebbe un alea di arbitrarietà che, oltre a non rispondere alle intenzioni del legislatore, e stante la sua difficile praticabilità, non assicurerebbe neanche l’effettività del comando recato dalla norma.

8. Per le stesse ragioni sin qui esposte, e, precisamente, per la rilevata insussistenza di posizioni differenziate tra la posizione dei magistrati ordinari e la posizione dei magistrati distrettuali a cospetto delle prescrizioni recate dall’art. 13 del d. lgs. 160/06, la ricorrente non può essere seguita neanche laddove solleva la questione di legittimità del ridetto art. 13 in raffronto all’art. 3 Cost..

9. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

10. Accede a tale ultima statuizione l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso incidentale proposto dal dott. B., dovendosi escludere che, a seguito della reiezione del ricorso principale, residui in capo allo stesso alcun persistente interesse alla delibazione delle censure dal medesimo svolte in sede incidentale..

11. La novità delle questioni proposte giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe:

– respinge il ricorso principale;

– dichiara improcedibile il ricorso incidentale;

– compensa tra le parti costituite le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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