Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 27-07-2011, n. 29971

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 18.01.2010 la Corte d’Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Messina 22.11.2005, ritenute le già concesse attenuanti generiche prevalenti sulla contestata circostanza aggravante, riduceva ad anni 2 mesi 6 di reclusione la pena inflitta nel giudizio di primo grado a I. R. quale colpevole del reato di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1, per avere costretto C. P., di anni undici, a subire atti sessuali leccandogli il viso, cercando di baciarlo, palpandolo nelle parti intime fino a quando il bambino non riusciva a divincolarsi e a scappare dalla sala giochi in cui era avvenuto il fatto.

La corte territoriale confermava l’affermazione di responsabilità ritenendo credibile la persona offesa il cui racconto d’accusa era coerente, dettagliato e persistente e pure riscontrato da apporti esterni.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sulla determinazione della pena che andava fissata ai sensi dell’art. 609 bis cod. pen., u.c. e poi ridotta per la riconosciuta prevalenza delle già concesse attenuanti generiche sì da consentire la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

La corte territoriale, invece, aveva ridotto la pena di anni cinque di reclusione, inflitta dal tribunale, ad anni due mesi sei di reclusione senza esplicitare il calcolo della diminuzione di pena e, comunque, senza fare operare in concreto la seconda diminuzione di pena per effetto della dichiarata prevalenza delle attenuanti generiche.

Rilevava, poi, il ricorrente che l’affermazione di responsabilità era basata sulle dichiarazioni incerte e contraddittorie del minore su punti decisivi, quali l’ora in cui sarebbe avvenuto il fatto; il gioco a nascondino; il rapporto di conoscenza con l’imputato; la disposizione delle sedie del locale, e che non era stata assunta la prova decisiva costituta dall’esame del padre del minore S. che aveva accompagnato P. in Questura.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Fondato è il motivo sulla determinazione della pena.

La diminuente della minore gravita di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cassazione Sezione 3^ n. 3833/2010 RV. 249404; n. 34902/2007) non è soggetta al giudizio di comparazione di cui all’art. 69 cod. pen..

La stessa comporta una pena variabile da cinque anni meno un giorno a un anno e otto mesi di reclusione.

Nella specie la corte territoriale ha riconosciuto la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., n. 1 e, in concreto, ha inflitto all’imputato due anni e sei mesi di reclusione, senza indicare, però, l’incidenza del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.

La pena, invece, doveva essere fissata ai sensi dell’art. 609 bis cod. pen., u.c. e poi ridotta per la riconosciuta prevalenza delle già concesse attenuanti generiche.

Pertanto, richiamato, quanto all’affermazione di responsabilità, il principio della formazione progressiva del giudicato, la sentenza impugnata deve essere annullata esclusivamente riguardo alla determinazione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria che si atterrà all’enunciato principio.

Il ricorso, nel resto, è infondato.

Va osservato, anzitutto, che in tema di reati sessuali, poichè la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l’attendibilità del teste; tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria (cfr. Cassazione Sezione 3 41282/2006, Agnelli, RV. 235578).

Nel caso in esame, nel giudizio d’appello è stato ritenuto che gli elementi probatori acquisiti avessero spessore tale da giustificare l’affermazione di responsabilità dell’imputato e sono state richiamate le argomentazioni logiche dei giudici del primo giudizio, riferite alla globalità delle prove obiettive raccolte, non inficiate dalle censure difensive segnalate nell’atto d’appello.

Con argomentazioni incensurabili l’attendibilità della persona offesa è stata positivamente vagliata tenendo conto della coerenza e linearità delle sue dichiarazioni; dei riferimenti oggettivi e soggettivi; dei riscontri costituiti dalle dichiarazioni dei suoi compagni.

Il ricorso, invece, articola soltanto censure in fatto che distorcono la sostanza del provvedimento impugnato che possiede, in quanto correlato a quello di primo grado, un valido apparato argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate acquisizioni processuali.

A fronte di tale obiettiva ricostruzione dei fatti il ricorrente non ha proposto, quindi, seri elementi di contrapposizione, ma ha accampato giudizi d’inverosimiglianza e generiche censure inammissibili in sede di legittimità.

Alla presenza di tale imponente compendio probatorio mancava di decisività il richiesto incombente istruttorio teso a ottenere l’esame della persona che aveva soltanto condotto la parte lesa dalla Polizia.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio, per nuovo esame sul punto, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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