T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-08-2011, n. 7028

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il ricorrente, attualmente magistrato di VII valutazione di professionalità, in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Sostituto Procuratore Generale, ha partecipato alla procedura di assegnazione di un posto di Avvocato Generale presso la Corte di Cassazione, resosi vacante a decorrere dal 26.10.2009.

In esisto a votazione con ballottaggio, in data 9.6.2010, il C.S.M. nominava altro concorrente, il dr. R.C..

Avverso siffatte determinazioni deduce:

1) Violazione di legge (in relazione a normativa primaria e secondaria disciplinante i criteri per il conferimento di funzioni direttive) ed eccesso di potere (per difetto di istruttoria e illogicità della motivazione).

Parte ricorrente, nel richiamare alcuni passaggi motivazionali della delibera impugnata, evidenzia, in primo luogo, che il CSM ha confuso i commi 10 e 11 dell’art. 12 del d.lgs. n. 160/2006, quali modificati dalla l. n.111 del 2007, ed ha sostanzialmente operato una fusione di due commi disciplinanti ipotesi diverse.

In particolare, non andava richiamato il comma 10 dell’art. 12, bensì il successivo comma 11, che disciplinata i criteri per la copertura dei posti di avvocato generale.

Ai sensi della disposizione appena richiamata, non viene indicata la possibilità di valutare titoli acquisiti fuori del servizio in magistratura. Inoltre, alla stregua della medesima disposizione, devono essere specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione.

Secondo il dr. D., il controinteressato non può vantare un profilo completo di svolgimento delle funzioni requirenti, non avendo mai svolto funzioni di PM in grado di appello, né funzioni direttive.

Poco rilevanti, sarebbero infatti le esperienze di direzione e organizzazione maturate in ambito non giudiziario – quali, in particolare, la qualità di componente del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria e la direzione di commissione referenti (in particolare, di quella competente per la formazione dei giudici tributari) – ovvero quella connessa alla titolarità di una Pretura mandamentale, svolta dal dr. Cenniccola oltre quaranta anni fa.

Illegittimo sarebbe poi il richiamo al più risalente svolgimento di funzioni di legittimità, essendo sufficiente, ai fini della legittimazione, il possesso di quattro anni di funzioni di cassazione.

Errato sarebbe, comunque, il richiamo al periodo svolto dal controinteressato in qualità di magistrato di tribunale applicato alla Corte di Cassazione, in quanto tale applicazione comporta l’esercizio di funzioni di merito.

Lo stesso è a dirsi per il periodo che va dal 1994 al 1998, in cui il dr. C. è stato applicato alla Procura Generale in qualità di Magistrato d’Appello.

Al contrario, nei confronti del ricorrente, si è omesso di valorizzare l’incarico direttivo svolto, dal 1990 al 1996, quale Procuratore della Repubblica di Sulmona, come pure si è omesso di considerare l’incarico di Ispettore Generale Capo, di Vice Capo dell’Ispettorato Generale, e quindi, di Capo dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia.

Il ricorrente ritiene, pertanto, di essere stato investito ininterrottamente delle funzioni di Cassazione già dall’aprile 1996, e, quindi,da epoca risalente rispetto a quella in cui le stesse funzioni sono state assunte dal dr. C. (1998).

2) Violazione di legge (previsione del "merito" nella circolare n. 13000) ed Eccesso di potere (per difetto di istruttoria e illogicità della motivazione).

Parte ricorrente reputa non conforme alle vigenti disposizioni, primarie e secondarie, la valorizzazione, nel profilo del dr. C., dell’incarico accademico svolto presso l’Università degli Studi di Napoli, a scapito di una più puntuale comparazione avente riguardo, principalmente, all’attività giurisdizionale, svolta con riferimento ai fattori rilevanti sotto il profilo del merito, come elencati dalla circolare n. 13000/2009.

Così, ad esempio, nella proposta formulata a favore del dr. D., poi risultata soccombente, è stata valorizzata l’esperienza maturata nel settore disciplinare, il coordinamento da alcuni gruppi di lavoro, la capacità di far fronte alle esigenze dell’Ufficio e il notevole livello produttivo.

3) Violazione di legge ed eccesso di potere con riferimento alle modalità di comparazione dei concorrenti, alla compiutezza di istruttoria e logicità di motivazione.

Una volta accertato che il dr. D. poteva vantare il positivo svolgimento di funzioni direttive e semidirettive per complessivi 9 anni, la stessa disciplina di riferimento avrebbe preteso, nell’ambito del procedimento valutativo e comparativo, che il giudizio di prevalenza attribuito al candidato che non aveva mai svolto funzioni direttive o semidirettive dovesse necessariamente agganciarsi al positivo riscontro di diversi e superiori profili attitudinali e di meritevolezza, tali da giustificarne la prevalenza.

Si sono costituiti, per resistere, le amministrazioni intimate e il dr. R.C..

Le parti hanno presentato ampie ed articolate memorie.

Il ricorso, è stato trattenuto in decisione, alla pubblica udienza dell’8 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. La difesa erariale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto lo stesso svolgerebbe censure che, sostanzialmente, impingerebbero nel merito delle scelte riservato all’Organo di Autogoverno della Magistratura ordinaria.

L’eccezione non può essere condivisa.

Se è vero, infatti, che la scelta dell’Organo di autogoverno costituisce una valutazione di opportunità alla quale il giudice amministrativo non può sovrapporre una propria autonoma valutazione, è altrettanto vero che l’azione amministrativa discrezionale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, oltre che per violazione di legge, anche per illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti nonché per carenza di motivazione o di istruttoria.

In altri termini, il sindacato giurisdizionale sulle delibere con cui il CSM conferisce ai magistrati uffici direttivi può estendersi nell’ambito dell’esame dei presupposti di fatto e della congruità e ragionevolezza della motivazione a base della decisione nonché dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni (ex multis: Cons. Stato, IV, 5 dicembre 2006, n. 7112; TAR Lazio, 31 gennaio 2009, n. 911; id., 13 marzo 2008, n. 2313 e 12 giugno 2006, n. 4464).

Di talché, le censure volte ad evidenziare la presenza di figure sintomatiche dell’eccesso di potere nell’azione amministrativa sono senz’altro ammissibili.

2. Ciò premesso, il ricorso si appalesa fondato nel merito.

2.1. L’Assemblea plenaria del C.S.M., nella seduta del 9.6.2010, ha approvato, a maggioranza, la proposta "A" della competente Commissione, relativa al conferimento dell’Ufficio direttivo requirente di legittimità di Avvocato Generale presso la corte di Cassazione, con il contestuale conferimento delle funzioni direttive requirenti di legittimità al dr. Raffale C..

2.1.1. Al fine di meglio apprezzare le censure dedotte, giova sintetizzare l’attuale quadro normativo, primario e secondario, relativo al conferimento dell’Ufficio di cui si verte, rappresentato, da un lato, dalle disposizioni recate dal d.lgs. n. 160/2006, nel testo sostituito dalla l. n. 111/07, dall’altro, dalla circolare n. 13000 del 1999, così come modificata e integrata dalla risoluzione dell’Organo di autogoverno in data 21.11.2007.

L’art. 10 (commi 10 – 16) del d.lgs. n. 160/2006 reca la nuova classificazione degli uffici direttivi (in particolare, per quanto qui interessa "14. Le funzioni direttive giudicanti di legittimità sono quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione; le funzioni direttive requirenti di legittimità sono quelle di avvocato generale presso la Corte di cassazione.").

L’art. 12, dal comma 3 al comma 9, disciplina i requisiti per il conferimento delle funzioni direttive, mentre dal comma 10 al comma 12 (unitamente alle valutazioni di cui all’articolo commi 3 e 5) sono precisati i criteri attitudinali specifici per il conferimento delle funzioni medesime.

In particolare, "10. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 7, 8, 9, 10 e 11, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l’attitudine direttiva.

11. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 14, 15 e 16, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni; devono essere, inoltre, valutate specificamente le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati anche prima dell’accesso alla magistratura nonché ogni altro elemento che possa evidenziare la specifica attitudine direttiva.

12. Ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11, l’attitudine direttiva é riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; é riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare."

La risoluzione in data 21.11.2007, oltre a modificare la pregressa circolare del 1999, per adattarla alle modifiche (già evidenziate), riguardanti il parametro dell’anzianità, precisa che il parametro delle "Attitudini: mantiene una integrale rilevanza. Le indicazioni ivi riportate sono semplicemente oggetto di integrazione alla luce di quanto previsto dagli artt.11 e 12 del D.Lgs.160/2006 (v. paragrafo 4, lettere d) ed e))."

Relativamente al "Merito: valgono le medesime considerazioni, con l’ulteriore precisazione che, nella materia, in attuazione del disposto di cui all’art. 10 della legge citata, è già stata adottata dal Consiglio una circolare regolatrice sulla generalità dei profili da esaminare."

La cit. circolare n. 13000 del 1999 (ancora vigente, secondo quanto appena evidenziato) precisa che "per attitudini si intende l’idoneità dell’aspirante ad esercitare degnamente – per requisiti di indipendenza, prestigio e capacità – le funzioni direttive da conferire";

La capacità è valutata in riferimento:

"a – al profilo professionale complessivo del candidato desunto dalla provata idoneità di dare adeguata risposta alla domanda di giustizia per operosità, per cultura, preparazione tecnicogiuridica ed equilibrio;

b – alle doti organizzative desumibili dall’esercizio di funzioni dirigenziali anche in relazione alle concrete iniziative adottate per rendere più efficiente il lavoro dei magistrati e del personale addetto all’ufficio, nonché dalla validità dei metodi operativi e di gestione degli affari e dei servizi di cui il candidato abbia dato prova nell’esercizio di funzioni non dirigenziali;

c – alla conoscenza approfondita dell’ordinamento giudiziario, delle circolari del C.S.M. specialmente di quelle in materia tabellare e di organizzazione degli uffici giudiziari, nonché delle norme che regolano lo status del personale giudiziario;

d – al positivo esercizio di funzioni giudiziarie diverse;

e – al positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni:

– di identica o analoga natura di quelle dell’ufficio da ricoprire;

– di livello pari o superiore".

Quanto alla comparazione fra candidati, la Circolare precisa che essa è "effettuata al fine di preporre all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

Inoltre "Le ragioni della scelta devono risultare in ogni caso da un’espressa motivazione, riferita specificamente anche ai requisiti di indipendenza e prestigio, nonché all’assenza di elementi negativi rispetto all’ufficio da ricoprire" (paragrafo 2, ultimo cpv.).

Secondo l’ormai consolidata elaborazione giurisprudenziale, la motivazione delle delibere del Consiglio deve essere tale da consentire di seguire la valutazione comparativa dei candidati rispetto ai vari elementi isolati in sede di emanazione delle norme di autodisciplina ed è necessario che le valutazioni compiute siano non soltanto immuni da travisamento dei fatti, ma anche compatibili logicamente con la conclusione finale (cfr. Cons. St., Sez. IV, 9 maggio 1994, n. 404).

In ordine alle modalità di comparazione dei candidati, né le fonti primarie né i criteri definiti dal Consiglio superiore prescrivono che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei parametri prestabiliti, ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopraindicati (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 1872 del 13 dicembre 1999).

Gli atti di conferimento degli incarichi non abbisognano, quindi, di una motivazione particolarmente estesa, essendo all’uopo sufficiente che risulti, anche in maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l’organo deliberante abbia proceduto all’apprezzamento complessivo dei candidati e si sia convinto che uno di essi sia da preferire ad altri (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 20 dicembre 2005, n. 7216).

2.2. Nella fattispecie, nelle premesse della delibera impugnata, ai fini del conferimento dell’Ufficio di cui si verte, viene spiegato che "le peculiari caratteristiche organizzative e di funzionamento della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, accentuate da recenti modifiche ordinamentali, e la specificità delle funzioni direttive in esame, hanno indotto la Commissione a dare adeguato rilievo, a parità degli altri requisiti, attitudinali e di merito, all’elemento attitudinale preferenziale indicato dalla Circolare n. 13000/19999 (sub A, lett. e), costituito dal positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, delle funzioni di legittimità, tempo determinato dall’art. 11, comma 11, della l.n. 111/2007, in quattro anni.

Occorre infatti osservare che la peculiarità del ruolo direttivo di legittimità resta ancorata alla tipicità delle funzioni svolte che assegnano una primaria rilevanza alle problematiche legate alla tutela del principio di nomofilachia e alle competenze previste dal d.lgs. n. 109/2005 in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati. La valutazione, in altri termini, presuppone ed esige una professionalità specifica, la cui acquisizione appare richiedere, in via principale, lo svolgimento, per un congruo periodo di tempo, proprio delle funzioni di legittimità (…).Con ciò peraltro non si intende sminuire la dovuta valorizzazione della pluralità di esperienze giudiziarie degli aspiranti, in particolare di livello direttivo, presso le Corti di merito, elemento che, pur nella varietà delle attività svolte, può, nella comparazione, essere ulteriormente apprezzato positivamente e consentire una ancora e più attenta puntuale valutazione".

Il C.S.M. richiama inoltre la necessità di tenere conto della risoluzione del 10 aprile 2008 con la quale sono stati individuati "gli indicatori di cui all’art. 11, comma 3, punto d) della l. 111/07 ai fini della valutazione dell’attitudine direttiva.".

Ciò posto, nella proposta "A" della V^ Commissione, poi approvata dal Plenum, viene rilevato che "il dr. C. vanta specifiche attitudini all’esercizio delle funzioni direttive di legittimità, desumibili, anzitutto, dalla lunga permanenza dell’esercizio delle funzioni di legittimità presso la Procura Generale, ufficio presso il quale presta servizio dal 1994, prima come magistrato d’appello applicato e quindi, a partire dal 1998, come sostituto procuratore generale.".

Vengono quindi ricordate l’apprezzata attività svolta presso l’Ufficio del Massimario, la collaborazione con la cattedra di diritto internazionale dell’Università di Napoli, l’attività svolta presso l’Ufficio studi del C.S.M., la partecipazione, in qualità di relatore, ad alcuni importanti processi penali, gli incarichi in commissioni di studio.

Con riferimento all’attività svolta presso la Procura Generale della Cassazione viene evidenziata la circostanza che il dott. C. è attualmente addetto al servizio di udienza civile "particolarmente gravoso e complesso, perché espletato presso le Sezioni Unite, le Sezioni I, II e III e Tributaria". Egli provvede inoltre "all’istruttoria dei procedimenti disciplinari, nonché alla redazione de pareri nella complessa e controversa materia dei regolamenti e conflitti di giurisdizione". Nel rapporto del Procuratore Generale del 26 gennaio 2009, se ne sottolineano l’elevata preparazione tecnico – professionale, la costanza dell’impegno, l’equilibrio, la puntualità e tempestività. Ne viene poi ricordata l’intensa attività di studio e di produzione in campo dottrinario.

Sotto il profilo attitudinale "il parere del Consiglio Direttivo e il rapporto del Procuratore Generale evidenziano le positive esperienze di direzione e organizzazione svolte dal dr. C. come titolare della Pretura mandamentale di Castel di Sangro, e quelle maturate in ambito non giudiziario, e, in specie, la partecipazione al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e la direzione delle commissione referenti, in particolare di quella competente per la formazione dei giudici tributari".

Nella proposta si osserva ancora che la partecipazione a numerose commissioni di studio, unitamente all’attività svolta presso l’Ufficio studi del C.S.M. assicurano "l’ottima conoscenza della disciplina di ordinamento giudiziario". In sostanza "il dr. Cennicola può (…)vantare un profilo professionale che, se da un lato risponde a quelle esigenze di specializzazione nelle funzioni di legittimità, richiesto dalla normativa primaria e secondaria per il conferimento dell’ufficio in esame, dall’altro si caratterizza per la completezza delle esperienze svolte nella giurisdizione di merito e per lo specifico rilievo che, anche sotto il profilo attitudinale, assumono l’esperienza svolta presso l’Ufficio del Massimario e presso l’Ufficio studi del CSM". Al riguardo viene sottolineato che "il dr. C. ha espletato proprio quelle attività che maggiormente connotano la professionalità del magistrato in relazione all’ufficio attribuendo, costituendo funzioni tipiche riservate all’Avvocato generale" quali l’espletamento delle istruttorie nell’ambito dei procedimenti disciplinari, nonché la partecipazione alle udienze innanzi alle Sezioni Unite.

Ai fini della valutazione comparativa, viene poi sottolineato che gli altri aspiranti, che pure possono vantare una esperienza prolungata nelle funzioni requirenti di legittimità, non appaiono "provvisti di requisiti tali da giustificare, in relazione alle esigenze del posto da coprire, il superamento della graduatoria di anzianità". In particolare, per quanto qui interessa, l’odierno ricorrente è stato ritenuto soccombente "in ragione della più articolata e rilevante esperienza maturata dal dr. C. nelle funzioni requirenti di legittimità, tenuto conto anche della pregressa esperienza svolta presso l’Ufficio del Massimario come magistrato di tribunale applicato e quella di magistrato d’appello applicato alla Procura generale della Cassazione, che assicura una visione più completa della giurisdizione di legittimità, e di quella svolta presso il Consiglio Superiore della Magistratura, che garantisce una più approfondita conoscenza della disciplina dell’ordinamento giudiziario. In particolare, per quanto attiene al dr. D., anch’esso destinatario di proposta alternativa, occorre osservare che pur avendo maturato nell’ambito della legittimità, al pari del dr. C., anche l’esperienza nel settore disciplinare, per ciò che attiene alle attitudini ha avuto una carriera che presenta una minore caratterizzazione nelle funzioni di legittimità, in specie quelle requirenti di legittimità, giacché solo a far tempo dall’ottobre 2001 è alla Procura Generale". Di converso, il dr. C., "dal 1994 è alla Procura Generale di cui ha appreso tutti i servizi, in special modo quelli tipici assegnati all’Avvocato Generale, con la partecipazione alle udienze pubbliche dinanzi alle Sezioni Unite e l’istruzione dei procedimenti disciplinari, attività tutte in cui sono risultate confermate le qualità professionali del magistrato. Di maggiore spessore risulta anche il profilo di merito del dr.C., manifestato anche dallo studio accademico che ha coltivato con la collaborazione alla cattedra di diritto internazionale dell’Università di Napoli e alle redazioni di importanti riviste giuridiche, oltre all’attività svolta, a richiesta del Consiglio Superiore della Magistratura per al formazioni degli uditori giudiziari in tirocinio nelle materie penalistiche".

2.3. Ciò posto, osserva il Collegio che il principale fattore di preminenza ravvisato dal Consiglio nel profilo professionale del dr. C. riguarda la maggiore esperienza maturata nei servizi della Procura generale afferenti l’incarico di Avvocato Generale, nonché il maggiore "spessore" del profilo di merito del controinteressato.

Rispetto al conferimento della tipologia di incarico di cui si controverte, l’art. 12 del d.lgs. n. 106/2006, al comma 11, considera però, in via del tutto prevalente, l’apprezzamento delle pregresse "esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati anche prima dell’accesso alla magistratura nonché ogni altro elemento che possa evidenziare la specifica attitudine direttiva".

La norma, come rilevato dal ricorrente, fa dunque specifico riferimento agli elementi dai quali possa desumersi l’attitudine direttiva, ma non già ad esperienze di carattere extragiudiziario rilevanti a tal fine, ad esse facendosi espresso richiamo solo con riguardo al conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di primo grado di cui al precedente comma 10.

La differente formulazione dei due commi, si spiega agevolmente con la circostanza che il magistrato che aspira al conferimento di un ufficio direttivo di merito, di secondo grado, ha avuto più agevolmente modo di maturare una pregressa specifica attività organizzativa in ambito giudiziario "che coinvolge l’intero distretto" (così il cit. par. 5.3., lett. c) della risoluzione in data 21.11.2007).

Stesso discorso, peraltro, può essere fatto per coloro che aspirano ad un ufficio direttivo di legittimità e che, giunti al vertice del "cursus honorum" hanno pur essi ragionevolmente disimpegnato incarichi di natura strettamente giurisdizionale tali da rivelarne il grado di attitudine direttivo – organizzativa.

Ammesso poi che, l’attitudine direttiva possa, anche per questo tipo di Ufficio, essere desunta da incarichi extragiudiziari, questi ultimi, a parere del Collegio, non possono assumere rilievo esclusivo, o, comunque, essere considerati maggiormente qualificanti rispetto ad una specifica esperienza organizzativa di tipo giudiziario

Di tanto, peraltro, è possibile rinvenire un chiaro riscontro, non solo nella più volte cit. risoluzione assunta dal C.S.M. all’indomani delle modifiche introdotte dalla l. n. 111/2007, ma anche nel principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui "la valutazione del requisito della capacità attitudinale deve essere effettuata non già in astratto, ma il concreto, attraverso un giudizio il più possibile aderente alla specificità dell’incarico da conferire" (così Cons. St., sez. IV^, sentenza 7 novembre 2002, n. 6112).

Tale esigenza pervade l’intera disciplina della selezione del personale di magistratura da preporre agli Uffici direttivi, in quanto mirante ad individuare "il candidato più idoneo (…) avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

Nella fattispecie in esame, nonostante la relazione si sia ampiamente diffusa sulla maggiore esperienza maturata dal dr. C. nell’ambito della Procura Generale (evidentemente sull’assunto di una perfetta parità quanto alle attitudini e al merito dei candidati proposti), non risulta però esservi stato alcuno specifico preliminare apprezzamento degli indicatori dell’attitudine direttiva, gli unici considerati dalla norma primaria, ed ulteriormente sviluppati dal C.S.M. con la risoluzione di carattere generale del 10 aprile 2008. Tale valutazione è stata, invero, del tutto pretermessa, essendosi chiaramente operata la scelta all’interno di una vera e propria graduatoria di anzianità. E’ noto, però, che la valenza di tale elemento quale criterio di valutazione, è stata notevolmente ridimensionata dall’art. 12 del D.Lgs. 160/2006 (come modificato dalla legge n.111/2007) nell’ambito del quale la stessa è configurata, essenzialmente, quale requisito di legittimazione.

E se il valore dell’anzianità è stato in qualche modo recuperato dal C.S.M. quale forma di "validazione dei parametri del merito e delle attitudini dei quali attesta la costanza e la persistenza e perciò lo specifico valore", ulteriormente affermandosi che "una maggiore esperienza professionale, purché strettamente collegata a positive valutazioni sul piano delle attitudini e del merito, segnala che il magistrato ha maturato una capacità professionale ed un profilo attitudinale peculiari che gli consentono di affrontare con maggiore sollecitudine e in termini più adeguati le problematiche relative alla conduzione e gestione di un ufficio direttivo", la stessa riveste pur sempre rilievo del tutto residuale.

Sotto tale profilo, nel caso di specie, è perciò irrilevante stabilire, da un lato, se sia stata correttamente valutata l’anzianità maturata dal dr. C. quale magistrato "applicato" alla Corte di Cassazione ovvero, dall’altro, se sia stata correttamente approfondita la natura dell’attività svolta dal dr. D. in seno all’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia (in particolare, se la stessa sia assimilabile alle funzioni giurisdizionali di merito o, invece, di legittimità), trattandosi, come detto, di un apprezzamento succedaneo rispetto al vincolo posto dalla normativa primaria.

Ciò premesso, in relazione alle attività espressamente considerate dal C.S.M. al fine di giustificare la prevalenza del dr. C., sotto il profilo dell’attitudine direttivo – organizzativa, non è dato poi comprendere come la stessa possa essere desunta dall’applicazione all’Ufficio del Massimario, ovvero all’Ufficio Studi del C.S.M., trattandosi di un’attività di tipo scientifico, la quale, da un lato, presuppone una "specifica attitudine per le funzioni di legittimità" ovvero una "spiccata inclinazione allo studio e alla ricerca" (cfr. la circolare n. 15098 del 1993, nella parte di interesse), dall’altro, pur comportando effettivamente l’acquisizione di una profonda conoscenza ordinamentale, non sembra di per sé sola idonea a giustificare un giudizio di prevalenza nei confronti di un candidato che vanta una specifica esperienza di carattere direttivo – organizzativo.

Non appaiono, altresì, particolarmente pregnanti, ovvero determinanti, gli incarichi svolti dal controinteressato presso il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, in relazione ai quali non viene comunque evidenziato quali aspetti degli stessi rivelino una specifica idoneità a dirigere un Ufficio giudiziario.

Più in generale, non appare ragionevole porre a raffronto funzioni direttive e semidirettive in senso proprio, quali quelle svolte dal ricorrente, con funzioni di carattere extragiudiziario, senza che venga chiarito in concreto come dalle seconde possano trarsi elementi suscettibili di fondare un giudizio di prevalenza in termini di capacità direttiva di un ufficio giudiziario (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, I, 21 novembre 2007, n. 11539).

Nel caso di specie, non risulta pertanto adeguatamente valutato il profilo del dr. D., avuto riguardo, in particolare, alla completezza del profilo requirente, alle esperienze di carattere direttivo svolte, alla (comunque non disconosciuta dallo stesso C.S.M.) approfondita conoscenza della Procura Generale, nonché, infine, alla natura e rilevanza delle funzioni svolte presso l’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia.

Relativamente a queste ultime, va precisato che non possono condividersi i rilievi del controinteressato circa la loro natura politico – fiduciaria, e, pertanto, circa la valenza meramente residuale delle stesse ai fini del conferimento della titolarità di un Ufficio giudiziario (così come spiegato dal Consiglio di Stato nella decisione n. 3267 /2010, di conferma della sentenza di questa Sezione n. 9097/2009).

L’esame della l. n. 1311 del 1962, dell’art. 8 della l. n. 195 del 1958, nonché delle disposizioni attuative, evidenzia infatti che dette funzioni costituiscono attività di "istituto", in quanto espletabili solo da magistrati ordinari a supporto dell’attività amministrativa di organizzazione e di funzionamento dei servizi relativi alla giustizia di pertinenza del Ministro della Giustizia, ovvero svolte in ausilio dello stesso C.S.M..

2.4. Analogo deficit motivazionale si riscontra altresì, a parere del Collegio, relativamente al profilo del merito.

Mentre, infatti, la circolare n. 13000/99, sul punto ancora pienamente vigente, richiede che i candidati vengano comparati sulla base dell’ "impegno valutato in riferimento alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto", della "concreta capacità organizzativa di cui il candidato abbia dato prova nell’esercizio di funzioni dirigenziali", "della puntualità e la diligenza dimostrate nello svolgimento delle funzioni e nell’osservanza dei propri doveri", "della disponibilità a far fronte alle esigenze dell’ufficio", nel caso di specie, si fa solo un fugace cenno allo studio accademico in cui si è distinto il C., e non già, invece, al complesso degli elementi appena evidenziati.

3. La fondatezza delle censure esaminate determina, assorbite le ulteriori doglianze, la fondatezza del ricorso, e, per l’effetto, l’annullamento della delibera impugnata.

Sembra equo, però, considerata la complessità, nonché parziale novità della fattispecie, disporre la integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate. (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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