Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-12-2011, n. 27665 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Messina, esaminando la domanda di equa riparazione proposta da C.R., C.F., da Cr.

L. e da J.R. con riguardo alla irragionevole durata di un processo per omicidio colposo iniziato in sede penale nel 1983 e definito nel giudizio civile di danno con sentenza della cassazione civile del 2007, con decreto 6.3.2008 ha riconosciuto la complessiva durata irragionevole, per sommatoria delle durate irragionevoli dei vari segmenti, di anni 11 ed ha liquidato a ciascuno dei ricorrenti, per danno n.p. relativo, la somma di Euro 15.000 comprensiva di accessori sino al decreto ed oltre interessi successivi. Per la cassazione di tale sentenza i sigg.ri C., J. e Cr. hanno proposto ricorso il 7.4.2009 – con quattro motivi – cui ha opposto difese l’Amministrazione della Giustizia con controricorso 18.5.2009. Il Ministero ha anche depositato memoria finale e documentazione.

Motivi della decisione

Si osserva preliminarmente che l’Avvocatura dello Stato ha depositato in cancelleria, illustrandone in memoria il contenuto e su di essa fondando eccezione di tardività del ricorso, copia del decreto 6.3.2008 notificato, ad istanza degli odierni ricorrenti, all’Avvocatura Distrettuale in data 29.3.2008: di qui il rilievo di tardività del ricorso per cassazione del 7.4.2009. L’assenza del rituale comunicazione ai ricorrenti ex art. 372 c.p.c. di detta produzione la rende irricevibile e non consente di valutare sulla sua base la tempestività del ricorso (Cass. 7515 del 2011 e 25070 del 2010). Il ricorso è affatto infondato e va respinto, con le conseguenze relative al regime delle spese. La Corte di Messina ha esaminato la durata del processo penale, che vide la costituzione di parte civile degli odierni ricorrenti, e del successivo giudizio civile di danno, rammentando che tanto per il primo quanto per il secondo processo si erano avuti tre gradi di giudizio e che la durata complessiva era collocata tra l’ottobre 1983 e il febbraio 2007: ha quindi fissato l’eccedenza in anni 11, determinando l’indennizzo per ciascuna delle parti in Euro 15.000. Con il primo motivo si lamenta che il decreto sia stato depositato con ritardo di sei mesi rispetto al termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 6: la censura è inammissibile per difetto di quesito.

Con il secondo motivo, assommante varie censure e concluso da elencazione di quesiti, si lamenta:

A) che il decreto della Corte di Messina abbia liquidato gli interessi dalla data del decreto stesso e non da quella della domanda. Vi è quesito ma sfugge alla censura il fatto che il decreto della Corte di Appello abbia determinato la somma di Euro 15.000 come inclusiva degli accessori (interessi) maturati sino alla liquidazione (come attestato dalla liquidazione di somma superiore agli Euro 11.000 spettante per l’applicazione dell’ordinario parametro annuo di Euro 1.000). La censura è astratta e priva di pertinenza alla reale ratio.

B) -C) che il decreto non abbia prestato ossequio alla giurisprudenza della CEDU sulla valutazione della durata irragionevole e sulla determinazione dell’indennizzo. Le censure sono inammissibili per assoluta carenza di pertinenza dei quesiti alla fattispecie, detti quesiti essendo equivalenti a mere conclusioni di diritto (quesiti A e C) estranee al thema decidendi (vd. S.U. 14611 del 2011).

D) che il computo dell’indennizzo si sia attestato sulla sola durata irragionevole e non sull’intero processo. Vi è quesito ma la censura non è fondata alla luce della ferma giurisprudenza di questa Corte (da Cass. 3616 del 2008) che ha anche escluso profili di incostituzionalità di detto indirizzo (Cass. 478 del 2011).

Con il terzo motivo si lamenta la assenza di motivazione sulla determinazione dell’indennizzo. Il motivo è generico ed il quesito inammissibile (esso è infatti mera richiesta di pronunzia).

Con il quarto motivo si lamenta come violazione dell’art. 91 c.p.c.. la compensazione delle spese per la metà. Non vi è quesito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a corrispondere all’Amministrazione le spese che determina in Euro 2.500 oltre a spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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